SPECIALE ELEZIONI 2013: PdL – Lega Nord

Creato il 22 febbraio 2013 da Idispacci @IDispacci
22 febbraio 2013 by Redazione

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Il novembre 2011 sembrava segnare il canto del cigno per Berlusconi, che dimessosi dopo che l’economia era vicino al rischio bancarotta e lasciato il suo posto ad Angelino Alfano, ipotizzato come il vincitore delle primarie che si sarebbero dovute votare a fine 2012 spinte dal successo di quelle del PD. Ma dal dicembre scorso qualcosa è cambiato; visti i risultati che stava ottenendo il partito e sceso nuovamente in campo e utilizzando gli strumenti in cui è sempre stato eccellente ha tratto successo dopo successo rendendo possibile la vittoria anche a questa tornata, benché visti i tempi i suoi obiettivi nel breve periodo siano piuttosto altri. Un aiuto sicuramente giunge anche dall’alleata di sempre, la Lega Nord, benché i rapporti fossero ormai deteriorati quando questi ultimi rifiutarono di dare fiducia a Monti: ancora lo scorso dicembre  Maroni dichiarava il netto distacco da Berlusconi, tranne abbracciarlo negli ultimi giorni di campagna elettorale chiamandolo “il mio presidente”.

Rispetto a quelli scritti in passato, il programma elettorale non richiama alle cose facce precedentemente al suo governo, ma si struttura in ventitré punti chiave, che a loro volta si suddividono in sottogruppi.

Istituzioni e costi politica:

  • Il più grande sogno è quello di eliminare la carica del Presidente della Repubblica, per lui più un ostacolo che un aiuto e “colpevole” di averlo fatto cadere. Viene proposta la sua elezione diretta e che fonda in lui i poteri del Presidente del Consiglio. La Lega ripresenta quella che fu la sua proposta d’Italia, bocciata dal referendum costituzionale del 2009: riforma del sistema bicamerale con Senato federale. Altro loro cavallo di battaglia è la semplificazione della legislazione, benché l’esperienza Calderoli non sia stata coronata da grandi risultati.
    La Lega Nord comunque propone il presidenzialismo in chiave più moderata, soprattutto perché il “Rafforzamento dei poteri del Governo” (come è enunciato al secondo punto del programma) rischia di stridere con la richiesta di autonomia amministrativa, oltre che economica, delle entità regionali e locali.
  • La riduzione dei costi avverrebbe tramite la riduzione del numero dei parlamentari, l’ennesima riforma per l’eliminazione delle provincie e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Inoltre, la Lega Nord propone un “Dimezzamento dei costi della politica”, anche se non viene specificato entro quali termini. Per controbilanciare le grosse perdite “politiche” a livello locale, ci sarebbe l’abiura del Patto di stabilità per gli enti locali (nonostante l’opinione contraria di Giulio Tremonti e della sua lista coalizzata con la Lega). Le regioni vedrebbero un loro accorpamento e vedrebbero i loro budget stimati sulla base del territorio più parsimonioso a livello di spese per unità, ma come ben immaginiamo qui i parlamentari meridionali, ma non solo loro, costituiranno un grosso ostacolo per lo sviluppo, e ciò porterà inevitabilmente ad uno scontro in sede di attuazione.
  • Aumento dell’efficienza nelle PA con progressioni grazie ai meriti e non per anzianità e riduzione dei costi nelle gare d’appalto con semplificazione delle procedure e a parità di costo avvantaggiare le aziende a “chilometro zero”. E’ significativo che, seppur per questioni meramente economiche, anche il PDL, come molti altri partiti e movimenti, soprattutto di Sinistra, sia favorevole al recupero dell’economia locale, che inciderebbe poco sul sistema di trasporti e comporterebbe dunque un netto risparmio energetico.
  • Sostegno all’Agenda digitale nel quinquennio 2013 – 2017 recuperando la riforma open data del precedente governo Berlusconi, datato ottobre 2011.

