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Sotto la vernice della realtà

Creato il 14 gennaio 2011 da Ilgrandemarziano
Sotto la vernice della realtàNon sono mai stato un tipo da racconti. Non so perché. Eppure tranne isolate, particolari ed effimere stagioni come innamoramenti estivi, come quando persi la testa per i racconti di Dino Buzzati, di Isaac Asimov e di Philip K. Dick, come in una specie di equivalente letterario di un'educazione sentimentale attraverso cui dovevo per forza passare, nella mia passione di lettore la narrativa breve non ha mai trovato granché spazio. Ripeto, non so bene perché, anche se ho la consolazione di sapere di non essere il solo. Può essere una sorta di (errato) convincimento in base al quale nella lunghezza è più facile trovare soddisfazione intellettuale (su questo basta leggersi molti racconti di David Foster Wallace per venire smentiti, spudoratamente). Oppure può essere l'esigenza di avere a disposizione il tempo letterario per sviluppare un coinvolgimento maggiore nei confronti dei personaggi. Oppure - e qui chiudo, giuro - può essere la trasposizione cartacea di una voglia di conquista, come optare per il sudore di un'arrampicata di terzo grado (e relativa polenta in baita), piuttosto che a una Coca-Cola liscia con quattro noccioline in croce alla fine di una breve passeggiata davanti al mare. Fatto sta che, come me, molti non sono tipi da racconti. Però, quando vale la pena, bisogna anche avere il coraggio di contravvenire alle proprie inclinazioni.
Sotto la vernice della realtàSono convinto inoltre che oggigiorno un lettore consapevole debba averne anche un altro, di coraggio: quello di osare. Uscire dalle predeterminate rotte commerciali o pseudotali, quelle dei grandi gruppi editoriali che hanno il monopolio della distribuzione e l'egemonia della prima fila (ma anche quelli della seconda e della terza ecc.) dei banchi delle librerie, e che in questo modo impongono titoli, mode, gusti e autori. Non che non ci sia niente di buono da leggere, anche lì in mezzo, ma meno di quanto si creda o facciano credere le copertine sgargianti e i nomi altisonanti (l'ultimo - scadente - Stephen King ne è un ottimo esempio). Il resto, e qui mi riferisco soprattutto agli autori italiani, bisogna saperselo andare a cercare. Con dedizione. Magari usando Internet, i blog, i forum, anobii, persino Facebook, come mappe in cui orientarsi. Con pazienza, come cercatori di tesori antichi. Fidandosi di qualche sito o rivista, spendendo il tempo a vagliare i propri informatori, recensioni e recensori, come investigatori spiantati ma appassionati. E con (appunto) un po' coraggio. Perché per quelle due o tre volte che può andare storta e si becca la sòla, una volta va bene. E quella volta si viene ripagati con qualcosa di prezioso, qualcosa di nuovo, di originale e di (finalmente) fuori dalle consuetudini e dai cliché. Qualcosa che sorprende per vitalità letteraria, per energia dello stile, per effervescenza delle idee, qualcosa che è capace di tenerti il cervello in movimento e spiazzarti a ogni pagina con una specie di continuo gioco di prestidigitazione del pensiero, sempre sospeso tra comicità e tragedia, in una realtà che si fa surrealtà, per dire che forse la verità sta nel viceversa, e sfregando con uno straccio imbevuto di solvente sull'apparenza delle cose, rivelare che sotto - guarda un po' - sono i piccioni ad avere il privilegio di conoscere i segreti del mondo.
(Almeno) tutto questo è Acquaragia, pregevole raccolta di racconti di Stefano Domenichini edita da Perdisa Pop. A proposito di quello che si diceva, tenete d'occhio entrambi, ci sanno fare.
Tre gocce:
"Poi vide un triangolo scaleno che si guardava allo specchio sentendosi brutto e solo. Il Tato aveva la bocca secca. Qualcuno gli diede da bere, o comunque sentì qualcosa di umido che gli accarezzava la lingua. Riapparve il triangolo scaleno. Era abbracciato a un esagono e si sentiva felice." (da La febbre del pellegrino)
"Se i tappeti volassero si potrebbe correre sempre all'ombra. Ho gli addominali contratti, la schiena protesa, flessa. La testa appoggiata al ginocchio, piegato contro la spalla. Gli occhi fissi sulla punta del piede, sollevata fino a estenuare il tendine. Mi sto tagliando le unghie. Dei piedi. Sul tappeto. Se i tappeti volassero le spiagge avrebbero due piani." (da Acquaragia)
"Sparare a Walter Matthau sotto un colonnato di Parigi. Ecco una cosa che non ho mai fatto. Come del resto invitare una donna a cena dicendo: «Dimmi cosa vuoi mangiare che mi metterò qualcosa in tinta». Quasi sempre accettavano, si vede che qualcosa di interessante la inventavo. Mia moglie è morta da quindici anni. Hanno smesso di vendere la saponetta Camay." (da Trilogia di Natale)

Acquaragia
, di Stefano Domenichini, Perdisa Pop (Corsari).
[Credit: la foto dei piccioni è di Alex Healing]

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