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Arriva nei cinema italiani Spectre, ventiquattresimo titolo della serie di 007
La riscoperta del passato serve per spiegare il presente. E per rendere più credibile un personaggio che rischiava di ripetere stancamente se stesso
di Gaetano ValliniLicenza di uccidere? Non sempre. In fondo, anche 007 ha una coscienza. Almeno secondo Sam Mendes, che è riuscito nell’impresa di dare spessore psicologico a James Bond senza rinunciare a nulla, anzi ravvivandone il mito. Così, dopo il sorprendente Skyfall — nel quale il regista aveva introdotto un Bond consapevolmente attempato, libero dai cliché di genere, più introspettivo, capace persino di piangere — anche Spectre, ventiquattresimo titolo della serie dal 5 novembre nelle sale italiane, prosegue l’interessante percorso di riscrittura, ridando smalto al personaggio nato nel 1953 dalla penna di Ian Fleming. La chiave di questa trasformazione sta nella riscoperta del passato, che diventa essenziale per spiegare il presente e per rendere umanamente più credibile e convincente un personaggio che altrimenti avrebbe rischiato di ripetere stancamente se stesso, come avvenuto non di rado con risultati scadenti. E l’operazione è possibile anche grazie al protagonista Daniel Craig, al suo quarto 007, ormai perfettamente calato nella parte e che nel nuovo corso di Mendes dà corpo a un agente segreto al servizio di sua maestà spietato come sempre eppure non privo di sentimenti, in ciò diversissimo dai suoi predecessori, più o meno affascinanti e temerari ma inconsistenti dal punto di vista dell’introspezione, considerata superflua per un uomo addestrato per uccidere. Tuttavia il rinnovamento non rinuncia alla tradizione. Anche in Spectre i fan ritroveranno gli ingredienti classici di 007, dalla leggendaria presentazione «Bond, James Bond» al Vodka Martini «agitato, non mescolato», dall’Aston Martin DB5 alle invenzioni di un Mister Q ora nel vivo dell’azione, da Moneypenny alle affascinanti Bond-girl — non tutte più giovanissime, come l’avvenente vedova impersonata da Monica Bellucci — e altri richiami disseminati qua e là, non meno riconoscibili. Senza dimenticare l’ingrediente essenziale: l’adrenalina, distribuita a profusione tra azioni pirotecniche e inseguimenti in auto a folle velocità, qui all’ombra del cupolone. Il tutto piacevolmente miscelato in una vicenda che, lasciate ormai da parte le datate atmosfere da guerra fredda, non dimentica gli ultimi capitoli, quelli con Craig protagonista, riagganciandosi direttamente al precedente.La trama richiama infatti in scena, sia pure per un brevissimo video, la defunta M (Judi Dench), che affida a Bond — in realtà posto in congedo a tempo indeterminato — la sua ultima missione. Un incarico che porterà 007 a scontrarsi con una pericolosa organizzazione terroristica, la Spectre, anche questo un ritorno, che vuole impadronirsi del mondo attraverso il controllo globale delle informazioni. Un piano diabolico che procede mentre a Londra un arrogante Mister C per conto del governo cerca di smantellare, nonostante l’opposizione del nuovo m (Ralph Fiennes), la sezione “doppio zero” dell’MI6, mandando in pensione tutti gli agenti per affidare ogni compito di intelligence alle nuove tecnologie; un “grande fratello” planetario, ma con scopi tutt’altro che pacifici.La missione di Bond comincia da Città del Messico — dove, nel giorno dei morti, è ambientato il tradizionale prologo del film, uno dei meglio riusciti della serie — per proseguire a Roma, sulle alpi austriache, a Tangeri e infine a Londra, inseguendo Franz Oberhauser (Christoph Waltz), il megalomane capo della Spectre. Con il quale scoprirà di condividere una parte di quel passato finora sconosciuto che le ultime due sceneggiature stanno intelligentemente facendo riemergere. Un passato che in Skyfall riportava alla figura materna dell’infanzia di Bond e che in Spectre, invece, richiama quella paterna. Ciononostante sarà sempre una donna la chiave di tutto: la giovane dottoressa Madeline Swann (Léa Seydoux), figlia di un vecchio nemico di 007 e affiliato alla Spectre, che riuscirà a scalfire l’apparentemente impenetrabile corazza dell’agente segreto, facendo leva sulla sua coscienza. Al punto da indurlo a riflettere seriamente sulla sua vita e sul suo futuro. Ci riuscirà? Mendes, dunque, coglie nuovamente nel segno, nonostante errori veniali e perdonabili incongruenze. E seppure quest’ultimo titolo della serie risulti meno intrigante dal punto di vista psicologico rispetto al precedente, vi si coglie comunque l’urgenza narrativa di dare un’anima al personaggio, così come di attualizzarlo per non farlo apparire anacronistico dopo oltre cinquant’anni di attività. E in questo il regista compie un’operazione di cinema vero, che cita se stesso senza risultare banale o ridondante, anzi trovando forza proprio nella ripetizione di ciò che rende unico il marchio 007. Un marchio amato da generazioni di spettatori. I quali sanno che nonostante non esiti a uccidere — un assassino, come gli ricorda l’ultima fiamma — James Bond in fondo sta sempre dalla parte giusta. Del resto è il destino di tutti i supereroi, e anche 007 in qualche modo lo è. Il loro è un lavoro sporco, ma qualcuno, al cinema e nei fumetti, deve pur farlo.(©L'Osservatore Romano – 5 novembre 2015)
Per chi volesse, ecco il link alla recensione di Skyfall
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