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Dopo due piacevolissimi giorni trascorsi a Queenstown, siamo arrivati al giro di boa del nostro itinerario neozelandese nell'Isola del Sud. Abbiamo visitato la spettacolare costa occidentale di cui ci rimane un'ultima chicca, il fiordo di Milford, dopo di che risaliremo verso NE per la costa orientale, a detta dei locali molto meno sensazionale.
Ci troviamo nella punta meridionale dell'isola, oltre la quale vi è l'insidioso stretto di Foveaux che la divide da Stewart Island, la terza per grandezza, ma abitata da poche centinaia di persone. Il clima è cambiato drasticamente viaggiando verso sud, cioè avvicinandoci all'Antartide. Mentre tutta l'Isola del Nord gode di un mite clima subtropicale, nell'Isola del Sud si avverte una sensibile discesa della colonnina del mercurio più ci si avvicina al Polo.
Viaggiando verso Te Anau il tempo è in peggioramento: correnti di aria fredda e piovosa rendono il paesaggio molto simile a quello dell'Europa del Nord, la Scozia in particolare. Sebbene sia estate, è impensabile non indossare qualcosa di caldo e impermeabile. Tempo da escursionisti tosti. Arrivati al Top Ten Holiday Park, dove pernotteremo, prenotiamo subito la traversata di Milford Sound per la mattina seguente, poi ci avviamo per una camminata lungo la riva del lago Te Anau. Una brezza tesa e gelida increspa la superficie nera dell'acqua. E' possibile fare a piedi il giro del lago, per quanto vasto, ma non riusciamo a spingerci oltre la chiusa. Pochissimi altri turisti, compreso uno in bicicletta, sfidano le intemperie e il vento impietoso. Noi torniamo intirizziti e ceniamo presto.
L'indomani ci alziamo alle 5:30 per la traversata. Occorrono infatti per arrivare alla partenza due ore e mezza di macchina in mezzo a un bellissimo paesaggio deserto, ricco solo di vegetazione e canti di uccelli. Il battello che ci porterà in mezzo al fiordo di Milford Sound si chiama Milford Sovereign, ed è nuovo e carino. I passeggeri sono una manciata, e a tutti spetta una abbondante prima colazione.
Non ci sono parole per descrivere la maestosità di Milford Sound. Molti lo paragonano ai fiordi norvegesi; la scenografia sembra uscire da una saga nordica; le montagne a picco, tra cui la più spettacolare è Mitre Peak, emergono come coni verdi dalla superficie plumbea e si innalzano fino a 1500 metri, regalando la certezza di essere abitate da giganteschi troll e altri mostri. Milford Sound ha due cascate permanenti e un numero imprecisato di cascate temporanee dopo forti piogge. Il battello, ben protetto da una robustissima lastra di cristallo, passa direttamente sotto una di queste e ci regala un'emozione indicibile: lo scroscio dell'acqua è assordante e minaccioso.
Neanche qui mancano le colonie di foche ursine, e riusciamo a fotografarle stese su una roccia.
Il Milford Sound entra per 15 km nella terraferma dal Mar di Tasmania, alla bocca del fiordo.
Il traghetto ci porta circa fino al centro del fiordo, dove si allarga notevolmente, poi ritorna all'attracco. La magnificenza del paesaggio attira migliaia di visitatori al giorno e fa di Milford Sound la destinazione turistica principale della Nuova Zelanda. Noi c'eravamo.
Tornando verso Te Anau, ammiriamo la catena degli aspri Monti Franklin e sostiamo davanti a meraviglie geologiche, come un ponte naturale sopra una cascata. Un simpatico kea (Nestor notabilis), una specie di pappagallo alpino, richiama la nostra attenzione. Di ritorno a Te Anau, facciamo una breve sosta pranzo e affrontiamo il lungo viaggio che ci condurrà sulla costa orientale.
I 500 chilometri percorsi sono il tragitto più lungo del nostro itinerario. Passando da ovest a est, il terreno da aspro e selvaggio diventa via via dolce e ondulato e il clima da minaccioso diventa mite e gradevole. Ci fermiamo a Waikaouiti, sulla costa, un centro di allevamento di cavalli da trotto. Passiamo la notte in un motel sperduto, e la mattina facciamo una lunga passeggiata sulla spiaggia, incrociando qua e là cavalli montati e trottatori in allenamento. La brezza soffia a livello del terreno, sollevando la sabbia e creando fantasiosi effetti moiré.
Finalmente il tempo è in miglioramento. Ci mettiamo in marcia verso Akaroa, nella penisola di Banks, dove abbiamo prenotato una stanza all'albergo L'Hotel. sostiamo per pranzo a Oamaru, città della scrittrice Janet Frame (1924-2004), autrice di Un angelo alla mia tavola. La cittadina ha un aspetto elegante e retrò, con begli edifici in arenaria chiara, ed è un punto di osservazione dei pinguini. Gli unici che vediamo, però, sono quelli del cartello stradale: "Rallentare: attraversamento pinguini".
La penisola di Banks è davvero spettacolare, come si vede dalla strada che la costeggia dall'alto delle falesie.
L'Hotel di Akaroa, antica colonia francese prima dell'arrivo britannico, dice di offrire sistemazioni di lusso. Meglio lasciar perdere. Speriamo che recentemente sia stato ristrutturato dalle fondamenta. La località è molto pittoresca e amata dagli artisti. Ci sono numerose barche in rada e seconde case piuttosto pretenziose. Sfortunatamente, la penisola di Banks si trova in una zona fortemente sismica, come hanno testimoniato i rovinosi terremoti del 2010 e 2011, che hanno semidistrutto Christchurch, immediatamente a nord di Banks, producendo 185 fatalità. La città non l'abbiamo visitata, ma sappiamo che la ricostruzione è iniziata rapidamente e in maniera efficace.
Penultima tappa: Kaikoura, la capitale dei cetacei. Si trova nell'angolo NE dell'isola, in una penisola nel Pacifico. Già centro di caccia alle balene, è diventata una delle mete favorite dell'ecoturismo, con numerose compagnie che offrono gite di whale watching.
Siamo qui per questo. Ci imbarchiamo e usciamo al largo fino a che in lontananza appare la silhouette di un capodoglio sotto il pelo dell'acqua. La barca ferma i motori e la gente a bordo si prepara con le macchine fotografiche a immortalare il tuffo della balena. Dopo un bel po' di tempo, pigramente si immerge in profondità, sollevando appena un po' la coda fuori dall'acqua. Vabbè, poteva far di meglio.
Il vero divertimento arriva dopo, durante il rientro, quando una numerosa squadra di acrobatici delfini lagenorinchi scuri ci intrattiene con esibizioni di salti fuori dall'acqua, tuffi, piroette e ci circonda emettendo suoni giocosi. Ci seguono per un po', e poi avvistiamo altri delfini, della specie cefalorinco di Hector, più piccoli e meno gregari dei primi, ma endemici della Nuova Zelanda soltanto. Sono una specie rara a rischio.
La mattina del giorno seguente ci dirigiamo a Picton, dove facciamo una paio di foto al porto, prima di arrivare al traguardo di Blenheim, da dove eravamo partiti. Facciamo un ultimo pranzo in una cantina-ristorante, dove degustiamo gli ottimi vini neozelandesi e poi all'aeroporto.
Fine dell'avventura sottosopra. Purtroppo saremo presto di nuovo SOPRA-SOTTO. Ma i ricordi ce li porteremo sempre con noi.
POROPOROAKI AOTEAROA!
DaniBlue, 27.01.14
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