Magazine Cultura

Speciale “Antico Peccato”. Parte 2: L’intervista

Creato il 11 gennaio 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

Speciale “Antico Peccato”
L’intervista a Giulia Marengo

 

Giulia Marengo

Speciale “Antico Peccato”. Parte 2: L’intervista

“Una biografia. Una biografia? Considerando che non sono ancora così avanti con gli anni e che soprattutto spero di vivere ancora a  lungo, non c’è molto da scrivere a tal proposito. Sono nata a Torino, ma sono cresciuta ad Alba, una bellissima piccola città dal retaggio romano. Fra le ambizioni infantili di diventare archeologa, neurochirurgo, e Nobel per la medicina, c’è stata anche quella di “fare la scrittrice”. Ma, statisticamente, prima o poi dovevo azzeccarci, no? Studi classici e una Laurea in Scienze della Comunicazione. Poi un Master in Comunicazione d’Impresa. Lavoro presso la Banca d’Alba, nella terra che amo. Nel 2002, a 18 anni, ho pubblicato quasi per caso il mio primo racconto, dal titolo “Per non ricordare”, nella silloge “Sbilauta. Voci e pruriti di buona e cattiva memoria”, edito da Priuli Verlucca. Ho vinto qualche premio letterario qua e là con altri racconti, fra cui “Anatomia di un paradosso”, “Il coraggio di Valeria” e “La fine del sentiero”, che si possono scaricare dalla sezione Download di questo sito. Mentre già lavoravo alla stesura del romanzo che sarebbe diventato “Un Antico Peccato”, nel 2008 ho pubblicato il racconto “De pane mellito” all’interno della raccolta “Edithon”, promossa dall’Associazione Telethon (Penna d’Autore ed.)”

 Sito: http://www.giuliamarengo.it/

 

E ora passiamo a scambiare due chiacchiere con l’autrice che ci ha, molto gentilmente, concesso qualche minito del suo tempo.

D: Ciao Giulia, siamo felicissime di poterti ospitare qui su “Sognando Leggendo” e grazie ancora per la tua disponibilità a concederci un’intervista. Prima di iniziare vuoi dirci qualcosa in più di te che non è già stato scritto sulla biografia del tuo sito?

R: Ciao Serena, grazie a voi per l’entusiasmo e la calda accoglienza!
Non c’è molto da dire, anche perché mi riesce difficile parlare di me. Adoro leggere, ovunque e in qualunque momento. Amo il suono della chitarra e quello delle risate degli amici, il buon cibo e l’ottimo vino. Vado matta per i gadget tecnologici, e ho una passione smodata per il colore arancione, la montagna e i tramonti sulle colline. Sono testarda ma molto empatica, e perdono – sempre. Mi piace fare regali, anche senza motivazione, e sono terribilmente generosa. Detesto l’apparenza priva di sostanza, e un po’ anche le zucchine.
Ecco, questo riassume più o meno chi è Giulia Marengo quando non sta appiccicata al suo Mac, con la testa in un’altra galassia.

D:Partiamo subito da “Un Antico Peccato. Il Risveglio del Potere”. Come presenteresti la tua saga a chi non la conosce ancora? E di quanti volumi sarà composta in totale?
R: “Un Antico Peccato” nasce dal desiderio di intrecciare due delle mie grandi passioni, la fantascienza e il fantasy. All’inizio volevo scrivere un racconto lungo a tema fantascientifico, ma il desiderio di aggiungere un pizzico di magia e portenti era troppo forte. Così ho pensato “perché non dovrebbero coesistere?”. Non sono certo la prima a tentare quest’esperimento, ma spero davvero che sia riuscito. È un romanzo corale, in cui i personaggi lottano e amano e soffrono, esattamente come noi. Ma è ambientato in una “galassia lontana lontana”, fra paesaggi mozzafiato e gioielli incastonati nello spazio più profondo. “Un Antico Peccato” è il primo volume di una serie, e il secondo capitolo è già ultimato. Sto lavorando al terzo, ma ancora non so di quanti volumi sarà composta in totale. Sicuramente non più di quattro.

D: Ho letto nella tua biografia che prima di “Un Antico Peccato” avevi già scritto diverse opere e vinto anche dei concorsi, ma i tuoi racconti erano prevalentemente brevi. Cosa ti ha spinto a cimentarti nell’impresa di scrivere una saga? Com’è nata l’idea di questa storia così particolare?
R: Ho sempre scritto racconti piuttosto brevi, e pochi di essi erano fantasy. Ho sempre seguito una sorta di fil rouge, quello dell’ironia del destino, per i miei lavori. Quando cominciai a gettare sulla carta le idee per “Un Antico Peccato”, non avevo idea che sarebbe sbocciato per diventare un manoscritto di ben ottocento pagine. Scrivevo per me, per passione, nei ritagli di tempo fra l’università e, più tardi, il lavoro. Poi i miei personaggi si sono – come dire? – ammutinati, e hanno preteso che continuassi a narrare la loro storia. E così l’intreccio si è evoluto, le storie sono diventate più complesse. A un certo punto mi sono vista costretta a inserire una cesura, sebbene temporanea. Altrimenti non avrei mai terminato il manoscritto.

