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La trama (con parole mie): il massacro avvenuto nella casa di Batiatus ha dato il via alla rivolta di Spartacus, deciso a lottare - fino alla morte, se necessario - contro i Romani che l'hanno privato della donna che amava e della libertà. Al suo fianco restano Crissus - ossessionato dal desiderio di ritrovare l'amata Naevia - e Agron, mentre Enomeo pare sconvolto dai sensi di colpa per essersi ribellato al padrone che gli aveva promesso di renderlo un cittadino, nonchè proprietario del suo ludus.A Capua la tensione cresce, e da Roma giungono per risolvere la spinosa questione Varinio e Glabro, vecchio nemico di Spartacus, in modo da mettersi in mostra agli occhi del Senato soffocando i moti ribelli: il loro compito risulterà più arduo del previsto, complici anche gli intrighi di Seppio e della sua giovane sorella, di Ilizia - che sta per dare alla luce l'erede di Glabro - e della rediviva Lucrezia, sopravvissuta alla carneficina avvenuta nella sua villa.Spartacus, dal canto suo, dovrà fare fronte alle tensioni tra Galli e Germanici, alla fame e alla mancanza di guerrieri ed armi: la resa dei conti di questa prima parte della sanguinosa lotta tra i ribelli e la Rebubblica avverrà alle pendici del Vesuvio, dopo aver sconvolto il cuore della stessa Capua.
Chi l'avrebbe detto che una serie iniziata, ai miei occhi, come la versione tamarra e sguaiata de Il gladiatore o Alexander dalle rimembranze del 300 firmato Zack Snyder - che, come ormai chi frequenta il saloon da qualche tempo sa bene, ho detestato profondamente - sarebbe diventata uno dei cult indiscutibili del 2012 delle serie tv in casa Ford?
Nessuno, probabilmente. Io per primo.
E invece Spartacus è riuscito a sorprendermi e smentirmi, ritagliandosi un posto di assoluto rilievo tra le visioni più apprezzate di questa prima metà dell'anno - almeno per quanto riguarda il piccolo schermo -, fissando uno standard che già da ora fa salire l'aspettativa per la prossima - ultima? - stagione e superare il trauma della morte prematura del protagonista Andy Whitfield, lo Spartacus che in casa Ford avevamo imparato ad apprezzare episodio dopo episodio, sostituito dal più giovane ma decisamente meno prestante Liam McEntyre.
Effettivamente quest'ultimo rappresenta il vero punto debole della terza serie dedicata alle gesta del ribelle più famoso della storia di Roma, privo della forma - spesso e volentieri il nuovo Spartacus indossa corpetti che, di fatto, nascondono la differenza sostanziale tra lui ed i suoi più imponenti e scolpiti colleghi - e del carisma del suo predecessore, ma ugualmente grintoso, e senza dubbio non privo di margini di miglioramento ampi in attesa del prossimo anno, quando assisteremo alla parte finale - e più drammatica: ricordiamo che la rivolta di Spartacus è destinata a finire nel sangue dei suoi protagonisti - di questa saga.
Il resto, dal cast agli intrighi, dal sesso alla morte, funziona a meraviglia, ed anche la CGI dal gusto kitsch e tamarro che tanto mi disturbò nelle prime puntate ora mi pare perfetta per un prodotto volutamente sopra le righe per il quale risulta impossibile non provare l'esaltazione tipica da testosterone in eccesso o, più semplicemente, da partecipazione ad un'impresa assolutamente persa in partenza che resta una delle testimonianze più forti di ribellione al concetto di schiavitù nel mondo antico.
Ammetto inoltre che il passaggio dalle battaglie nell'arena a quelle per l'affermazione del proprio diritto di uomini liberi di Spartacus e dei suoi abbia provocato un esponenziale aumento della mia empatia verso i protagonisti, tratteggiati benissimo e costruiti con intelligenza, partecipazione e profondità - il lavoro degli autori sui personaggi rappresenta, di fatto, il vertice "autoriale" del prodotto -: charachters come Ashur - uno dei favoriti di casa Ford - risultano pressochè perfetti, e perfino nei peggiori tra i Romani - e tra i ribelli - è possibile trovare una scintilla in grado di accendere il fuoco della passione ed esercitare un fascino a tratti anche perverso sull'audience.
