Il Pacifico, da Tonga alla Hawaii, da Kiribati alla Isole Marchesi, non era un luogo tranquillo. Il mito del buon selvaggio ha stemperato la realtà storica, mostrandoci docili panzoni pronti a danzare con una ghirlanda di fiori al collo…beh…basta dare un’occhiata alla storia di questi popoli per comprendere che la guerra non ha patria né colore. Al partire dal X secolo Tonga era riuscita ad ottenere una certa egemonia sulle isole vicine, Samoa compresa, tanto che alcuni storici hanno parlato a più riprese di Impero di Tonga.
Mappa delle isole del Pacifico
L’impero iniziò a dissolversi già nel XV secolo, dopo ettolitri di sangue versati dai guerrieri di Samoa, Tonga e delle Fiji. Anche l’Isola di Kiribati subì diverse invasioni da parte delle suddette popolazioni. Non c’era bronzo, non c’era ferro, né, tantomeno, polvere da sparo. Nel Pacifico la guerra era una cosa sporca, lurida, faccia a faccia, con armi di una violenza inaudita. Sarebbe interessante parlare di tutto l’armamentario di un guerriero locale (magari in futuro queste monografie verranno inglobate in articoli più ampi), ma per ora mi limiterò alla Spada Denti di Squalo.
Rarissima foro di un guerriero kiribati in equipaggiamento completo. Oltre alla spada (davvero enorme), possedeva un pugnale e un'armatura in fibra di albero di cocco. L'elmo era costituito da un cuore in fibra di cocco e da...ehm...un pesce palla
Abbiamo visto come gli Aztechi, non conoscendo la metallurgia, si fossero ingegnati con legno ed ossidiana. I buoni popoli sudamericani avevano però centinaia di miniere di ferro, quindi non sono scusati come le popolazioni che svilupparono un’altra “spada senza metallo”.
A differenza degli Aztechi, le tribù del Pacifico non potevano contare neanche sulla tagliente ossidiana, eppure avevano a che fare con qualcosa di davvero affilato tutti i giorni: i denti di squalo. Vedere quei rasoi naturali, capaci di fare a pezzi un uomo in pochi secondi, portò inevitabilmente all’idea di poterli utilizzare nelle guerre sulla terraferma, quelle fra uomini. Probabilmente si iniziò con pugnali, mazze e lance, che mantennero la prevalenza negli scontri fino all’introduzione delle armi da fuoco, per arrivare infine all’arma d’elite, la Spada Denti di Squalo.
Spada Denti di Squalo ricurva da Kiribati, 1800 ca
La costruzione di una simile arma era teoricamente piuttosto semplice, ma in realtà serviva una grande abilità perchè i denti rimanessero dritti per costituire i due tagli, e parimenti difficili era la scelta del tipo di legno. Bisogna infatti ricordare che la micronesia non è mai stata famosa per le sue foreste secolari, ma le popolazione che l’hanno abitata sono riuscite a spremere fino all’ultima goccia (per qualsiasi utilizzo) una delle piante più diffuse: l’albero di cocco.
Esemplare del 1800 ca
La struttura fondamentale della Spada Denti di Squalo era costituita proprio da legno di cocco, dal quale si ricavava il manico e la “lama”. Come nella costruzione del Macuahuitl, era necessario trovare il metodo migliore per fissare i denti di squalo (o le lame d’ossidiana) alla base ignea. Gli Aztechi avevano trovato una discreta soluzione con le resine naturali, ma la stessa opzione risultò impraticabile per i micronesiani, che preferirono sfruttare la possibilità di praticare dei fori nel legno e nei denti di squalo, in modo che questi ultimi fossero inseriti nelle scanalature e poi legati con capelli umani e fibre vegetali per il fissaggio definitivo.
Spada di fine XIX secolo, lunga circa 63 cm
Le scanalature potevano essere ricavate direttamente nel legno o apposte sotto forma di asticelle di legno. I denti di squalo preferiti erano quelli di squalo tigre, abbastanza grandi e facili da reperire.
Nella lingua di Kiribati, dove sembra che queste spade raggiunsero la massima diffusione, la spada con due file di denti veniva chiamata Rere, mentre quella con quattro file Wangea.
Quest’ultima aveva delle caratteristiche di utilizzo differenti, visto che era possibile usarla come una vera e propria mazza tagliente. Mi sono imbattuto anche in un esemplare con quattro file fino a 1/3 dell’asta di legno e solo due nei rimanenti 2/3. Evidentemente, c’erano varianti locali dovute all’abilità o al gusto estetico di guerrieri ed artigiani.
Particolare di una spada con 4 tagli fino a 1/3 della "lama" e 2 nei 2/3 successivi. Notare anche le asticelle che formano le scanalature sul fusto in legno di cocco. 83 cm di lunghezza.
All’interno della definizione Spada Denti di Squalo potrebbe rientrare anche una sua variante, probabilmente meno diffusa, riportata da Richard Francis Burton nel suo famoso libro The Book of the Sword (1884). Era costituita essenzialmente da un rostro di pesce sega, che forniva tutto il materiale senza bisogno di ricorrere a scanalature e legacci per fissare denti al legno. Purtroppo non sono riuscito a reperire alcuna fotografia, quindi dovrete accontentarvi dello scan dall’opera di Burton, il cui copyright, grazie a Dio, è scaduto da diversi decenni.
Resta da dire che i denti di squalo, come accennato prima, servirono a costruire diverse armi (una è finita anche nello scontro fra Maori e Monaco Shaolin in Deadliest Warrior), compresi dei meravigliosi tirapugni che devo assolutamente mostrarvi.
Guanti/tirapugni con denti di squalo: lo zenit della cafonaggine
La Spada Denti di Squalo fu un’arma davvero efficace, anche perchè le protezioni corporee con cui doveva confrontarsi erano, nella maggior parte dei casi, praticamente assenti. Prendendo come esempio i test effettuati con il Macuahuitl, ritengo che anche la Spada Denti di Squalo non fosse capace di amputare un arto (forse un polso?), ma di certo poteva procurare delle ferite frastagliate capaci di causare infezioni ed emorragie. Naturalmente, quando giunsero gli europei, le cose non finirono troppo bene. Si dice che le armature in fibra, un po’ come quelle attuali in kevlar, riuscissero a fermare i proiettili sparati da lunga distanza, ma con armi d’acciaio e schioppettate a breve-media distanza non c’era storia (ma qui entriamo nelle competenze del Duca).
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