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Il 25 novembre si è celebrata la "giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" e per l'occasione non si è fatto attendere il sondaggio ISTAT secondo cui sarebbero settecentomila (!) le donne italiane che hanno subito violenza dai loro fidanzati, mariti o conviventi. Il numero non è sicuramente irrilevante, ma lontano dalla realtà certamente. Sono molte, molte di più. In esso non sono ovviamente comprese quelle che non hanno mai trovato il coraggio di denunciare le violenze subite, dentro o fuori le mura domestiche e non l'hanno fatto per paura o per proteggere i figli.
Amnesty International chiede che a stupratori e violentatori vengano inflitte pene esemplari e questo sarebbe auspicabile. Non dimentichiamo però che avremmo anche bisogno della certezza della pena, cioè del fatto che una volta condannato, il reo sconti effettivamente tutto il tempo inflittogli. Purtroppo in Italia questo non avviene.
Un altro aspetto però, mi colpisce della vicenda ed è il trattamento in sede processuale della donna che già ha subito violenza. Arrivare al processo è un iter lungo: trovare il coraggio di denunciare, essere visitata da un ginecologo che accerti l'avvenuta violenza, procurarsi un avvocato difensore e resistere ai tentativi di patteggiamento da parte di chi la violenza l'ha compiuta.
Giungere in un'aula di tribunale sembra una vittoria, ma è qui che comincia la seconda parte della tortura.
La parte lesa, la donna, verrà sottoposta al fuoco di fila delle domande degli avvocati che nulla le risparmieranno del tipo com'era vestita? indossava gonna corta, lunga o pantaloni? maglietta scollata o no? scarpe con tacco o senza? perchè si trovava lì?
Una vera e propria indecenza! Come se una donna non potesse uscire di casa a qualsiasi ora o abbigliata come le pare senza aver diritto ad essere comunque rispettata!
A questo proposito, mi viene in mente un film emblematico del genere, magistralmente interpretato da Jodie Foster nel 1988 , diretta da Kaplan il cui titolo era appunto "Sotto accusa" (The accused).
Sara, la protagonista passava da accusatrice ad accusata, sottoposta, dopo la violenza fisica subita tra l'indifferenza, ad una nuova violenza psicologica fortissima in tribunale.
Ne esce "vincente" da un punto di vista processuale ma si sentirà per sempre additata come provocatrice.
Se questa è giustizia.....