Europa:

  • Superamento della fase d’austerità, non viene spiegato bene come, interessanti sono le proposte di rendere la BCE prestatore di denaro in ultima istanza e la creazione di eurobond, anche se quest’ultima sarebbe ostacolata dalla Germania. Comunque parrebbero le soluzioni per evitare nuovi “effetti Grecia”. A questo punto ci sarebbe la richiesta di mettere le spese d’investimento, cioè quelle spese che si ammortizzano negli anni, fuori dal patto europeo. Questo permetterebbe a Lega e PDL di tentare un rilancio dell’economia basato sulle grandi opere sulla riga del boom economico.
  • La Lega Nord si spinge oltre, e propone l’elezione diretta del Presidente della Commissione europea e l’ampliamento del ruolo legislativo dell’Europarlamento.
  • La Lega sembra aver riscoperto il proprio lato umanista nell’ultimo punto del proprio programma riguardante l’Europa. Proprio qui infatti si legge: “L’Italia in Europa e nel mondo a difesa della libertà, della democrazia, dei diritti umani, e delle libertà religiose.

Italia:

  • Questo è il punto più caro alla Lega Nord; concessione alle regioni del 75% delle imposte prelevate sul territorio, mentre il restante 25% verrebbe utilizzato per le spese di amministrazione. Questo punto è delicato, una schiera di economisti hanno espresso forti dubbi. L’idea di Maroni nasce affinché le regioni a statuto speciale mantengono quasi la totalità delle loro imposte e si possono permettere un regime di sgravi fiscali. Ritiene quindi che aumentare la fetta di detrazioni di competenza regionale porterebbe queste a dare più risorse al cittadino. Il bluff sta nel fatto che le regioni a statuto speciale non solo trattengono questa quota elevata d’imposta, ma ottengono anche denaro dal governo centrale e quindi possono offrire ulteriori servizi (chi più e chi meno). Le tasse inoltre non si trattengono, ma dovrebbero servire a coprire le spese per i compiti assegnati.
  • Davanti alla possibilità di essere eletto alla regione, comunque, Maroni propone questa panacea con cui toglierebbe il bollo auto e altri balzelli, andando contro l’articolo V della Costituzione in cui si afferma che tutti i cittadini sono uguali (tale è l’obiezione dei giuristi riguardo questa riforma, in quanto si tenderebbe a privilegiare i cittadini lombardi rispetto a quelli del resto d’Italia).

Famiglia:

  • La famiglia tradizionale è difesa dalla coalizione, quindi contrasto ad ogni legge che permetta la parità tra coppie eterosessuali e omosessuali e tutta una serie d’incentivi per facilitare le unioni. Alcuni li conosciamo già, bonus bebè, ma a questi si affianchino altri come la costruzione di nuovi asili nido, sostegno economico a chi ha figli disabili e rendere detraibili le spese per l’educazione. Qui sale il nodo della spesa pubblica, ma possiamo capire che sarebbe possibile se l’Europa accettasse di togliere le spese d’investimento fuori dal patto europeo.
  • Non solo ci sarebbero vantaggi per coloro che volessero riscattare gli alloggi dagli enti pubblici, ma sarebbe attuato un nuovo piano casa basato su nuove costruzioni e ristrutturazioni sul patrimonio nazionale da rivendere e fare cassa, benché il problema principale sia che non ci sono molte persone che al momento investirebbero nel mattone se non i soliti noti. La Lega è riuscita ad ottenere che nell’assegnazione degli alloggi popolari la precedenza fosse data alle famiglie di nazionalità italiana.

Fisco e lavoro:

  • Da questo punto partì la campagna elettorale del PDL, tastando la pancia degli italiani; abolizione dell’IMU sulla prima casa, andando sulla falsa riga dell’abolizione dell’ICI, rifiuto a ogni patrimoniale e all’aumento dell’IVA. La tassazione sulle aziende sono nuovamente nell’interesse del Centro-Destra, ma le lezioni del passato sono state proficue, infatti si garantisce abolizione dell’IRAP e riduzione della pressione fiscale in maniera graduale nel quinquennio. Questo non solo porterebbe a un sostegno annuale da parte dei piccoli e medi imprenditori, ma permetterebbe di ricercare le risorse per la riduzione fiscale senza eccessivi problemi e la riduzione porterebbe all’eliminazione dei sussidi mentre otterrebbero incentivi per l’assunzione dei giovani nei primi cinque anni di contratto mentre gli apprendisti vedrebbero la totale detassazione per quattro anni.
  • Riduzione di Equitalia e tassazioni recuperate direttamente dall’autorità pubblica senza darle in appalto ad altre agenzie. Questa riforma è interessante; compensazione dei crediti delle PA nei confronti delle famiglie e le imprese, con quest’ultime che girerebbero i loro crediti per saldare i debiti con il fisco.
  • Cancellazione dei regimi di monopolio in particolare nel settore nel settore istruzione, poste e settore energetico (il che vuol dire liberalizzazioni e privatizzazioni nei relativi settori).
  • Rilancio del settore turistico con abbassamento dell’IVA, e sarebbe inoltre garantita la stabilizzazione delle concessioni degli stabilimenti balneari in chiave di rilancio del lavoro (anche se solo stagionale). In realtà l’assenza di effettive gare di appalto per la conduzione degli stabilimenti (che tra l’altro comporterebbe un gettito fiscale non indifferente per le amministrazioni locali) costa all’Italia decine di milioni di euro l’anno sotto forma di sanzioni europee.
  • Anche l’agricoltura vedrebbe la cancellazione dell’IMU sui terreni adibiti alla coltivazione e una politica di tutela nei confronti di DOC, DOP, DOCG.

