Aleksandr Isaevic Solgenitsin (la pronuncia è solgenitsin) nasce a Kislovodsk, in Russia, l’11 dicembre 1918 da una famiglia abbastanza benestante e colta. Morto il padre pochi mesi prima della sua nascita in un incidente di caccia, la madre si trasferisce con il piccolo a Rostov sul Don. Nel 1924, a causa degli espropri ordinati dal regine, i due si trovano in miseria. Ciò tuttavia non impedisce ad Aleksandr di continuare gli studi, di sposare nel 1940 una compagna universitaria –Natal’ja Resevskaja- e di laurearsi con lode in matematica nel 1941. Nello stesso anno si arruola come volontario nell’Armata Rossa e viene inviato sul fronte occidentale, ricevendo anche due onorificenze per atti di valore. Ma nel febbraio del 1945, a causa di una lettera (intercettata) in cui critica Stalin, viene arrestato, trasferito nella prigione moscovita della Lubjanka, condannato a otto anni di campo di concentramento e al confino a vita. Segue il pellegrinaggio di Solgenitsin da un lager all'altro. Nel 1953 termina la pena e viene mandato al confino ai margini del deserto Kazacco, a Kok Terek, dove si dedica all'insegnamento della matematica e alla scrittura de Il cervo e la bella del campo e Il primo cerchio. Riammalatosi di cancro (la malattia si era già già presentata durante la prigionia nel lager), viene curato a Taskent, periodo in cui nasce la sua opera Padiglione cancro.
La Recensione
In questo romanzo Solgenitsin porta all'estremo le potenzialità della narrativa classica russa, dimostrandosi un erede dei grandi maestri dell'Ottocento. In Italia il romanzo apparve per la prima volta nel 1968 con il titolo Divisione Cancro - Romanzo di Anonimo sovietico, nelle edizioni Il Saggiatore, la cui traduzione - di Maria Olsufieva - lascia però piuttosto a desiderare. L'opera, scritta negli anni 1963-1967 (nello stesso periodo della stesura di Arcipelago Gulag) e conosciuta anche sotto il titolo Padiglione cancro, è ambientata nell'Unione Sovietica del 1955, due anni dopo la morte di Stalin, prima dell'inizio della destalinizzazione di Chruščёv. Il romanzo, pur non essendo completamente autobiografico, è largamente ispirato alle reali esperienze di Solženicyn che, uscito dal gulag ed esiliato nel Kazakistan, si ammalò gravemente di tumore nel 1953 e l'anno successivo, nel 1954, fu curato nell'ospedale di Tashkent nell'Uzbekistan. Riferendosi anche a Solgenitsin -ma soprattutto ai suoi predecessori con esclusione di Solochov che non è stato mai messo all'indice in patria-, Sartre asserì che per vincere il Nobel della letteratura bisognava essere dissidenti russi. La sua ironia, tuttavia, non incide sul giudizio relativo alla validità di scrittore di Solgenitsin: Sartre stesso si schierò dalla sua parte quando il governo sovietico, finito il periodo distensivo di Chruscev, cercò di boicottarlo. Solgenitsin, come si rileva anche in questa sua opera, rimase sempre un comunista convinto, anche quando venne deportato nei lager per le sue critiche a Stalin. Quando venne espulso dall’URSS e andò a vivere negli USA, biasimò sempre il modo di vivere americano. Non si curò assolutamente di risultare simpatico ai suoi nuovi concittadini e manifestò chiaramente il suo disprezzo verso il rock n’roll e verso la televisione che occupava gran parte del tempo libero degli occidentali. A differenza della moglie, non chiese la cittadinanza americana.
