Critica dell'Illuminismo: 8 Tesi.
di Norbert Trenkle
1 - La "Dialettica dell'illuminismo" ci ha reso senza dubbio consapevoli del lato irrazionale della ragione illuminista. L'origine di un tale carattere bifronte, per Horkheimer e Adorno, va riferito al mancato distacco con la natura. L'Illuminismo, ragione moderna e razionale, la cui nascita viene fatta risalire all'antica Grecia, sarebbe il risultato di uno sforzo degli uomini volto a superare la loro paura nei confronti della natura - distinguendosi però anche dal mito, che rappresentava già un primo modo di gestire una tale paura. Nella misura in cui il mito possiede ancora i tratti di un adattamento alla natura e alle sue forze (mimesi), l'Illuminismo ne prende nettamente le distanze. La genesi dell'individuo auto-identico e razionale si fonda allora sulla negazione del fatto che egli si trovi sotto l'influenza della natura, ed è proprio una tale negazione ad essere la fonte della violenza e dell'irrazionale, ed a costituire di conseguenza il lato oscuro dell'Illuminismo sempre pronto a riemergere in qualsiasi momento. Il pericolo principale risiede nel brusco ritorno di questo rimosso. L'Illuminismo, così come la società fondata su di esso, rimane in questo modo una costruzione precaria. Per il suo completamento, occorrerebbe che gli individui e la società riflettessero sul rimoso e che avesse luogo una riconciliazione con la natura interna ed esterna.
2 - L'enorme salto qualitativo compiuto dalla "Dialettica dell'Illuminismo", sta nel fatto che analizza "l'altro della ragione" e la minaccia che esso rappresenta. Ovviamente, anche il pensiero razionalista volgare non ha mai perso di vista il fatto che la ragione si trova costantemente sotto la minaccia di una possibile insorgenza dell'irrazionale, ma lo interpreta in maniera puramente leggittimatrice. Dal suo punto di vista, gli sembra che, sotto la sottile patina della civiltà, si muova ancora la "natura umana" primitiva, che mostra sempre di nuovo la sua faccia truce, e che pertanto va incessantemente combattuta e repressa. Tutto questo non ha molto a che vedere con un'autocritica dell'Illuminismo. Al contrario: invocando l'opposizione irriducibile fra natura e cultura, la ragione non fa altro che affermare il proprio punto di vista. Il dominio (ed il controllo del sé individuale) vengono dichiarati necessari al fine di prevenire lo scatenamento delle forze naturali ed impedire loro di riemergere. Un ragionamento che può facilmente allearsi ad un punto di vista razzista e culturocentrico, a partire dal quale tutte le altre culture, le culture non occidentali, appaiono sotto l'influenza della natura e dei sensi, e devono pertanto essere "civilizzate" - se necessario con la forza.
3 - L'elemento dialettico che Horkheimer e Adorno apportano, consiste nel ritorcere un tale schema di pensiero contro l'Illuminismo stesso. Per loro, ciò che minaccia la cultura, non è affatto la natura o l'elemento barbaro che c'è nella natura, ma la rimozione brutale e la repressione del naturale. Violenza e dominio sono quindi inscritti nella stessa ragione moderna, che si trova a questo punto sotto l'impero della natura dalla quale, fin dall'inizio, non è affatto riuscita a staccarsi. Ma Horkheimer e Adorno, per quanto aprano delle vaste prospettive per una critica fondamentale dell'Illuminismo, rimangono tuttavia sotto molti aspetti prigionieri del suo universo mentale. Ciò riguarda in primo luogo il concetto stesso della ragione dell'Illuminismo, che la "Dialettica dell'Illuminismo" intende in maniera trans-storica. Spostando l'origine della razionalità moderna e facendola risalire all'antichità greca, anziché situarla nel processo di costituzione della modernità capitalistica, Horkheimer e Adorno ne confondono i tratti specificamente storici. Facendo loro la concezione per cui, prima dell'avvento della ragione moderna, l'intera umanità sarebbe vissuta nelle tenebre della naturalità o sarebbe stata schiava del "mito". La ragione moderna e razionale viene scambiata per la sola forma di ragione che sia mai esistita. Horkheimer e Adorno restano in questo modo sotto l'influenza della pretesa universalistica ipertrofizzata dell'Illuminismo, e la sopravvalutano facendone l'unica forma di ragione - cioè a dire di pensiero riflessivo e critico - finora conosciuta. Ma malgrado tutto: guardando al lato oscuro dell'Illuminismo, vanno oltre l'Illuminismo.
