L'orizzonte delle Alpi si allarga per gli eventi storici che lo coinvolgono e, da semplice alpinista, lo trasformano in testimone diretto della tragedia della spedizione in Russia e della prigionia in un campo di concentramento nazista tra 1943 e 1945. Dal ricordo vivo e doloroso di questo calvario umano e civile Rigoni Stern trae nutrimento per alimentare la sua scrittura, tutta incentrata sull'impegno e sulla testimonianza degli orrori della Guerra e della spedizione, cui pure aveva inizialmente aderito da volontario con entusiasmo. Sempre legato a questi temi è anche l'amore viscerale per la sua montagna e i suoi boschi, la natura in generale e la sua purezza, come ricorda spesso nelle sue opere e nella raccolta di brevi articoli per la stampa e di racconti incentrati sul tema del Natale, pubblicati nel 2006, due anni prima della morte, con il titolo complessivo, ma non esauriente, di Quel Natale nella steppa.
In questi racconti, alcuni inediti in volume, la scrittura di Mario Rigoni Stern, precisa e rigorosa ma in grado di chinarsi ad ascoltare le più minute sfumature delle vicende umane, rievoca e riporta in vita un mondo che sta irrimediabilmente scomparendo.
È la forza di uno scrittore che ha trasformato la lucida testimonianza delle ultime disastrose guerre in indimenticabile lezione civile, ricostruendo le ragioni profonde dell'essere uomini e dello stare insieme.
Il Natale emerge come rappresentazione del mondo più autentico che l'autore porta con sé, custode di quei valori umani che le sue pagine cercano di conservare e tramandare, e che diventa la chiave di riferimento con cui fronteggiare gli avvenimenti del presente.
La Recensione
C'è un'analogia particolare tra questa smilza raccolta di racconti e articoli da giornale di Rigoni Stern e il classico dei classici natalizi, 'Canto di Natale' di Dickens: come nel romanzo inglese anche qui chi legge trova un confronto tra tre Natali diversi. Solo, si tratta di tre Natali molto lontani dallo spirito dickensiano, con un fondo di amarezza e di stanchezza, civile e umana.
Il primo, che dà il titolo alla raccolta, è il ricordo del Natale passato nelle steppe russe durante la campagna di guerra tra '42 e '45, compreso il periodo successivo di prigionia, e porta con sé il peso dell'esperienza attorno alla quale ruota tutto il senso della vita dello scrittore trentino.
In questi brevi racconti emerge il senso del Natale mancato per la crudeltà della guerra e la festività diventa simbolo della dimensione umana tradita e umiliata, ma non vinta, dalla durezza della prigionia nel campo di concentramento: anche in una baracca è possibile celebrare il Natale, con una zuppa rimediata con ortaggi di scarto e mezza bottiglietta di acqua di colonia da scambiare con altri prigionieri.
Nel Natale del ritorno a casa, dopo la folle danza della morte che ha sconvolto l'Europa e il mondo, e nella quale l'autore si è trovato coinvolto, c'è la grave consapevolezza di come, pur nella continuità, tutto sia cambiato, per sempre. La povertà è la stessa di prima della guerra, ma c'è in più un senso di oppressione e di solitudine di fronte alla tragedia e al dovere della testimonianza. Se ne rende conto quando viene in visita a cercare di scusarsi il collaborazionista che lo aveva consegnato alle truppe nazi-fasciste.
Il giudizio non è pronunciato: in una guerra civile anche il soldato delle Brigate Nere aveva, in un certo senso, una parte di ragione; eppure il senso dell'onore e della giustizia, che risponde a norme non scritte, impedisce alla vittima anche il sollievo del perdono.
Il terzo Natale è quello contemporaneo, consumista e sfavillante di luci e lusso.
Quello degli alberi di Natale è un tema legato alla modernità: la tradizione è antica, viene dal mondo pagano scandinavo, ma la sua espansione commerciale è recente, come i dibattiti sui danni ecologici causati a boschi e foreste. Il rapporto di Rigoni Stern con la montagna e il suo ambiente è quanto di più stretto si possa immaginare, non è solo un rifugio e il luogo elettivo dove vivere, è anche una madre. Così con semplicità interviene un piccolo articolo in cui spende una parola a favore degli alberi di Natale venduti dal Corpo Forestale, i proventi delle cui vendite possono servire anche al controllo delle zone boschive e al loro rinfoltimento.
Oltre a questo ci sono altre pacate riflessioni che però portano a considerazioni molto dure sul senso della celebrazione natalizia nell'era del consumismo. Il paragone con la povertà dei Natali passati e l'afflizione di quelli di guerra non deve neppure essere proposto, perché emerge da sè. Il vuoto dell'attuale abbondanza ha preso il posto della consapevolezza e del valore che la necessità sapeva attribuire alle cose. Uno spunto notevole per tempi di crisi.
Con la semplicità e la serena modestia di chi è abituato a vivere in un contesto non sempre facile, come la montagna, la raccolta termina in una breve e schietta autobiografia, quasi una sorta di autoepitaffio, personale e letterario, di rara concisione, come se l'autore in un esame di coscienza fatto verso sera - il testo è del 2003, pochi anni prima della sua morte - volesse ricordare a se stesso, in forma di bilancio asettico, i punti essenziali della propria vita.
Infine un particolare interessante: il primo pezzo di giornale è tratto da un inserto di consigli librari natalizi, e il titolo che Rigoni Stern suggerisce è il capostipite del genere: il Vangelo di San Luca, quello della Natività.
Giudizio:+3stelle+ (e mezzo)
Articolo di Polyfilo
Dettagli del libro
- Titolo: Quel Natale nella steppa
- Autore: Mario Rigoni Stern
- Editore: Interlinea Edizioni
- Data di Pubblicazione: 2006
- Collana: Nativitas
- ISBN-13: 9788882125820
- Pagine: 81
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,00