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È stata la prima volta dopo anni e anni. Ma dovevo farlo. Un'angoscia tattile mi percorreva tutto il corpo. Cercavo di evitare lo sguardo della ragazza. Tutt'intorno ogni cosa si asteneva dall'accadere. Volevo fuggire, subito e velocemente, ma oramai era troppo tardi. A complicare ancora di più la situazione c'era lo sguardo attonito della signora in fila dietro di me che aveva visto chiaramente che cosa avevo stretto in mano. Arriva anche il mio turno, ineludibilmente. Il parallelepipedo di gomma con la scritta gotica e vagamente sinistra “prossimo cliente” annaspa nel fine corsa del rullo rotante. Oramai nulla mi divide dalla cassiera. Appoggio lamette e schiuma da barba (prendo freneticamente anche una barretta di cioccolato). I numeri verdi del registratore di cassa mi informano che spendo 6 euro e 28 centesimi. La ragazza non parla e mi guarda interrogativamente. Apro il palmo della mano e le consegno una banconota verde da 100 euro. L'odio sprizza dai suoi occhi. Mi chiede con astio “almeno 1 euro e 28 centesimi”. Mi vergogno come un cane e le mostro una moneta bronzea da 5 centesimi e una da 2. Sento che potrebbe tranquillamente lapidarmi come un'adultera araba. È la prima volta in anni di spese nei supermercati, che mi presento all'appuntamento finale con la cassiera con una banconota di grosso taglio. Di solito mi premunisco di un foglio che si avvicina al presumibile importo. Oppure presento la tessera Bancomat. Quel giorno volli sfidare la sorte. Volli sovvertire la regola degli spiccioli, una fisima tutta italiana. Mi sono voluto documentare, usando lo strumento dei forum in rete. Ma il mistero italiano rimane insoluto. In compenso ho appreso le ipotesi più svariate. Qualcuno ipotizza che è tutta colpa dei turisti stranieri, le cui spese alimentano una parte importante dell'economia italiana. I poverini sono costretti a ritornare in patria tascate di spiccioli e banconote di piccolo taglio, in quanto gli uffici di cambio degli aeroporti accettano solo i tagli più grandi. Ma questa spiegazione non è del tutto esaustiva. Forse è un retaggio mentale che i negozianti si portano dietro dagli Settanta, quando il fenomeno aveva preso le sembianze del delirio. La mancanza di spiccioli – a quel tempo reale – aveva riempito le tasche degli italiani di caramelle (preferibilmente le More di liquirizia) e i portafogli dei consumatori di mini assegni, il cui importo variava dalle 50 alle 350 lire. Alle fine, però, nessuna di queste spiegazioni affronta il problema vero; cioè l'idea (ancora una volta tutta italiana) che cambiare i soldi sia compito della persona che compra un prodotto o un servizio e non dell'addetto alla vendita. I commercianti si comportano come se facessero un favore ai clienti prendendo i loro soldi. E continueranno a farlo finchè noi glielo permetteremo.
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