Alcune di quelle ancora in attività si trovano a Mumbay, sulla collina residenziale di Malabar Hill, ma non è detto che chi abita a poche centinaia di metri da lì ne sia felice. Sto parlando delle torri del silenzio, utilizzate tuttora – ma sempre più raramente – dai parsi. E proprio da queste costruzioni dal fascino perturbante inizieremo oggi un lungo viaggio fra le tradizioni funerarie del mondo. Le torri del silenzio, o meglio le dakhma, vanno ricondotte a una religione antichissima, conosciuta anche col nome di “zoroastrismo”, se come riferimento si prende il nome di colui che l’ha fondata, il profeta Zarathustra o Zoroastro, o di “mazdeismo”, nome che deriva invece da Ahura Mazdā, l’unico dio, il creatore del mondo sensibile e sovrasensibile. Anche in uso, per identificare i fedeli di questa religione monoteista affascinante e complessa è il termine di “magi”. L’origine non è difficile intuirla: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, i tre sacerdoti che fecero visita a Gesù portandogli doni preziosi erano infatti sacerdoti zoroastriani.
Parlare dei parsi su queste pagine ha senso, da un lato perché si tratta di una religione sempre più votata all’estinzione – secondo le stime attuali sarebbero meno di 200.000 e alla loro sopravvivenza non giovano politiche ortodosse, refrattarie ad accettare le conversioni e i figli di matrimoni misti. Ma soprattutto ha senso se si prendono brevemente in esame i loro riti funebri. Ne ho ancora qualche vago ricordo dall’università, quando frequentai il corso di Storia delle religioni e nel corso monografico mi ritrovai a passare in esame diverse pratiche di inumazione, cremazione, salamoia e via dicendo.
Questi ricordi vaghi mi riportano a un cane con quattro occhi, cioè un cane che abbia due macchioline scure sulla fronte al di sopra degli occhi, che secondo il testo sacro dell’Avesta avrebbe la funzione di sorvegliare il morto e la sua anima. Mi ricordo poi che si usa urina di vacca per purificare le lastre di pietra su cui il corpo è stato riposto e spruzzata sulla strada per cui passano i portatori, che conducono la salma alla sua ultima dimora. Il ricorso a questo particolare elemento, cui è attribuito un grande potere purificatore è dovuto al fatto che il cadavere, proprio come avviene in altre religioni monoteiste, è ritenuto fra le cose più impure.
Oltre alle torri ancora in funzione, ne esistono altre inattive da tempo. Si tratta di costruzioni abbastanza uniformi, la cui struttura non ha subìto significative modifiche nel corso del tempo. Sono strutture cilindriche, alte una decina di metri e con la copertura piatta. In alto, il bordo perimetrale è lievemente rialzato, e il tetto è suddiviso in anelli concentrici: su quello esterno si depongono gli uomini, sul mediano le donne, su quello centrale i bambini. Al centro del tetto c’è un’apertura, dove finiscono le ossa una volta che gli avvoltoi, il sole e gli agenti atmosferici non avranno completato la loro funzione. Questa è la fine dei resti mortali.
Fondamentale, per la stesura di questo articolo è stato il mio vecchio testo universitario: Giovanni Filoramo (a cura di), Storia delle religioni, vol. 1, 1994. Altrettanto fondamentale, per recuperare dettagli sui cani a quattro occhi e sull’urina di vacca, il sito www.avesta.org