Il tentativo di Apple, Google, Facebook e compagnia cantante di apparire al grande pubblico bue come numi tutelari della privacy sarebbe patetico se non facesse parte di un grande inganno, così ovvio e scoperto da essere quasi un autoinganno che l’uomo della strada perpetrata su stesso. Il no della mela morsicata alla richiesta dell’Fbi di accedere appartenente ad un degli uomini responsabili della strage di San Bernardino, sa di mossa puramente mediatica non a caso seguita a ruota dai tutti i grandi mistificatori della rete. Non è male fare bella figura quando si sa benissimo della compravendita degli account, delle possibilità di controllo concesse ai servizi, delle profilazioni accanite degli utenti. soprattutto non è male far credere di proteggere come Don Chisciotte i contenuti, senza dire o sottolineare che questi sono abbastanza superflui per il controllo.
Ciò che conta non è la comunicazione in sé, ma i metadati sulla comunicazione come i numeri che si chiamano e quelli da cui ci giungono le chiamate sia vocali che testuali, la geolocalizzazione istante per istante che può persino rivelare se stiamo andando in auto, in treno , a piedi o in bicicletta, i siti web visitati, la rete di contati mail e via dicendo. Su questo sono state fatte numerose prove e si vede benissimo che una settimana di questi dati, adeguatamente messi in relazione, permette una profilazione accurata di chiunque, compreso il lavoro, i gusti, la famiglia, le idee politiche, gli hobby, la cerchia di relazioni. Sono questi i dati che dovrebbero rimanere segreti e su cui invece i servizi di qualunque Paese hanno di fatto libero accesso. I contenuti specifici della comunicazione sono importanti solo in relazione a fatti penali e alle inchieste giudiziarie, ma non sono vitali rispetto al controllo sociale e politico generalizzato.
“Si tratta soltanto di metadati” rispondono i servizi, i responsabili politici o i gestori delle reti facendo finta di non sapere che attraverso di essi si può risalire all’intera vita delle persone. In questo senso sono stati fatti numerosi esperimenti e ogni volta grazie ai metadati è stato possibile ricostruire quasi tutto di una singola persona. Qui a fianco
pubblico la gif animata del percorso ( e delle mete) compiuto in un certo giorno da uno studente olandese, Ton Siedsma, che senza saperlo è stato tema dell’ultima indagine in questo senso realizzata inserendo a tradimento nel cellulare un software che memorizza i metadati, quelli stessi a disposizione dei servizi alla loro fonte. Dopo una settimana è stato contattato e gli è stato chiesto di permettere lo scarico dei metadati, la loro analisi ed eventualmente la pubblicazione dei risultati. Ha accettato e con grande sorpresa ha visto tutta la sua vita ricostruita: il lavoro temporaneo che svolge, i suoi percorsi in treno, il tipo di rapporti con la fidanzata Merel e la sorella Annemieke, i regali che ha ricevuto e fatto per Natale, la sua passione per il ciclismo, il tipo e l’intensità delle sue inclinazioni religiose, i gusti televisivi, le cose che lo attraggono, i suoi acquisti su internet, le sue preferenze politiche per la Sinistra verde olandese, le sue curiosità intellettuali, il suo essere critico nei confronti di numerose iniziative della Ue. E’ bastato semplicemente incrociare le informazioni “brute” e probabilmente considerate poco importanti dalla maggior parte dei cittadini. Tutto questo non serve ovviamente solo a inviargli offerte commerciali, ma a definirlo in una categoria di persone moderatamente critiche verso il sistema, una vera e propria schedatura ufficiale, ufficiosa o segreta.Se qualcuno conosce l’olandese (qui ) o il francese (qui ) può facilmente apprendere i particolari tecnici dell’analisi svolta dalla belga iMinds, ma non c’è alcun bisogno (anche se è interessante comprendere certi meccanismi) di particolari per rendersi conto che la battaglia di libertà delle major è quanto mai ambigua e ipocrita: praticamente uno spot che esse sanno esattamente quanti è riuscito ad abbindolare.