Speciale: Omaggio a Zagor: analisi e tributi
- Omaggio a Zagor: analisi e tributi
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Un eroe sull’orlo di una crisi di nervi
L’eroe con la scure talvolta rimane disorientato nello scorgere l’imbarazzante mescolanza attraverso cui le meschinità si adornano di buoni propositi e nel constatare quali crudeltà abbiano origine dalla buone intenzioni. Spesso lo Spirito con la Scure fatica a distinguere con evidenza bene e male. In Zagor Gigante n. 100 (Il mio amico Guitar Jim), Cico (che in questo caso svolge la funzione di coscienza critica), di fronte all’assedio da parte degli Apache di un gruppetto di bianchi, tenta di dissuadere il suo amico dall’impresa disperata di andare loro in soccorso: “Chi sono gli aggressori, laggiù? Gli indiani che difendono il proprio territorio… o i bianchi che si ritengono in diritto di estendere la loro autorità su ogni lembo di terra di questo paese?“.
In effetti le avventure di Za-Gor-Te-Nay sono sottolineate da certezze sempre traballanti e, anche, da uno strisciante senso di sconcerto legato alla imprevedibilità umana, sterminata e traboccante, sia quando esprime malvagità, turpitudini, infamità che quando diviene eroica o sublime.
Zagor sul lettino di Freud
Ad aggravare i sensi di colpa di Zagor, ad un certo punto della propria storia, subentra la consapevolezza di avere per tanti anni ingannato i pellirossa di Darkwood, usando trucchi da baraccone, per farsi credere un essere sovrannaturale.
È Boselli a interpretare finemente la tumultuosa psicologia di Zagor, facendo confliggere i tumulti interiori dell’eroe in quella emozionante storia che è Il ponte dell’arcobaleno (Zagor Gigante n. 400). Per quanto non sia esplicito, l’avventura pare percorrere le confuse suggestioni e le fila eteree di un sogno. Zagor subisce l’attacco, morale oltre che fisico, da parte dei rappresentanti delle tribù di Darkwood (con l’eccezione dei soli Tonka e di Molti Occhi) sobillati da Dwayan, guerriero Abenaki e, indirettamente dai fratelli di Kinsky.
Lo spirito con la Scure, nella “radura della piccola acqua”, dove è comparso mille volte con i suoi trucchi da illusionista, subisce, stavolta, una sorta di pubblico processo. Le accuse di Dwayan sono quelle di essere: 1) un impostore; 2) il massacratore degli Abenaki; 3) il figlio del responsabile dell’eccidio di Silver Lake. Ma non c’è niente da dire stavolta. Tutte e tre le accuse sono vere. Zagor è profondamente consapevole di questo: sono proprio quelli i fatti alla base del proprio disagio psichico e morale.
Per fuggire alle potenze malvagie, Zagor fugge nel passato, ovvero ritorna sulle sponde del Clear Water dove, accanto ai resti bruciacchiati di una casa, ci sono le tombe dei suoi genitori. Lo Spirito con la Scure recupera i ricordi del passato, si avventura nella ricerca dei fatti dolorosi che permangono nella sua psiche. Al Patrick Wilding divenuto Zagor ricompare il fantasma di se stesso bambino e i fantasmi psichici dei suoi genitori. È evidente che Patrick, per quanto possa credere di avere anestetizzato i ricordi, attraverso una condotta umana altruistica, non è riuscito ancora a liberarsi del passato tragico, peso insostenibile e impietoso sulla propria anima e sulla propria coscienza. Per trovare una giustificazione alle proprie azioni e anche ai comportamenti delle persone a lui più care (il padre), Zagor si rivolge, attraverso la mediazione di Molti Occhi, a una maga, Jayla (ovvero una psicanalista del tempo antico) che convince l’eroe a un viaggio iniziatico, ricco di difficoltà, che lo porterà ad attraversare il ponte dell’arcobaleno, ovvero la passerella che unisce il mondo dei vivi con quello dei morti. Il ponte, variopinto e impalpabile, può essere interpretato come il congiungimento fra la realtà e le ombre dell’inconscio.
Nella storia editoriale di un personaggio come Zagor, contrassegnato da circolarità narrativa, le vicende non sono mai risolutive, e quindi la psiche tumultuosa, e per certi aspetti conflittuale, di Zagor, potrà essere protagonista di altre avventure, purché ci sia l’autore in grado di trattare una materia tanto delicata come merita.
Dilanianti antinomie secondo Sclavi
Il capolavoro compiuto dal creatore di Dylan Dog è stato dunque quello di restituirci uno Zagor realistico in quanto compatibile con il mondo in cui viviamo tutti noi adesso e qui e nello stesso tempo assolutamente fantastico e integrato nel mondo glorioso della fantasia.
Sclavi, in Incubi, riesce, pur mantenendo le caratteristiche strutturali del personaggio, a realizzare una complessa deformazione della struttura narrativa del fumetto seriale. Mettendo in crisi tutte le certezze su cui poggiano le basi dell’eroe tradizionale, l’autore ci restituisce un prodotto unico e speciale, davvero inconsueto nel panorama di questo tipo di pubblicazioni. Ci riesce, di certo, grazie al suo genio, ma può compiere la sua operazione solo perché si trova fra le mani un personaggio assolutamente duttile e plasmabile, un carattere che nelle sue contraddittorie sfumature, nelle antinomie parallele del proprio mondo, nelle barocche figure di contorno, trova la propria intima essenza nonché connaturata ragione di esistenza letteraria.
Seppure, in altre avventure, più usuali contraddizioni e disagi dello Spirito con la Scure rimangano sullo sfondo, sono proprio questi elementi imprescindibili a caratterizzare la creatura di Sergio Nolitta, in maniera distintiva, come un personaggio moderno e complesso.
Eroi post-freudiani
Zagor non è il primo avventuriero (più o meno mascherato) ad abbracciare la strada del bene, motivato da un sentimento di giustizia avverso alla malvagità umana che gli ha tolto affetti cari. Ricordiamo la vicenda umana di Bruce Wayne, che assume le sembianze inquietanti di Batman per impedire che altri debbano subire la sorte dei propri genitori, uccisi da un rapinatore sotto i propri occhi, quando era ancora bambino.
Solo che le motivazioni alla base della nascita della figura di Batman sorgono da una rivalsa morale che ha origine nella ragione piuttosto che nelle motivazioni del profondo.
Il primo attore fumettistico perfettamente post-freudiano è L’Uomo Ragno. Il personaggio, realizzato da Stan Lee e Steve Ditko, nasce dalle braci dei rimorsi di Peter Parker, colpevole di aver lasciato andare via il ladro che, successivamente, si renderà colpevole dell’omicidio del proprio zio, vero genitore adottivo. La fila dei sensi di colpi proseguirà poi con la morte di Gwen Stacy, di cui il supereroe si renderà involontariamente responsabile.
Zagor, che nasce un anno prima de L’Uomo Ragno (Zagor è del 1961, Spider-Man è pubblicato dalla Marvel nel 1962), carico com’è di conflitti e di sensi di colpa irrisolti, si può rappresentare, dunque, come l’araldo di una serie di eroi moderni che arriveranno da lì a poco. Eroi che dovranno confrontarsi non solamente con villain, reali e temibili, ma soprattutto con il terribile oscuro che alligna nelle fibre del proprio animo.
Note:
- Ovvero il 10 luglio del 1969, otto anni dopo la nascita dell’eroe, quando esce in edicola il n. 62 della Collana Lampo, 4° serie, Zagor racconta… [↩]
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