D: So che ti stai dedicando alla stesura del terzo volume di “Un antico peccato”. Quando hai cominciato a dedicarti alla saga avevi già in mente tutti gli sviluppi oppure hai preferito lasciarti guidare passo dopo passo dall’ispirazione?
R: All’inizio scrivevo a braccio, senza freni. Una sorta di flusso di coscienza, anche perché, come accennavo, mentre battevo sui tasti come una forsennata non pensavo alla pubblicazione, ma solo all’evolversi della narrazione. Alle volte mi sedevo alla scrivania con un’idea in testa, salvo stravolgerla poi completamente mano a mano che le parole si affastellavano sul foglio. L’unica àncora che ho sempre avuto è la certezza abbagliante di conoscere l’ultima scena della serie. Quell’immagine l’avevo nella mente già dal momento stesso in cui scrissi le prime parole e, per il momento, non ho cambiato idea.
Ora che scrivo anche per un pubblico, tuttavia, sono diventata più metodica. Preparo scalette, prendo appunti – un po’ dappertutto – e suddivido il testo in capitoli. Non voglio rendere la vita impossibile a chi lavora con me!

D: Il viaggio che compiono i tuoi personaggi mi ha ricordato, sebbene lo stile narrativo sia completamente diverso, il tragitto che percorrono Frodo e la compagnia dell’Anello. C’era qualche riferimento, diretto o indiretto, alla saga di Tolkien? Quali autori, se ce ne sono, hanno influenzato il tuo modo di scrivere?
R: Sebbene abbia amato molto Tolkien, e “Il Signore degli Anelli” sia stato una delle mie prime e più reiterate letture, non ho consciamente voluto ispirarmi a Frodo e ai suoi compari nello scrivere il volume. Se qualche retaggio Tolkeniano mi è rimasto impresso, è forse l’attenzione ai personaggi secondari, le “spalle”. Non a caso Samwise Gamgee è il mio preferito.
Di influenze, tuttavia, ce ne sono molte. Non potrei non citare Frank Herbert e il suo “Dune”, un miracolo di costruzione religiosa, sociologica, economica, ambientato in mondi lontani eppure così perfetti nella loro verosimiglianza. Amo molto George R. R. Martin, le sue descrizioni minuziose e i personaggi vibranti e realistici, pieni di chiaroscuri. Alcuni temi derivano dalla mia educazione classica, e dalle tragedie greche che ho amato moltissimo.
Va da sé che sono molto, molto lontana da chiunque dei grandi scrittori che mi sono rimasti nel cuore!

D: Goethe diceva “Il nome di un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può strappare o cacciare di dosso, ma una veste perfettamente adatta, o come la pelle concresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui.” Come hai scelto i nomi dei protagonisti della tua storia? C’è correlazione tra il loro nome e il loro carattere?
R: Nomen omen? Può darsi. Di certo una delle domande che mi sento rivolgere più spesso è “Non potevi scegliere dei nomi più semplici?” Può darsi che mi sia lasciata prendere la mano, soprattutto all’inizio.
È abbastanza logico che una donna di sangue nobile, come la Somma Signora di Aelthin Verenith Aurennan, abbia un nome più altisonante del ruvido boscaiolo Torch. E se qualcuno dei personaggi si ritrova con un nome un po’ troppo pretenzioso per il ruolo che riveste – beh, forse c’è sotto qualcosa…

D: Quando ho letto la fine di “Il risveglio del potere” sono rimasta a bocca aperta. Puoi darci qualche anticipazione sul secondo libro? Sai quando verrà pubblicato?
R: In realtà il mio manoscritto non terminava così bruscamente. Il volume che ho consegnato nella mani di Luigi Reverdito contava più del doppio delle pagine. Ma poiché pubblicare una perfetta sconosciuta è un bel salto nel buio, per un editore – e io sono stata la prima esordiente in assoluto a essere inclusa nella collana Pegaso – la casa editrice ha preferito suddividere il manoscritto originale in due volumi. Il secondo capitolo vede più azione, più colpi di scena, e molta magia. Verranno svelati alcuni segreti, e ad alcuni personaggi verrà concesso più spazio. Scriverlo mi ha regalato emozioni intensissime, e spero piacerà anche ai lettori. Dovrebbe uscire nel 2012, ma ancora non so darvi un’indicazione precisa.