Il filosofo ungherese Lukacs definisce Solgenitsin come l’ultimo rappresentante del “realismo critico”. L’autore racconta fatti realmente avvenuti, in gran parte autobiografici, mettendo in discussione le scelte dei protagonisti attraverso i loro dialoghi, durante la degenza nel padiglione dell'ospedale dove venivano curati i malati di cancro. Dimostrando forse un’eccessiva ingenuità, Solgenitsin propugnava -e questo si rileva anche in Padiglione Cancro- quella che Lukacs chiamava “l’ideologia plebea”, cioè il vagheggiamento dello spirito popolare come assolutamente buono, tanto che nella corsia dell'ospedale i malati continuavano a curarsi, oltre che con i farmaci e la radioterapia, anche con quei rimedi tipici della tradizione popolare, come ad esempio il decotto derivante dal fungo della betulla. Per Solgenitsin la Russia avrebbe dovuto vivere in uno splendido isolamento lontano dalla corruzione dei costumi occidentali e a contatto con la natura. L’intransigenza di Solgenitsin non lo rese simpatico neanche a molti suoi concittadini e lo accomuna sotto certi aspetti ai fondamentalisti religiosi, con la differenza che lui, ateo, perseguiva i veri principi del comunismo. Non quello praticato nell’URSS, quindi, ma ispirato ad una società utopistica dove gli uomini fossero effettivamente uguali, anche dal punto di vista economico, qualsiasi attività svolgessero. Il protagonista del romanzo di Solgenitsin è un uomo che ha sofferto, ma che trova una ragione di vivere nell’intensa attività di tutti i giorni. La figura di Kostoglotov è assimilabile a quella dell’eroe di Guerra e Pace, Bezuchow, per spirito di sacrificio e per la dedizione ad opere buone, ma a differenza di lui, che trova conforto nella religione, Solgenitsin trova soddisfazione nel lavoro e nella ricerca del bene comune in ottemperanza alle migliori dottrine comuniste. Contrariamente a quanto si possa pensare, “Padiglione Cancro”, anche se si svolge nel reparto oncologico di un ospedale, è un romanzo vivace e niente affatto lacrimoso. I pazienti, che vivono insieme in una camerata non essendoci stanze private, non socializzano molto fra loro, sia per la diversa estrazione sociale, sia perché le loro malattie non invitano a farlo. Ma talvolta accade che si accenda qualche discussione fra i degenti ed allora si assiste allo scontro fra le diverse mentalità. Nel romanzo viene fatto anche cenno a qualche pudica relazione fra pazienti di diverso sesso. Fra queste c'è anche una delicata storia d’amore, che rimane peraltro a livello platonico, fra il protagonista, Kostoglotov, e la dottoressa che lo ha in cura. Quando alla fine della terapia lei lo inviterà a casa sua, un po’ per le circostanze avverse e un po’ perché teme di non avere niente da offrirle, Kostoglotov rinuncia ad andarla a trovare. Il protagonista sa che quelli che gli sono stati somministrati per iniezione, al fine di debellare il cancro, sono ormoni femminili che gli possono impedire, forse per sempre, le sue funzioni virili. Per quanto la corsia dell’ospedale sia, come si può immaginare specie in URSS, tetra e spartana, mancando spesso dell’essenziale per un ospedale, i personaggi hanno tutti una loro dignità da salvaguardare e sono poco propensi all’autocommiserazione. Il cibo in ospedale è pessimo, ma coloro che sono benestanti e hanno i parenti che abitano in città possono contare su alimenti portati da casa, senza che apparentemente questo crei invidia e rabbia nei meno fortunati. I pazienti del reparto oncologico in URSS vivevano esperienze quasi kafkiane, dato che non venivano mai informati compiutamente della loro malattia e delle cure cui venivano sottoposti. L’autore si pone l’interrogativo di quanto sia giusto nascondere ai malati le diagnosi, perché, se qualcuno preferisce non conoscere il proprio male, altri preferirebbero affrontare la verità per quanto possa essere terribile.
Solgenitsin, oltre che raccontare una storia, la vive insieme al suo protagonista; ciononostante riconosciamogli di saper essere abbastanza oggettivo anche nell'esporre le ragioni di chi non è d'accordo con le sue idee. L'autore, oltre ai pazienti, descrive il personale medico ed infermieristico, distinguendo fra coloro che hanno saputo adattarsi al sistema sfruttando le occasioni per ben sistemarsi e coloro che invece cercano di migliorarlo con critiche costruttive.
Nello spirito primitivo del premio Nobel, i libri di Solgenitsin sono pregni di idealismo. Ciò che Solgenitsin condanna è la corruzione, la superficialità, il qualunquismo che mal si adattano alla sua visione di una scelta di vita ascetica ma piena di disponibilità verso il prossimo. L’eroe di Solgenitsin è quello che, per quanto colpito dalle sventure e dalla perfidia del prossimo, riesce a rimanere ancorato ai propri principi di solidarietà ed abnegazione. Se avete apprezzato di Ursula Le Guin “I reietti dell’altro pianeta”, sappiate che il suo protagonista è molto simile a Oleg Kostoglotov di “Divisione Cancro”. Non mi stupirei se la Le Guin avesse preso spunto proprio da lui per il romanzo che vinse il premio Hugo nel 1975.
Giudizio:+5stelle+
Articolo di Antonio
Dettagli del libro
- Titolo: Padiglione cancro
- Titolo originale: Rakovyi korpus
- Autore: Aleksandr Solzenicyn
- Traduttore: Spano C.
- Editore: Newton&Compton
- Data di Pubblicazione:2010
- Collana: Grandi tascabili economici
- ISBN-13: 9788854119345
- Pagine: 384
- Formato - Prezzo: Brossura - 7.00 Euro