Vi faccio ciao ciao con la manina a voi là sotto, a me lavorare in un seminterrato mi metterebbe in soggezione e lo so perché è un’esperienza da cui sono già passato. Da tre sedi ai piani medio-alti ci avevano concentrato tutti al meno uno perché è quello il mondo dei loft, una volta si chiamavano scantinati ma è bastata una mano di resina sul pavimento e qualche iMac per farne un posto che ti viene voglia di organizzarci pure le feste. E tutte le luci per farne un ambiente accogliente perché la luce naturale non entra mai, dalle finestre sulla strada – se hai il coraggio di lasciare su le tapparelle – vedi cani al guinzaglio e calzature di tutte le fogge che sono utilissime perché ti accorgi dei cambiamenti di stagione. Per non parlare del periodo delle piogge che sembra che ti entri l’acqua dentro e magari poi qualche infiltrazione c’è. Ma la vera anima del seminterrato è sotterranea, qui è il vero underground, perché quando ti capita di fare tardi perché hai una scadenza il giorno dopo, magari vai in bagno che ormai è sera e quando accendi la luce ecco il fuggi fuggi generale delle creature della notte che vivono lì da prima di te e si danno appuntamento tra loro bacherozzi di ogni genia sotto la colonna del lavandino. E pensare che nella ristrutturazione è stato previsto anche l’allestimento della doccia tanto che qualcuno va a correre al parco a fianco e poi ne approfitta per non tornare alla sua postazione sudato marcio, ma dopo che assisti al party di insetti qualche remora ti viene. E il mio ciao ciao mentre passo e, abbassando lo sguardo, vi vedo perché c’è un vasistas aperto (spero non abbiate l’aria condizionata guasta) è solo di solidarietà perché da quella volta lì, dopo il concentramento nello scantinato, non c’era stato più scampo e in un paio d’anni eravamo tutti in mezzo a un strada, probabilmente terminare così è una sorta di riconquista della dignità, dal seminterrato al piano zero si sale almeno di mezzo livello.
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