D: Quale pensi sia il giusto rapporto tra realtà e finzione? Attingi spesso alla tua vita o alle persone che ti circondano quando scrivi?
R: Ritengo che sia impossibile scrivere di ciò che non si conosce. La cornice può essere tratteggiata con gli acquerelli vivaci di un pianeta lontano, ma le passioni che attraversano le pagine – ambizione, desiderio di rivalsa, lealtà, coraggio, nostalgia per per persone care – sono molto umane e molto familiari a tutti noi. Poche settimane fa ho presentato “Un Antico Peccato” all’interno di una bella manifestazione letteraria piemontese, e una ragazzina di circa tredici anni mi ha avvicinata per confessarmi che si era ritrovata nei pensieri e nei dubbi di alcuni dei personaggi; e che proprio per quel motivo il libro le era piaciuto così tanto. Il fantasy è meraviglioso proprio perché consente di ambientare storie molto vicine al vissuto quotidiano in una realtà diversa, che permette al lettore di fuggire dalle proprie preoccupazioni, pur restando ancorato alla realtà da un filo palpitante di verosimiglianza.



D: Georges Simenon si preparava al lavoro appuntando 50 matite che allineava sulla scrivania, Marcel Proust scriveva sempre a letto tra le pareti ricoperte da sughero e Isabel Allende fa crescere le storie dentro e intanto rimugina, ma senza mai sedersi a cominciare un nuovo lavoro in un giorno diverso dall’8 gennaio. Hai anche tu dei rituali, delle abitudini o dei gesti scaramantici legati alla scrittura?
R: Non particolarmente. Ho un lavoro a tempo pieno, quindi in genere sfrutto il fine settimana per scrivere. Ho bisogno della mia piccola bolla di autismo letterario, in cui sono rinchiusa da sola in una stanza silenziosa, senza distrazioni di sorta. In questo modo, sono in grado di scrivere anche per dieci, undici giorni di seguito, senza interruzioni. Ma se suona il telefono, o vengo distratta per qualche motivo, difficilmente riesco a recuperare la concentrazione necessaria, e allora il numero di pagine si riduce…

D: Blocco dello scrittore: mai avuto? Come lo hai superato?
R: Il blocco dello scrittore mi terrorizza. È come il “babau” di un vecchio racconto di Stephen King, perché anche se non l’ho mai visto, so che se ne sta lì, nascosto da qualche parte, in attesa. E ho sempre paura che salti fuori. Per ora ho trascorso lunghi periodi, anche mesi, senza dedicarmi ai romanzi, distratta da altre incombenze o nuovi progetti, ma ho sempre ritrovato in fretta lo slancio.
Speriamo che lo spauracchio se ne resti rinchiuso nel suo anfratto polveroso.

D: Parliamo della tua esperienza editoriale. Hai avuto subito fortuna o hai dovuto inviare i tuoi romanzi a molte case editrici prima di essere accettata? Qual’è il tuo rapporto con la Reverdito?
R: Prima che inviassi il manoscritto l’ho lasciato riposare per un po’ di tempo. Poi l’ho riletto, e rimaneggiato. Infine, con non poco timore, l’ho spedito in giro, elenco di editori alla mano. Altro tempo è trascorso dal primo contatto con la Reverdito all’effettiva pubblicazione, perché la casa editrice è stata rifondata solo da poco. Alla Reverdito ho trovato un’accurata cura per il prodotto, e grande professionalità. Mi ha aiutata a crescere, professionalmente e nel mio rapporto con la scrittura.

D: Qual è stato il primo pensiero che ti è passato per la mente una volta scoperto che finalmente saresti stata pubblicata?
R: Quando il curatore della collana Pegaso, Luca Azzolini, mi ha contattata per domandarmi se ero interessata a pubblicare il mio romanzo – che allora aveva un altro titolo – ho urlato così forte che i miei familiari si sono spaventati. Poi è iniziato il periodo in cui ero pervasa di una sensazione straniante di irrealtà. Lavoravo all’editing del testo, concordavo l’immagine di copertina, ma mi sembrava tutto così illusorio… e in effetti ogni tanto mi capita di tirare giù la mia copia dalla libreria, giusto per assicurarmi che ci sia davvero il mio nome sopra.

D: Hai qualche consiglio da dare a chi non è ancora riuscito a pubblicare i suoi romanzi?
R: Insistere, continuare a scrivere, imbarcarsi in nuovi progetti. Non mollare, e dedicarsi alla lettura con la medesima passione, perché c’è sempre spazio di miglioramento, e i libri sono davvero maestri di vita. Il mercato editoriale è una vera giungla, e a volte ci vuole un pizzico di fortuna. Ma per essere fortunati, non bisogna mollare.

