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"...Ritornando alle vostre case volgiate portare alle vostre madri, le vostre spose ed a i vostri figli la speranza di un destino più alto e più lieto, il sereno conforto di una parola di amore e di pace..."
Queste sono le parole di chiusura del celebre discorso che Adriano Olivetti fece alla vigilia del Natale 1955 ai suoi lavoratori ed è proprio questa "speranza di un destino più alto e più lieto" su cui mi vorrei soffermare in questo post.
E' da un po' che sto facendo delle riflessioni sulla visione di azienda di Olivetti.
La mia generazione (x-generation) la Olivetti degli anni 50′ non l'hanno mai vista ed è cresciuta sul mito "nuovo è meglio", nel nostro immaginario l'azienda di Ivrea è rilegata alla macchina da scrivere presente sulla scrivania del mio papà.
Eppure rileggendo i vari discorsi, archivi, immagini, ecc. mi sono reso conto che questo imprenditore ha trasformato il messaggio di "speranza di un destino più alto e più lieto" in solida realtà fatta di nuovi modi di concepire il lavoro, di responsabilità sociale di impresa, di innovazione, ecc. e non l'ha fatto da utopista ma facendo, di una piccola fabbrica sorta in Piemonte ed ereditata dal padre, una delle più grandi multinazionali italiane che nel 1960 (anno in cui Adriano Oliveti morì) contava sedi in tutto il mondo e 36000 dipendenti.
Qual' è il segreto di Olivetti non lo so, come sempre andrà ricercato in un mix di elementi (innovazione, periodo storico favorevole, fortuna, tecnologia, ecc.)
Quello che mi ha impressionato è quanto il suo modo di concepire l' azienda ed il suo fine sia tornato di moda dal 2007 ad oggi.
"questa macchina organizzativa ha un solo fine: assicurare a questa fabbrica e per chi vi lavora, più sicurezza, più libertà e più benessere."
E questo bel "fine" Olivetti lo ha trasformato in orari di lavoro ridotti, aumenti salariali, fabbriche costruite dai migliori architetti dell'epoca, biblioteche per i dipendenti, asili aziendali, case per gli operai tutte operazioni che dal punto di vista "Profit & loss" sono dei costi ma che hanno consentito di aumentare la produttività del 500% nell'arco di due anni, di essere i primi ad avere gli
"olivetti store" segno del design italiano in tutto il mondo, di competere con IBM nel mercato dei PC (nel 1964 fu creato il primo pc da tavolo "perottina" ne furono esportati 40000 solo in un anno) Tutta una serie di primati e di innovazioni tali da far pensare a più di una similitudine tra Adriano Olivetti e Steve Jobs.
"organizzando le biblioteche, le borse di studio ed i corsi di molte nature in misura che nessuna fabbrica ha mai operato abbiamo voluto indicare la nostra fede nella virtù liberatrice della cultura, affinché i lavoratori, ancora troppo sacrificati da mille difficoltà, superassero giorno per giorno una inferiorità di cui è colpevole la società italiana....
Queste mete importanti non sostituiscono né il pane, né il vino e non ci sottraggono al dovere importante di lottare strenuamente alla ricerca di un livello salariale più alto."
Insomma un lavoro, una impresa, una vita che si fa carico di vari bisogni (materiali e culturali) sostituendo in parte anche il ruolo della società.
"Questa duplice lotta nel campo materiale e nella sfera spirituale è l'impegno più alto e la ragione stessa della mia vita. La luce della verità risplende soltanto negli atti non nelle parole"
In questo momento di recessione dove sono all'ordine del giorno scelte dolorose di sacrificare migliaia di posti di lavoro il modello di azienda Olivetti ci sembra distante anni luce e la tentazione di rilegarlo ad un periodo storico particolarmente favorevole è forte.
Ma è proprio dopo la crisi del 2007 che il mondo dell'economia sta pensando a nuovi modi di fare azienda che per molti aspetti traducono in "belle parole" le scelte che Adriano Olivetti ha fatto oltre 60 anni fa.
Aziende che non sono solo macchine per generare profitti e che combinano la logica finanziaria con quella sociale sono, almeno in molti convegni, i modelli a cui ispirarsi e fortunatamente gli esempi ed risultati cominciano ad arrivare (per dettagli si veda HBR novembre 2011).
Di fatto quello che Olivetti ha fatto ad Ivrea e quello che stanno predicando oggi professori del calibro di M.Porter e R.Moss Kanter è che l'economia è fatta per l'uomo e a questo deve essere asservita, se perdiamo di vista questa verità c'è il rischio che quello che facciamo, il nostro lavoro, le nostre passioni perdano di senso, perdiamo di vista il motivo profondo per cui esistono le aziende: creare valore per gli azionisti, per i dipendenti e per la società nel suo complesso.
"Siete voi lavoratori delle fabbriche, architetti ed ingeneri che, dando vita al mondo moderno, al mondo del lavoro dell'uomo e della sua città plasmate nella viva realtà gli ideali che ognuno porta nel cuore: armonia, ordine, bellezza, pace; essi bruciano in una fiamma che ci è stata consegnata e che conviene a noi come servitori di Dio alimentare e proteggere. I più, i più innocenti, i migliori sanno che dal loro sacrificio di oggi, potrà nascere qualcosa di nuovo e di grande che le speranze dei nostri figli non andranno deluse, che il seme non fu buttato su una arida roccia".
Con questa ultimo stralcio dal discorso di Olivetti chiudo questo breve post.
In questo periodo fatevi un regalo prendetevi 10 minuti per leggere l'intero discorso, a me ha riempito di orgoglio e di speranza
Buon 2012
Ugo Papagni