“Il secondo giorno – Kiss for my angel”, di Elisabetta Liguori è giunto a un mese dalla pubblicazione e distribuzione, ecco alcuni dei primi giudizi comparsi sulla stampa e in rete, tre lettori d’eccezione per una storia entusiasmante: Cosimo Argentina, Livio Romano, Antonio Errico. Ecco cosa scrivono del romanzo di Elisabetta Liguori.
[Cosimo Argentina]
Ho letto “Il secondo giorno”, finito stamattina. Non sono un lettore di genere, ma tu non sei una scrittrice di genere, e per questo, e non solo, ho letto quasi 250 pagine in scioltezza. Bella l’idea del ritmo, dei capitoli brevi, anche io sto lavorando in questo senso.
Bello il linguaggio, la parola cazzuta là dove ci vuole e i contorni sfumati quando si rischia di appesantire il tutto. Numero uno del libro: i dialoghi. Questo, Elisabetta, è un libro parlato. Qui scopri di Wing, Gabriele e gli altri attraverso i dialoghi, che sono sempre calibrati. Poi un’altra perla sono gli scenari che cambiano ma restano lì, dietro le spalle dei personaggi. Io credo che tu possa aver trovato un filone interessante, nelle tue corde, io sto provando a scrivere di fantascienza e tu questo, è come se il mainstream abbia esaurito la sua forza propulsiva e si debbano cercare forme altre di espressione e sperimentazione. Resti sempre brava, Elisabetta. E sono contento di averti sulla mia sponda cartacea.
[Livio Romano] “Si sa: Dio vive stabilmente a sud, pertanto bisogna comportarsi con stile dalle sue parti”.
Il nuovo romanzo di Elisabetta Liguori si propone di rivolgersi a un pubblico di young adults, e però, esattamente come i racconti fantastici o d’avventura degli autori immortali, è una storia che cattura i lettori d’ogni età. Il motivo non è solo questa lingua prodigiosamente raffinata, questa precisione e varietà lessicale che lascia ammirati e spiazzati e sazi di una storia davvero scritta bene, lontanissima dallo scialbore che di solito caratterizza la letteratura di genere. No, non è solo la letterarietà controllatissima che cattura i palati più fini.
In questo romanzo Elisabetta semplicemente ti tiene sulla graticola. C’è un susseguirsi vorticoso di avventure, fughe, ritrovamenti, sortilegi, c’è un ritmo sincopato che scandisce la suspense che uno si attacca al libro e non lo molla finché non scopre come finisce la vicenda dell’angelo Gabriele. E la scena madre finale. La formazione che si compie, Gabriele che impara a volare, Gabriele che vorrebbe venir giù, acquistare consistenza e però è lì, nei cieli di una Roma opalina e punteggiata di statue, che si compie la sua trasformazione: ha la velocità e l’accelerazione e gli arresti improvvisi di un film d’azione in 3D nel quale hai spesso la sensazione di lievitare insieme al protagonista, oppure il terrore di rovinare al suolo, con tanto di vertigine che ti prende sulla bocca dello stomaco. E, mentre lassù si consuma la lotta fra il bene e il male, sulla terra si agitano questi orridi quanto superbamente descritti black-bloc ecclesiastici, tuniche nere in anfibi e faccia torva che fluiscono di qua e di là come uno stormo di corvi e regalano alla storia un tocco di delizioso anticlericalismo. Da leggere assolutamente.
[Antonio Errico] Una ragazza e un mistero al centro di “Il secondo giorno – Kiss for my angel” di Elisabetta Liguori
Un sintassi essenziale, un lessico nitido, un passo narrativo rapido, connotato da dialoghi serrati, da continui cambi di prospettiva. Sono queste le caratteristiche stilistiche de “Il secondo giorno”, il romanzo che Elisabetta Liguori pubblica con Musicaos. Atmosfere completamente diverse da quelle dei suoi romanzi precedenti, diversi i personaggi, i luoghi, i contesti, diversi anche i motivi e i moventi della narrazione. Voleva confrontarsi con un altro universo di senso questa volta, Elisabetta Liguori, e ci è riuscita, tessendo una struttura che ingloba una dimensione esistenziale che si esprime nei lineamenti dei personaggi, nelle
relazioni che annodano le loro esperienze, nelle riflessioni puntuali, negli scavi all’interno dei territori di una psicologia profonda e di una sensibilità affiorante. In questo romanzo il nucleo generativo è costituito dalla progressiva trasformazione dell’esperienza in conoscenza, dal passaggio continuo dall’esistere al pensiero sull’esistenza: si tratta di quell’esperienza, di quell’esistenza che talvolta disorienta o sbalordisce e di quella conoscenza che conferisce visioni del mondo, della vita, di se stessi, alle quali fare riferimento, da adottare come sistema di pensiero. L’esperienza è quella della crisi, della crescita, del confronto con gli altri e con il sé, l’esperienza dell’indagarsi e dello scoprirsi, che a volte è esplicita, a volte implicita, a volte si manifesta, in altre resta sotterranea ma che in ogni caso assume la valenza di una conformazione identitaria.
I personaggi della Liguori hanno la fisionomia delle creature, e per creature vorrei intendere un essere sorpreso nella essenzialità delle emozioni, delle sensazioni, degli stupori, nel suo appartenere, ad un tempo,
alla terra e al cielo, all’infinito e alla finitezza. C’è una pagina del romanzo in cui questa condizione di appartenenza alla terra e al cielo, si esprime con una metafora di sintesi sostanziale. Dice che gli angeli non sono tutti uguali, che si occupano di cose diverse e in modo diverso, che sono in un modo e poi nel modo contrario, ma che quello che sono dipende dalle esperienze che hanno fatto. Come gli uomini, dunque. Esattamente. Ecco come il concetto di esperienza si carica di una valenza semantica assoluta, come rappresenti l’elemento che conforma il proprio essere e il proprio essere nel mondo, l’essere con e per se stessi, con e per gli altri. Da questi nuclei si irradiano i riflessi dell’autoconsapevolezza, dell’autorealizzazione, della coscienza di sé. Non è per nulla facile sciogliere tematiche/problematiche di questo genere in una narrazione. Non è facile attribuire ad esse una natura di leggerezza. Elisabetta Liguori ha saputo farlo governando il racconto con mestiere, certamente, ma anche con un appassionamento che ha determinato nel racconto un equilibrio armonioso. Tirando a indovinare potrei dire che ha cercato costantemente una combinazione tra forma e concetto, in alcuni casi anteponendo il primo termine, in altri casi anteponendo il secondo, cioè assegnando ad essi una prevalenza sulla base dell’intenzionalità narrativa. Spesso l’intenzionalità narrativa è quella di emozionare il concetto, il pensiero. Il lavoro che Elisabetta Liguori fa sul lessico in alcune situazioni del romanzo è finalizzato proprio all’effetto di emozionare il pensiero, di impastare emozione e ragione, di determinare una condizione di reciprocità tra ordine e disordine, crisi e progetto, fantasia e rigore. I personaggi hanno tutti la fisionomia di una natura intimamente plurale, multiforme, che si dispone al senso della complessità, della problematicità, ma anche della semplicità che consente di comprendere istintivamente, di “sentire” il mondo attraverso la dimensione affettiva, attraverso il desiderio. Il desiderio è per i personaggi una sorta di grammatica interpretativa, uno strumento pluridimensionale attraverso il quale penetrare l’universo della conoscenza. Ma che, soprattutto, si costituisce come elemento psicofisico essenziale per conoscere se stessi e gli altri per i quali provano
emozione, sentimento, desiderio.
“Il secondo giorno – Kiss for my angel”, Elisabetta Liguori
pagine 256, €18,00, ISBN 9788899315023 (libro), 9788899315078 (ebook)