D: Hai degli autori di rifermento? Quali sono i tre libri che più ti hanno segnata nel corso della tua crescita?
R: Oltre ai già citati Herbert e Martin… vediamo, Benni, Pennac, Buzzati. Pullman. Neil Gaiman, sorprendente tessitore di magia. È difficile isolare tre soli testi. Certamente “David Copperfield”, romanzo su cui ho imparato a leggere. Inutile dire che ancora oggi ho un debole per Dickens. Poi “Heart of darkness” di Joseph Conrad, a cui devo la mia fascinazione per i viaggi, e “Neverwhere” di Gaiman, un libro che ti rapisce alla prima riga e ti trasporta… nel tuo stesso mondo, ma costringendoti a guardarlo finalmente con occhi del tutto nuovi.

D: Cosa ne pensi delle fan fiction? Ne hai mai lette o scritte?
R: Si può essere una fan delle fan fictions? È un po’ un bisticcio. Ma io lo sono.
Si tratta di un genere spesso guardato dall’alto in basso, perché raccoglie ciò che altri hanno già inventato. E invece secondo me occorre guardare alle fan fictions come a un tributo a una bella storia, e non a un desiderio di sfruttarla. Sono un atto di amore nei confronti di un’opera che ha lasciato un segno profondo nel lettore, così tanto da spingelo a rendervi omaggio.
Non ne ho mai scritte, ma una volta ero un’assidua frequentatrice di “Checkmated!”, un sito web di fan fiction ambientate nell’universo di Harry Potter. Alcune, soprattutto quelle che danno versioni alternative al “canone”, cioè alla storia originale, hanno trame complesse e coinvolgenti, e poco da invidiare a molti romanzi. Per quanto mi riguarda, se un giorno qualcuno mi dicesse di aver scritto una fan fiction ambientata nella Galassia di Vis, penso che potrei mettermi a piangere dall’emozione.

D: Di autori fantasy italiani ce ne sono diversi, ma le maggior parte dei libri di questo genere presenti nelle librerie sono prevalentemente stranieri. Cosa ne pensi del panorama editoriale italiano?
R: In Italia si tende a seguire, un po’ pedissequamente, filoni che hanno auto successo su mercati differenti. Le case editrici spingono molto scrittori dai cognomi stranieri, pensando probabilmente che abbiano un maggiore impatto emotivo sul lettore. Che d’altro canto trova prevalentemente titoli esteri e non va a cercare quelli nostrani.
È un vero peccato, perché il nostro Paese è una fucina di grandi talenti letterari. Sarebbe bello che gli autori italiani, anche quelli che scrivono fantasy, potessero avere più spazio nelle librerie. Mi auguro che questa tendenza all’esterofilia sia destinata a cambiare, perché sono convinta che gli scrittori del Bel Paese ce la possano fare.

D: Hai detto che lavori alla Banca d’Alba. Se la saga avesse successo hai mai pensato di dedicarti completamente alla scrittura o pensi che sentiresti lo stesso la necessità di un altro lavoro ?
R: Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta, perché dipende da molte variabili. Scrivere è ciò che più amo fare, e penso che se potessi dedicarmi completamente alla scrittura ne sarei felice. Tuttavia, il mio lavoro in Banca d’Alba mi realizza, e per il momento riesco a gestire entrambe le incombenze. Di certo, spero che la serie piaccia indipendentemente dalle mie scelte lavorative, perché vi ho dedicato tempo e passione, lacrime e sangue.

D: Oltre a “Un Antico Peccato” hai altri progetti in mente?
R: Nel corso dell’estate ho scritto un nuovo romanzo, questa volta auto-conclusivo. È un urban fantasy, ambientato in una città che amo moltissimo. Un libro che ha insistito con veemenza per farsi scrivere, e che contiene anche un pezzetto di me. Per ora sta sonnecchiando nel cassetto, ma chissà?

D: Grazie tantissimo per il tuo tempo e in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri! Vuoi aggiungere qualcosa?
R: Vorrei soltanto ringraziarvi nuovamente. La vostra accoglienza è stata davvero entusiastica, e spero davvero che le nostre strade si incroceranno nuovamente, magari per il prossimo libro!

Sicuramente! Anche per me è stato un vero piacere avere l’occasione di recensire il tuo libro e parlarti. Detto questo ringraziamo nuovamente l’autrice per questa bellissima intervista e speriamo di aver l’occasione di collaborare con lei al più presto!


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :