By Giorgia de Colle on febbraio 7th, 2013
La speleologia negli ultimi decenni ha fatto dei passi da gigante: dalle scalette si è passati alle tecniche su corda, è nata la Scuola Nazionale di Speleologia, nuovi impianti luminosi non inquinanti, migliaia di “punti di domanda” risolti sui nostri rilievi.
E’ il momento di tirare le somme di ciò che è stato fatto; di cosa ha bisogno, ora, la speleologia italiana ed internazionale?
Divulgazione, ricerca scientifica e, soprattutto, nuovi giovani appassionati.
Tutto questo è racchiuso a Trieste, in una struttura unica nel suo genere: lo Speleovivarium.
Lo Speleovivarium è frutto della geniale intuizione della Società Adriatica di Speleologia, che, nel 1990, ha ben pensato di situare un museo, interamente dedicato a tutti gli aspetti dei fenomeni carsici, all’interno di un rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale.
La struttura, oltre ad essere la destinazione ideale per chi di carsismo e speleologia voglia saperne di più, è, soprattutto, l’unico luogo in cui studiosi e ricercatori possono analizzare e studiare la fauna e la flora ipogee senza dover obbligatoriamente percorrere gli ambienti ostili del Mondo Sotterraneo.
Infatti, una volta oltrepassata la soglia del museo, ciò che immediatemente colpisce gli ospiti, sono la semi-oscurità, l’alta percentuale d’umidità e la temperatura costante di circa 10 gradi.
L’abilità e creatività degli allestitori della mostra, ha fatto si che lo spettatore cammini in un ambiente molto simile a quello ipogeo; lungo il percoso, si possono ammirare i principali animali presenti nelle nostre grotte: prima i troglosseni, poi i troglofili, ed infine, situati nella zona più oscura dello Speleovivarium, per la gioia dei bambini e non solo, i troglobi, tra cui il magico Proteus Anguinus, il Piccolo Drago.
Conclusasi la prima sezione del museo, si entra nel settore riguardante i fenomeni carsici, segue la parte dedicata alle tecniche di progressione in grotta ed alla storia della speleologia, ed infine l’area, ricca di documentazione, riguardante l’attività di speleologia urbana triestina.
Chi vi scrive, mercoledì 6 febbraio 2013, ha avuto il piacere di assistere ad una visita guidata allo Speleovivarium, tenutasi dalla dottoressa Federica Papi, preparatissima biologa-speleologa specializzata in carsismo, fauna e flora ipogee.
La gita era rivolta ad una classe dell’Istituto di Scuola Media “Manzoni” di Trieste, che, durante la mattinata, ha assistito alle vivaci ed originali spiegazioni della dottoressa che, nonostante la risaputa vivacità degli alunni di prima media, ha interessato ed interagito con I presenti.
Per rendere la visita ancor più stimolante, i ragazzi hanno avuto la possibilità di sperimentare in prima persona, con divertentissimi esperimenti, la dissoluzione chimica delle rocce calcaree, il principio dei vasi comunicanti e molti altri concetti complessi che la dottoressa ha saputo spiegare con lampante semplicità e simpatia.
Poco prima della conclusione, la nostra ormai affezionata Federica, ci ha accompagnati nel settore non illuminato dello Speleovivarium ed assumendo agli occhi dei ragazzini, le vesti di un’abile prestigiatrice, ci ha estasiati mostrandoci la reazione acqua-carburo, facendo divampare una fiamma d’acetilene che, per un attimo, ha illuminato tutta la galleria e gli sguardi increduli dei presenti.
Inutile descrivere l’entusiasmo della classe, che tra un misto di timore e fascino, probabilmente si sta chiedendo tutt’ora come dev’essere camminare nelle grotte, alla luce della lampada a carburo, alla ricerca di ricchi tesori ed animali fantastici.
Chissà… magari, grazie allo Speleovivarium ed ai carismatici che vi lavorano, avremo una nuova generazione di promettenti ed appasionati speleologi.
Per tutte le informazioni necessarie, indirizzo ed orari d’apertura, visitate il sito della Società Adriatica di Speleologia:
http://www.sastrieste.it/SitoSAS/Viva.html
Concludo invitando tutti gli appassionati, non solo di grotta, ma di Natura in generale, a visitare lo Speleovivarium: sono sicura che, come a me, saprà regalarvi grandi emozioni.
Giorgia de Colle