Sogni (1990) di Akira Kurosawa
In questi giorni non sono quasi riuscito a scrivere nulla sul blog. La lunga agonia del Giappone mi colpisce e mi amareggia. Come tanti della mia età sono cresciuto con cartoni animati giapponesi, Goldrake, Mazinga, Lupin III, Lamù. Poi ho imparato ad amare il loro cinema classico, Ozu, Kurosawa, Oshima, Imamura e quello meno classico che andava nottetempo e quasi segretamente su Fuori Orario: Kitano, Tsukamoto, Miike. Ho conosciuto di persona dei giapponesi, che fortunatamente stanno tutti bene e ho continuato ad apprezzare un popolo che più diverso da noi non potrebbe essere. Che cosa spingerà tanti italiani ad interessarsi di Giappone? Non lo so, ma l’attrazione innegabilmente c’è, forse anche solo per compensare la nostra cialtroneria antropologica col sovraumano senso del dovere nipponico o per paragonare la nostra estetica barocca con la loro spoglia eleganza zen che magari esplode in infantili girandole di colori.
Posto un brano di Sogni, di Akira Kurosawa, un incubo che si chiama “Fujiama in rosso”. Dentro c’è già tutto, il terremoto, la minaccia nucleare, le persone che spariscono a centinaia nell’oceano. Non è dono della profezia artistica, per Kurosawa è storia che si ripete, ostinata lotta con gli elementi, acqua, fuoco, terra e vano tentativo di imprigionarli con una tecnologia disumana. Un monito anche per noi occidentali, per questo non vi dico come sempre “enjoy”, ma solo: riflettete bene.