Senza contare sul piatto forte: la ribellione.
Attraverso gli occhi, il cuore, le azioni e le loro conseguenze troviamo interpretazioni diverse della stessa fornite da ognuno di questi ex schiavi pronti a dare anche la vita pur di non tornare sotto il giogo della Repubblica: da Spartacus stesso - che scopre passo dopo passo di essere a capo di una rivolta che potrà essere nata dal desiderio di vendetta per la moglie uccisa tempo prima dai sicari di Batiatus dopo essere stata resa schiava da Glabro ma che, di fatto, diviene il simbolo di qualcosa di più grande delle loro singole esistenze - a Crissus - mosso dall'amore per Naevia e dal desiderio di poter vivere libero con lei, lontano da Roma, e da un concetto di onore appreso nell'arena e progressivamente mutato per le necessità imposte dalla guerra -, da Enomeo - smarritosi dopo la notte del massacro nella villa di Batiatus e ritrovatosi nel concetto di fratellanza - a Gannicus - un ritorno graditissimo dal sottoscritto, quello del campione divenuto libero, personaggio egoista e contradditorio eppure clamorosamente votato alla causa grazie al suo legame con Enomeo e la sua defunta moglie Melitta -, da Agron - presentato quasi come una comparsa nel corso della prima stagione e divenuto uno degli alfieri di Spartacus - al vecchio Lucio, nobile che fu uomo della Repubblica caduto in disgrazia che preferisce abbracciare la causa dei ribelli e morire felice per mano "di qualcuno che non è un Romano".
E poi ci sono loro, le donne: raramente una serie ha fornito una galleria di personaggi femminili così forti e profondi, dalle maestre d'intrighi Lucrezia e Ilizia alla giovane Seppia, trovando in Naevia - splendida la sua evoluzione, così come il legame con Crissus - e Mira simboli di un coraggio e di una forza - d'animo, ma non solo - che spesso e volentieri gli uomini possono solo sognarsi, trovando nella loro presenza proprio la spinta che finisce per mancare.
I risvolti di questa serie, così come i suoi personaggi, divengono molteplici con il passare delle puntate, e tutto pare riduttivo, se non il consiglio di buttarcisi a capofitto, facendo il possibile per esserne coinvolti e travolti, dai suoi aspetti più ludici e tamarri a quelli più profondi, che toccano il nostro essere Uomini nel profondo: "noi siamo mostri", dichiara Glabro parlando della sua ossessione di porre fine alla rivolta di Spartacus, che di contro è pronto a rinunciare alla propria vendetta "perchè non avrebbe lo stesso valore rispetto alla mia perdita".
Eppure, gli schiavi divenuti ribelli hanno le mani sporche di sangue almeno quanto i loro nemici Romani: provano rabbia e rancore, e sono dominati da una furia passionale che appare più onesta solo perchè non macchiata dallo spettro terribile della politica. Eppure c'è.
Forse perchè, più che mostri, siamo Uomini. Tutti quanti.
E proprio in quanto tali, meritiamo di giocarci la nostra partita alla pari.
Liberi nel corpo e nell'anima.
Questa è la differenza principale che corre tra quello che ormai è l'esercito di Spartacus e quello della Repubblica più potente dell'antichità.
Questa è la differenza che permette ad un mercenario come Gannicus di scoprire il senso di una lotta persa in partenza. E crederci fino in fondo.
"Meglio regnare all'Inferno, che servire in paradiso", recitava il Lucifero del Paradiso Perduto firmato da John Milton.
Meglio liberi all'Inferno, che schiavi in Paradiso, mi viene da pensare.
E un brivido corre lungo la schiena all'idea che sarebbe stato un onore battersi accanto a Spartacus fino alla fine.
MrFord
"People say that you'll die
faster than without water.
But we know it's just a lie,
scare your son, scare your daughter.
People say that your dreams
are the only things that save ya.
Come on baby in our dreams,
we can live on misbehavior."Tha Arcade Fire - "Rebellion (lies)" -
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