Banche:

  • Colpevoli di aver portato il paese a questa situazione, assieme a Monti ci sono alcune decisioni che sembrerebbero “punitive”: irrevocabilità dei mutui già erogati, ma soprattutto moratoria nei confronti di coloro che avevano ritardi nei pagamenti con la rinegoziazione in base delle proprie esigenze economiche. Separazione tra banche d’investimento e banche di credito, con le prime che devono favorire il finanziamento a favore delle imprese.

Infrastrutture:

  •  Piano generale per la mobilità e rilancio delle “grandi opere” grazie anche a snellimenti della procedure burocratiche per parteciparvi. Realizzazione della regionalizzazione dell’ANAS e, punto che vedrà molte contestazioni, proseguimento delle linee alta velocità, in particolare la discussa Torino-Lione.
  • Sviluppo di un piano energetico nazionale secondo però un meccanismo complesso che si baserebbe sull’analisi della rete presente, degli impianti, e delle eventuali fonti rinnovabili già sfruttate. Mentre, in chiave di riduzione dei costi energetici, ci sarebbe lo sviluppo d’incentivi per investire in nuove tecnologie.

Istruzione:

  • Al contrario di altri schieramenti, Lega e PDL puntano sul meccanismo americano del prestito d’onore per finanziare gli studi. Il rischio ovviamente è che la persona uscita dal sistema di studio si troverebbe già pesantemente indebitata prima di avere la certezza di un lavoro, quindi molto difficilmente una persona sarà propensa di seguire questa strada. Proseguirebbe il lavoro iniziato con la riforma Gelmini, aumentando l’autonomia dei complessi scolastici e la loro valutazione tramite l’INVALSI.
  • In chiave di riduzione delle spese, ridistribuzione territoriale degli insediamenti e sviluppo di una lingua straniera all’interno del corso si laurea (anche se l’unica lingua presa in considerazione sarebbe l’inglese).

Giustizia:

  • Da sempre nei pensieri del Cavaliere, e argomento controverso, ritorno della separazione delle carriere tra magistrati e pubblici ministeri.
  • Responsabilità civile dei pm nei confronti degli indagati: ovvero possibilità di processare gli stessi pm nel caso in cui gli imputati siano assolti o prescritti.
  • Non solo una legge che riduca le intercettazioni e la carcerazione preventiva, ma inappellabilità delle sentenze di assoluzione.
  • La Lega propone un distaccamento del Consiglio di Stato per il Nord (con il conseguente raddoppio dei costi di gestione).

In generale il programma si basa su una radicale riforma costituzionale in senso presidenzialista; da un lato si propone di rafforzare le autonomie locali, in particolare le regioni, sotto il profilo fiscale. Dall’altra, con la motivazione di fare cassa, si punta alla riduzione e poi all’eliminazione delle provincie, veri capisaldi dell’autonomismo anti-centralista.
Insomma, dal programma di coalizione si riflettono le tendenze contraddittorie di PDL e Lega, le une volte all’accentramento dei poteri nelle mani del Presidente del Consiglio, le altre indirizzate verso un rafforzamento delle autonomie locali. In generale il modello che si produrrebbe da un simile rapporto sarebbe un presidenzialismo federalista alla tedesca; oltre all’opportunità di tali modifiche, ci sarebbe molto da dire riguardo alle tempistiche di tali riforme, alla loro priorità nell’attuale contesto economico e politico e al loro impatto economico sulle esangui casse statali e su quelle, non meno stremate, delle singole regioni.


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