Spese enormi per i rimediare ai danni ambientali del Progetto Agip nel Delta del Po: ecco la relazione 2009 del Consorzio di bonifica. E i rischi immensi degli scavi nell’Alto Adriatico: lagune a rischio, spiagge deformate e dissestate, Venezia sbranat...

Creato il 24 novembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Il miraggio del profitto alla faccia dell’ambiente, della corsa all’oro impalpabile – il gas, etereo, sfuggente,

Il Delta del Po bucherellato da un centinaio di pozzi per l’estrazione di gas

così prezioso e pericoloso – è costato caro. Per quanto si capisca che l’approvvigionamento sia una necessità nazionale, qualcuno ha esagerato. La relazione del direttore dei Consorzi di bonifica Delta Po Adige e Padana polesana Lino Tosini (2009) sul rischio subsidenza legato al progetto Agip parla chiaro (Il testo si può scaricare qui). Fra gli anni Cinquanta e Sessanta sono stati scavati un centinaio di pozzi di metano nel Polesine, fra Mardimago, Gnocca e Gnocchetta, e più a Nord, nel Delta, Boccasette.

Il risultato è stato “disastroso”, come lo definisce il direttore Tosini: l’abbassamento del terreno fu mediamente di due metri con punte di tre metri. La manipolazione dei territorio a scopi commerciali rese necessario

il rifacimento della rete idraulica di bonifica, e inoltre gli impianti idrovori furono resi inservibili. Il progetto Agip, semplicemente, devastò il territorio e le sue caratteristiche. Il lavoro compiuto dalle opere di bonifica in vari decenni fu reso inutile, anzi distrutto da una devastazione accecata dall’azienda nazionale accecata dalla ricerca di gas metano.

Deve tanto annebbiare le menti il gas metano? E’ necessariamente questo il significato di una giusta, ma insostenibile ricerca di metano? Non ci si è pensato prima, naturalmente. Si è proceduto come panzer. E poi si sono dovuti pagare i danni.

Quante volte in Italia si è proceduto in questo modo? Non che l’Agip sia un elefante in un negozio di cristallo. Gli elefanti sono troppi ormai. E’ il modo di fare che fa paura a questo punto. Se questa è la nostra storia e se così andremo avanti, trivellando, scavando, incuranti dell’ambiente, pagheremo i danni e non ci sarà sviluppo. La ricerca di energia – come molti sostengono oggi – dovrebbe cercare altre vie.

Quante spiagge saranno ridotte così?

Altri effetti del bel progetto Agip: degrado delle lagune, delle arginature, aumento del cuneo salino a causa dell’abbassamento del livello dei fiumi. L’acqua del mare dunque risaliva ancor più dentro il Po, a causa del basso livello e della bassa forza del Po. Era più forte l’alta marea, la massa del mare. Il Po ha pagato anch’egli a caro prezzo il maltrattamento del territorio.

Intanto le opere necessarie per rimediare allo sconvolgimento del Delta del Po costano quattro miliardi di euro, e dato che viviamo in un periodo di recessione la notizia non ci fa sorridere di felicità.

Ma l’Agip ha provveduto – e perché no, visto che non ci si ferma davanti a niente – anche a progettare scavi in mare, per estrarre prezioso gas. E’ l’obiettivo del brillante progetto Agip Alto Adriatico.

Il risultato di simili escavazioni nel fondale marino sarebbe la depressione del medesimo. Anche il collegio degli Ingegneri di Venezia ha avuto di che ridire su questo progetto, e gli stessi tecnici dell’Agip hanno ammesso che c’è qualche problema. Altro che. L’equilibrio fra i detriti trascinati dal Po e l’abbassamento anomalo della piattaforma marina, a causa degli scavi, può causare danni seri al turismo. Le spiagge infatti si possono abbassare, per fare un esempio, come risulta dalle foto.

Questi abbassamenti del fondo marino potrebbero funzionare come “trappole”, come una sorta di buchi neri liquidi, che ingoiano il materiale trasportato dalle onde. Non è del tutto provato che finisca così, naturalmente: si tratta di uno scenario verosimile che potrebbe però verificarsi, non si sa fino a che punto. Il rischio che si corre è vedere le spiagge e i litorali marini a loro volta logorati e deformati, come nella foto. Le mareggiate poi trasporterebbero i materiali che si spostano sul fondale, sino a incontrare le voragini di cui sopra.

L’erosione delle spiagge non è comunque una mera ipotesi: è un fatto verificatosi lungo il litorale ravennate, nel tratto mostrato dall’impietoso click di un sagace fotografo. Quanti altri casi simili si potranno vedere in futuro?

Non è solo questione di turismo. Le stesse lagune sono in pericolo. Se questo è il futuro, le idrodinamiche che rendono possibili le lagune saranno modificate pesantemente. E’ anche possibile che spariscano le lagune, e che la coltivazione di vongole e altri frutti del mare diventi un ricordo. Una volta realizzate le famose estrazioni in mare, l’Adriatico non sarà più come prima. Pesanti guai anche al territorio: il cuneo salino troverà meno ostacoli e l’acqua del mare potrà addirittura desertificare intere zone, infiltrandosi per ampli tratti e guastando il territorio coltivabile. E’ questo che vogliamo? E per questo che ci stiamo battendo? Stiamo lottando per un avvenire demenzialmente autolesionistico? E vogliamo parlare di quel che attenderebbe la laguna di Venezia? Un prodigio architettonico in balia di una compagnia energetica, minacciato e distrutto per un pugno di dollari in più? Dove viviamo? Chiusi in una banca d’affari?

La relazione del direttore Tosini consiste di sei semplici pagine. Tutte da leggere e meditare.


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