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Sotto il tappeto del potere

Creato il 07 novembre 2011 da Albertocapece

Sotto il tappeto del potereAnna Lombroso per il Simplicissimus

Da qualche giorno tale Bei di Repubblica rinverdisce i fasti del primo Minzolini, del vecchio Panorama, insomma della cronaca sotto il tappeto, prima delle più comode intercettazioni: “Alle otto di sera, nel salotto di palazzo Grazioli, la bandiera bianca viene alzata dall’ultimo uomo da cui il Cavaliere si aspetterebbe il colpo: Gianni Letta. “Silvio, i numeri sono questi, forse è arrivato il momento di farsene una ragione”. Berlusconi è stanco, fissa i suoi interlocutori. Ha davanti a sé Denis Verdini, Letta, Angelino Alfano e Paolo Bonaiuti. Li guarda senza davvero capire quello che gli stanno dicendo. È finita. Ha passato la notte precedente a trattare con Obama e Sarkozy, ora gli stanno dicendo che la fine della sua stagione politica è stata decisa da Stracquadanio e Bertolini”.

Oddio, più comode per modo di dire, certe ricostruzioni ed indiscrezioni non hanno bisogno della presenza acquattati sotto il tavolo, basta una normale quota di immaginazione e fantasia, di quelle integrate e addomesticate che possiedono e tengono in esercizio informatori inclusi. Che capiscono e parlano la lingua di Gianni, di Angelino, di Nichi, di “‘a Fra’ che te serve”, del felicemente resuscitato Cirino, l’esperanto degli arcana imperii insomma, l’idioma di chi si avvolge nel segreto e appalesa solo ciò che artatamente vuol rendere visibile.
Si sono spietata con la mia categoria. Nessuno escluso. Anzi con un particolare risentimento per i pretesi o presunti profeti che nello spirito del tempo si fanno ripetitori di altri imprenditori in carriera, di altre olgettine non sempre più fresche, di altri marpioni sempre più spudorati, anche grazie a loro.

La considero largamente corresponsabile del disarmo morale e civile del paese. Per carità ce ne sono di eccezioni esemplari, spesso appartate e punite per il riserbo con un cono d’ombra mediatico, ma la maggior parte ha subito il ricatto o la fascinazione della “politocrazia” e ha esercitato la stessa prepotenza su di noi, con la sopraffazione del pensiero comune, zittendo l’opinione pubblica e sostituendosi ad essa, persuadendosi di essere loro, non più testimoni o interpreti di convinzioni collettive, ma le credenze stesse, di modo che le notizie sono la realtà e l’opinione è la verità.

Le firme, divi e meno divi, ci ripetono di essere indipendenti. Ma invece sono immersi nel racconto totale. Gli Omnibus, le Agorà, le Piazze, i Mentana folgorati a scoppio ritardati, gli incantati dai tecnocrati non meno colpevoli dai sedotti dai pasticciocrati, oggi sorpresi da fenomeni largamente prevedibili e spesso previsti altrove: fermenti sociali, esondazioni, spread e default, insomma un bout de la nuit nel quale non ci troviamo per caso.

Ostaggi lusingati delle stanze segrete si sono dimessi dal controcanto, contribuendo all’estinzione del pensiero critico impegnati a descrivere ammirati l’irresistibile ascesa e l’odierna irriducibilità, come se l’assenza di un progetto alternativo al modello che in questi anni ci hanno consegnato fosse una giustificazione per non contribuire a un diverso spirito del tempo, a una “cultura” democratica altra.

La società dello spettacolo con la sua orrenda rappresentazione li ha circuiti e posseduti: il loro racconto ha contribuito a indebolire ogni antidoto intellettuale, ha collaborato alla spogliazione morale,emettendo in scena una trasgressività conformista, rendendo routine l’eccesso, assecondando la presenza intrusiva nelle esistenze e l’assenza irresponsabile nel pubblico.
Oggi partecipano e ci disvelano ancora una volta quello che il potere invisibile vuole mostrarci per esibizione, in un rito al tempo stesso macabro e ridicolo. Perché l’esteriorità esibita dai potenti non è mai la pubblicità dei loro atti, ma l’utile e spudorata ostensione e non incrina la segretezza anzi la rafforza contribuendo a alimentare l’idea che si è tutti uguali, che le aspirazione e le difficoltà ci uniscono. Leggendoli c’è temere che, come il comico, qualcuno dica: povero Silvio. Poveri noi, verrebbe da dire, ma non ce lo meritiamo: piove governo ladro, sono tutti uguali, destra sinistra non esistono più, tutti rubano, tengo famiglia, da noi sono più appropriate di liberté, égalité, fraternité.


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