4 - Se noi oggi consideriamo la ragione dell'Illuminismo per quel che è - una forma di riflessione storicamente specifica, propria alla modernità capitalistica - quello che appare in maniera diversa, rispetto ad Horkheimer e Adorno, non è solo la storia della sua costituzione, ma anche la sua dialettica interna. Certamente, la delimitazione brutale rispetto alla natura, e la pretesa a dominare la natura (o quel che appare come tale), sono dei momenti costitutivi. Ma tale demarcazione non ha avuto assolutamente luogo all'inizio del pensiero e della riflessione razionale; essa interviene per la prima volta solo con la nascita della società borghese. IL rifiuto inorridito della natura è essenziale per l'edificazione di una ragione che ambisce a ridurre il pensiero ad un'attività pura, disincarnata e staccata dai sensi (Cartesio, Kant). Tuttavia, questa riduzione non è affatto l'espressione di una separazione originale dalla natura, ma è il risultato dovuto al fatto che la mediazione sociale si va ad allineare sul principio astratto del valore e sul principio del lavoro astratto. L'Illuminismo "inventa" quindi questa natura minacciosa da cui poi bisogna distinguersi brutalmente, e questa "invenzione" rappresenta un atto inconscio. Questo non vale soltanto per la "natura esterna", che la tecnica permette di rendere sfruttabile e distendere sotto il bisturi sul tavolo operatorio. Ancora più decisiva per la costituzione del soggetto moderno (definito strutturalmente come "maschile") risulta la lotta violenta contro la "natura interiore", in altre parole, contro la presunta vulnerabilità dell'essere umano nei confronti della propria sensualità. Dissociata dal soggetto e proiettata verso un "altro" costruito per l'occorrenza (le "donne", i "popoli primitivi"), la natura interiore viene vista, per mezzo di questo "altro", allo stesso tempo idealizzata e disprezzata, desiderata e combattuta. Sessismo e razzismo sono in tal senso indissolubilmente legati alla costituzione del soggetto dell'Illuminismo.
5 - Pertanto, la critica dell'Illuminismo cambia il punto di vista. Lungi dall'essere un primo tentativo, tragico ed infruttuoso, volto alla costituzione di una ragione trans-storica, l'Illuminismo si rivela pienamente parte della forma capitalista del dominio astratto. Questo riposizionamento storico permette una critica dell'Illuminismo, e dei suoi risvolti irrazionali, infinitamente più precisa ed incisiva, suscettibile di essere rapportata al processo di sviluppo del capitalismo. Viceversa, non impedisce in alcun modo di riconoscere che alcune categorie dell'Illuminismo contengono degli innegabili momenti di liberazione sociale. L'individuo, in particolare, rappresenta una liberazione in rapporto alla strettezza delle norme e delle condizioni di vita tradizionale estremamente vincolanti; l'universalismo punta ad una società mondiale senza frontiere; e la pretesa della ragione critica di rovesciare tutte le verità indiscusse e le certezze religiose, merita di per sé, assai evidentemente, la nostra approvazione. Malgrado tutto, non va perso di vista il fatto che questi momenti sono sempre incorporati in delle categorie che riproducono, perfino nella loro stessa configurazione, le strutture del dominio astratto del valore. L'individuo capitalista è essenzialmente individuo della concorrenza che mette all'opera, sia nella sua propria persone che in quella degli altri membri della società, il processo di oggettivazione; l'universalismo astratto, a causa del suo carattere interno, fa della relazione formale astratta un contesto di dominio universale materializzato non solo per mezzo del mercato mondiale, ma anche attraverso le forme capitalistiche di azione e di pensiero; quanto alla ragione critica, essa legittima la sottomissione a dei principi a priori (Kant, Hegel) e, di conseguenza, non riesce ad affrancarsi dalla metafisica, ma rappresenta piuttosto una forma di religione secolarizzata. A questo si aggiunge anche il fatto per cui le categorie contengono sempre anche le antitesi dissociate, di cui non possono sbarazzarsi dal momento che si trovano all'interno della matrice del dominio astratto: il desiderio di voluttuosa sottomissione al collettivo, il rifiuto del sensibile (concepito allo stesso tempo inferiore e come minaccia, e comunque reintegrato in quanto strumento), le diverse forme di religiosità e di irrazionalità, ecc..
