Spectre
di Sam Mendes
con Daniel Craig, Lea Seydoux, Christoph Waltz, Monica Bellucci
Italia, 2015
genere, azione
durata, 150'
In missione per conto della defunta M, che gli ha lasciato un video e un incarico spinoso da risolvere, James Bond sventa un attentato e uccide Marco Sciarra, terrorista legato a Spectre, una misteriosa organizzazione criminale tentacolare. Il suo colpo di testa gli aliena Gareth Mallory, il nuovo M alle prese con pressioni politiche, e Max Denbigh, membro del governo britannico, che non vede l'ora di mandare in pensione i vecchi agenti dell'MI6 e di controllare con tanti occhi le agenzie del mondo. Congedato a tempo indeterminato, Bond prosegue la sua indagine contro il parere di Mallory e con l'aiuto dei fedeli Q e Moneypenny. Tra un funerale e un inseguimento, una vedova consolabile e una gita in montagna, l'agente 007 stana Mr. White, una vecchia conoscenza con crisi di coscienza e una figlia da salvare. Bond si fa carico di entrambe e protegge Madeleine Swann dagli scagnozzi di Spectre, amministrata dal sadico Franz Oberhauser. È lui l'uomo dietro a tutto, è lui il megalomane da eliminare. Madeline la chiave per risalire.
Spectre affonda nelle pieghe dell’animo di Bond: per la prima volta vediamo il suo appartamento, le sue foto da bambino e scopriamo dettagli personali sconosciuti, per non parlare delle varie volte in cui ritorna il nome di Vesper Lynd, la donna che 007 ha amato di più. Sono brevi momenti che contrastano con l’immaginario classico del vecchio Bond, in linea con il reboot della quadrilogia messo in atto da Neal Purvis e Robert Wade per dar vita a un eroe post-moderno, umano e meno mitologico.
Il bello del 24mo Bond è che recupera i cliché, ma li sovverte con humor: si pensi a quando, ordinando il solito Vodka Martini agitato non mescolato, si vede rifilare un beverone salutista, fino alla scena della resa dei conti dall’esito a sopresa e all’abbandono della consueta misoginia, episodio con la vedova Sciarra (Monica Bellucci) escluso, naturalmente. Con un occhio alla tradizione e uno alla modernità, Spectre attua un ribaltamento dell’iconografia, che serve a rendere credibile l’evoluzione finale dell’eroe, il suo soffermarsi a riflettere sul percorso complessivo della sua esistenza.
Con una manovra azzardata, Sam Mendes prende lo 007 che avevamo lasciato in "Skyfall" e lo porta in "Spectre" ripercorrendo passo dopo passo la galleria dei cimeli del suo passato e della sua mitologia, per metterlo di fronte allo specchio (anche letteralmente, in più di un'occasione) e reinventarlo radicalmente, proprio come logica prosecuzione di questo cammino.
E allora ecco che, scena dopo scena, tornano i vodka martini, le Aston Martin - quelle del presente, ma con le levette uscite dagli anni Sessanta e quelle del passato - la Walter PPK, i treni vecchio stile, le Rolls e lo scagnozzo di goldfingeriana memoria, il confronto con le proprie radici: il tutto mentre Bond è costretto a cambiare. Anzi, vuole cambiare: deviare da vecchi stili di vita per abbracciarne di nuovi.
Non è un caso, forse, che abbia un nome proustiano la donna che sarà strumento del suo riconciliarsi col “tempo perduto”, quella Madeleine che gli consentirà di guardare in faccia tutti i fantasmi della sua vita, che gli si ripresenteranno davanti in una scena clou. È, probabilmente, frutto di una scelta ponderata il fatto che le prime scaramucce tra i due si svolgano su un treno, come già era avvenuto tra lui e Vesper in "Casino Royale". Sam Mendes conclude la sua avventura bondiana con un finale nettamente freudiano: è necessario riconciliarsi con quello che è stato per poter aprirsi a un futuro del tutto inedito.
Riccardo Supino