la sala è affollata da un pubblico gioioso, in avanscoperta gli addetti ai lavori la stampa e gli attori, sono tanti questa sera, tra loro una bambina coccolata da tutti sarà la figlia di un’attrice o del regista … non ha importanza di chi in realtà, l’atmosfera è gioviale
sale sul palco Steve Della Casa, professionale come sempre, refrattario alla stanchezza, la voce pacata, spiritoso, di lì a poco lo raggiunge il regista Marco Maccaferri autore del film dal titolo misterioso
D.A.D.
una promessa
la chiacchierata è divertente, il pubblico apprezza, il regista nomina gli artisti in sala e, che sorpresa, la bambina è un’attrice, per l’emozione mi scende una lacrima dall’occhio destro, è così piccola, avrà 7 anni, una virgola tra tante lettere maiuscole e già una vita intensa sulle spalle, sorrido e penso ai miei 7 anni, che differenza, non è figlia d’arte, sento sussurrare dietro di me, la vita è una magia
un
lungo
applauso
congeda
Steve e Marco
il buio fa il suo ingresso in sala e la pellicola si srotola là sul grande schermo, una manina al vento, una mano di bambina, di quella bambina sprofondata nella poltrona poco più in là, chissà cosa starà pensando nel vedersi salutare il vento
D.A.D – Photo: courtesy of BAFF 2016la storia è improbabile come spesso lo è la vita stessa del resto, ma le dinamiche che ne scaturiscono sono le solite di una quotidianità che ben conosciamo costellata da una miscellanea di reazioni
rabbia
amore
angoscia
rancore
comicità
speranza
follia
paura
panico
e
noi
le
stiamo provando tutte sulla nostra pelle
qui
ora
comodamente seduti in morbide poltrone
insieme a quelle diciannove persone intrappolate in un buco di sei metri per otto scavato nel terreno, diciannove persone che non si possono mai alzare, ostaggi di un misterioso cecchino pronto ad ucciderle con colpi di mitragliatrice
un tubo dal quale fluisce un rivolo d’acqua da un lato, una ruspa che svetta nel cielo sopra di loro, il fango, che siano elementi simbolici, chissà, non ne siamo certi, ce lo domandiamo tutti in sala, mentalmente, lo so, lo sento, abituati come siamo a trovare una spiegazione a tutto
gli attori avanzano carponi, le gambe e le braccia simili a lunghe chele di granchi regalandoci una prospettiva curiosa, sentiamo nelle nostre ossa il loro desiderio di alzarsi, di raddrizzare la schiena, di correre, muovo irrequieta le gambe, tamburello i piedi, fatemi alzare perdiana, voglio la mia libertà, voglio la loro libertà
qualcosa accade all’improvviso
sorrido
sorridiamo all’unisono
rassicurati
ora possiamo tornare a respirare
finalmente
complimenti al regista e all’eccellente cast
Elisa Bollazzi