6 - Il pensiero emancipatore, quindi, non saprebbe riferirsi in maniera ostinatamente positiva alle categorie dell'Illuminismo; neppure nel senso che l'Illuminismo rimarrebbe incompiuto nel capitalismo e dove la sfida consisterebbe nel portarlo a termine, come crede la sinistra tradizionale e come ciò ossessiona tutti i suoi ideali (largamente diffusi), secondo i quali solo una società non capitalista potrebbe permettere di realizzare la "vera democrazia" ed i diritti dell'uomo. Quando si considera il superamento del capitalismo in termini di realizzazione dell'Illuminismo, vediamo tutte le forme di pensiero e di azione che gli sono associate, e tutte le forme di mediazione sociale che ad esso si appoggiano, insinuarsi surrettiziamente nelle nostre rappresentazioni di una società liberata (soggetto, uguaglianza, diritto). Al contrario, bisogna fare in modo che la critica della società capitalistica non risparmi nemmeno l'Illuminismo. Quanto a quei momenti che esso contiene e che puntano alla liberazione sociale, vanno passati al setaccio della critica dell'Illuminismo e delle sue categorie. Questi momenti non sono affatto da "realizzare" ma, come il modo di produzione ed il modo do vita capitalista, da superare [aufheben], nel triplo senso hegeliano del termine. Del resto, non è certo che si possa attribuire "ai Lumi" il merito di tutto quello che la società borghese ha potuto produrre in termini di momenti tendenzialmente promettenti. Una parte non trascurabile di tali momenti provengono infatti dalla critica delle forme capitalistiche di dominio, anche se, spesso, è stato invocando l'Illuminismo, la democrazia ed i diritti dell'uomo che si è arrivati a delle azioni di giustizia e si è combattuto. Nel quadro dell'Illuminismo, è possibile un'altra dialettica, che consista nell'opporre senza tregua la realtà effettiva alle pretese che, per esempio, stigmatizzano la violenza statale ed invocano i diritti dell'uomo (a dispetto del fatto che lo Stato ha come compito quello di mantenere le forme capitaliste, esercitando una violenza spietata quando ce n'è bisogno), oppure che denunciano, questa volta nel nome della democrazia, il fatto compiuto di una messa sotto tutela di tutta la società, da parte del processo cieco della logica della valorizzazione. Generalmente, la sinistra tradizionale ha tacciato di idealismo questo tipo di accuse, in quanto oppongo gli ideali alla realtà. Inversamente, si considera come materialista il punto di vista secondo cui la borghesia avrebbe tradito i suoi propri ideali per consolidare il suo dominio di classe, e che la sfida oggi consisterebbe nel realizzare, nel socialismo o nel comunismo, i principi, di per sé buoni, dell'Illuminismo (anche Adorno era di quest'avviso, tranne che per il dettaglio che non nutriva alcuna speranza nel movimento comunista).
7 - Dal punto di vista di una critica radicale dell'Illuminismo, le cose si presentano in maniera un po' differente: laddove si critica la realtà capitalista in nome dei Lumi e di diritti dell'uomo, non è raro che intervengano anche una serie di impulsi e di modelli di emancipazione sociale che non fanno affatto parte delle categorie dell'Illuminismo, per quanto lo sostengano. Quest'eccedenza ha indebitamente costituito un importante motore della modernizzazione capitalista, ma alla fine la disillusione è stata inevitabile. Poiché si è sempre fatta molta attenzione a concretizzare soltanto una parte degli ideali, essenzialmente quelli che potevano allearsi con la logica capitalistica e conformarsi alle sue forme. La spinta all'individualizzazione di questi ultimi quarant'anni ne costituisce un buon esempio: ha certamente spazzato via le ristrettezze soffocanti del dopoguerra, ma non senz'avere allo stesso tempo l'effetto di aggravare fino all'insostenibilità la concorrenza atomizzata e l'auto-regolazione di ciascuno. Questi effetti finora sono stati mitigati - seppure parzialmente - nel quadro sociale, economico e politico relativamente favorevole, nei centri capitalisti, aprendo così all'emarginazione individuale un margine indiscutibile, che non possiamo accontentarci di denigrare in blocco come utile ai disegni del capitalismo. Va da sé che queste condizioni sociali sono preferibili a quelli che hanno avuto luogo nelle dittature, nei regimi repressivi o nei paesi poveri. Tuttavia, si avrebbe torto a vedervi la prova delle "conquiste dell'Illuminismo". Sono state piuttosto l'espressione di un insieme di condizioni storiche ben determinate, di cui oggi la crisi ha fatto tabula rasa. Perciò, non è un caso se si fa di nuovo sentire fortemente il bisogno di identità collettive, un bisogno mai scomparso che viene soddisfatto dalla religione, dall'etnicismo e dal nazionalismo. Nell'ottica dell'individuo isolato, rifugiarsi in seno a simili collettività non è così irrazionale come si potrebbe credere; vi si trova in effetti quella sicurezza personale (ed in parte anche materiale) che, fra uno Stato-provvidenza che va in pezzi ed una concorrenza di crisi esacerbata, non può più essere trovata in nessun altro posto. A ciò corrisponde, d'altra parte, il fatto che la ragione liberale mostra sempre più apertamente il suo carattere di dominio, per esempio attraverso la messa in opera di un discorso autoritario sui valori ed il cui scopo si riassume innanzitutto nelle tristemente celebrate virtù secondarie borghesi *. A tal riguardo, la crisi ha fatto riapparire in tutta la sua evidenza la doppia orribile faccia - che, nei paesi del nucleo capitalista, aveva potuto essere per qualche tempo parzialmente nascosta - dell'Illuminismo e dei suoi risvolti irrazionali.
* Nota: bürgerlichen Sekundärtugenden. In seguito alla disputa tedesca intorno al positivismo, nella seconda metà del XX secolo, questo termine designava le virtù che, al contrario delle virtù primarie o "cardinali" (prudenza, temperanza, giustizia, coraggio), non avevano di per sé valore etico, ma nondimeno contribuivano, concretamente e nel quotidiano, al buon funzionamento della società borghese. Ne sono esempi, il senso del dovere, la disciplina, l'obbedienza, la puntualità, la lealtà, la cortesia, ecc..
8 - In piena crisi del capitale, l'impulso soggettivo a liberarsi dal dominio non si è molto indebolito. Al contrario, si manifesta dovunque. Tuttavia, il quadro nel quale esercita i suoi effetti è profondamente cambiato. Durante la fase di ascesa del capitalismo, si poteva ancora ricollegare al processo della modernizzazione, nel corso del quale diveniva, poco a poco, un elemento al servizio del capitalismo, e poteva allo stesso tempo venire neutralizzato in qualsiasi momento. Ma con la crisi del capitale, i margini di manovra offerti dalla modernizzazione capitalista si sono ormai esauriti. Da qui, la comparsa di nuove linee di conflitto. Ciò che spinge alla ribellione, sono da un lato le condizioni di vita sociale ed economica sempre più insostenibili, dall'altro la repressione statale e securitaria (corruzione, ecc.). Di fronte a tutto questo, i movimenti che si presentano nel nome della democrazia e dei diritti dell'uomo non possono che fallire su tutta la linea; dal momento che quello cui aspirano - penso qui alle diverse rivoluzione "arancioni" ma anche, beninteso, alle "primavere arabe" - è un capitalismo democraticamente e socialmente smorzato di cui oggi ci si sbarazza sempre più, ivi compresi i paesi del nucleo capitalista. Questo significa che, per tali nuovi movimenti, anche i successi relativi dei "movimenti classici della modernizzazione" sono definitivamente fuori portata. Bisogna tuttavia ben capire che non sono le loro rivendicazioni in quanto tali ad essere erronee, né i motivi e gli impulsi sottesi a queste rivendicazioni, ma solamente la forma nella quale tutto questo si articola. Senza una simile distinzione, esiste il rischio che delegittimando la democrazia e lo Stato di diritto, si sacrifichino al tempo stesso i contenuti che rivestono e che non si integrano in queste forme. Questo preparerebbe la strada ad una gestione autoritaria della crisi ed al mostro dell'irrazionalismo. Ecco perché oggi, in quest'epoca di crisi del capitale, una critica emancipatrice dell'Illuminismo è più urgente che mai; mentre l voler difendere, proprio adesso, l'Illuminismo contro i suoi nemici apparentemente esterni è un errore e non costituirebbe altro che una parvenza di difesa contro la "barbarie". L'Illuminismo non è tagliato per svolgere questo ruolo di baluardo: il suo quadro di validità si disintegra simultaneamente al capitalismo.
- Norbert Trenkle - pubblicato su "Streifzüge" , n°56, 2012 -