Mai articolo può essere più azzeccato di questo, proprio in virtù della terribile strage accaduta a Parigi il 7 gennaio di quest’anno.
Mai libro potevo apprezzare più di questo. In questo momento.
Pereira è un brav’uomo. Di quelli che non se ne trovano in giro. Tendente alla pinguedine, è un tipo solitario e riflessivo. Vive nel passato.
La moglie morta è l’unica a tenergli ancora compagnia poichè il nostro amico non vuole davvero saperne di integrarsi nella realtà.
Alla fine appaiono nella sua vita un falso cronista e un medico filosofo che riescono, con estrema difficoltà e assoluta spontaneità, a tirarlo fuori da una malinconia stagnante e putrida.
“Nel nostro essere esistono diverse anime, personalità, se vogliamo. Queste vengono fuori una alla volta e alla fine una sola di esse ne viene a capo, fin quando a prevalere non sia qualche altra”.
La personalità di Pereira appare goffa e stantia. Incapace di vivere ancora. Si confonde in un tempo ricolmo di idee imposte e personaggi corrotti.
Nessuna libertà di pensiero. Solo possibilità di ascolto.
E a forza di sentire e guardare, qualcosa dentro si muove e comincia a far male, gridando.
L’anima più forte e sicura allora viene fuori e prende il comando.
L’urlo di Pereira si sentirà lontano, quando lui sarà gia’ via per il mondo a godere di una vittoria tardiva, ma fruttuosa.
La libertà è facile da decantare, ma così difficile da vivere.
La paura inonda il cuore e ci rende schiavi.
Ammirevoli sono coloro che da sempre e ogni giorno la mettono in atto. La libertà.
Con i fatti, parole, matite. Con i pensieri.
Charlie è Pereira.
E come lui rimarrà per sempre.
Luna
Magazine Cultura
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