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Spitzer osserva i ‘confini’ dell’Universo

Creato il 17 aprile 2013 da Astronomicamens @_starblogger_

Spitzer osserva i ‘confini’ dell’UniversoSecondo il modello cosmologico standard, meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang si formarono le prime galassie. Nessuno sa quando e come sia avvenuto questo processo. Per queste ragioni, gli astronomi non sono in grado di stabilire esattamente la storia cosmica della Via Lattea e delle sue stelle anche se sono stati fatti vari tentativi per capire, almeno in maniera approssimativa, come sono andate le cose. Nel 1996, il telescopio spaziale Hubble venne puntato per una decina di giorni verso una regione molto buia del cielo in modo da acquisire una fotografia a lunga esposizione dello spazio più remoto. L’immagine che è stata ottenuta, denominata Hubble Deep Field (HDF), ci ha rivelato che le galassie esistevano già quando l’Universo aveva una età di circa 700 milioni di anni. Da allora, gli astronomi hanno cercato di capire che cosa sono esattamente questi oggetti studiandone la loro morfologia ed evoluzione e se essi assomigliano, in qualche modo, alla nostra galassia così come si trova oggi o come era durante le epoche primordiali della storia cosmica.

Un gruppo di ricercatori del Smithsonian Center for Astrophysics hanno terminato una survey profonda ed incontaminata dell’Universo distante grazie ad una serie di osservazioni condotte con la Infrared Array Camera installata a bordo del telescopio spaziale Spitzer. La survey profonda del cielo ha permesso di esplorare le regioni più remote del cosmo con una tale profondità e un campo di vista mai raggiunti prima, quasi sei volte l’area del cielo che sottende la Luna piena, perciò decisamente maggiore rispetto all’immagine originale ottenuta da Hubble. Gli scienziati hanno rivelato galassie così piccole la cui massa è equivalente al 15% di quella della Via Lattea e la cui luce ha viaggiato per circa 12,7 miliardi di anni. All’interno del campo di vista della survey si contano più di 300 mila galassie. Questi nuovi dati permettono di ricavare nuovi indizi su quattro punti: 1) l’evoluzione delle galassie su questo lungo arco di tempo; 2) la rivelazione di galassie attive contenenti buchi neri supermassicci; 3) la variabilità di questi nuclei galattici; 4) lo studio dell’emissione infrarossa distribuita ‘tra’ queste sorgenti, quella che tecnicamente viene chiamata la componente diffusa. Infine, da queste osservazioni si è trovato che quasi il 50% del contributo della luce cosmica nella banda dell’infrarosso è associato alle galassie distanti mentre il resto proviene dalla componente diffusa di fondo la cui origine non è ancora nota e, forse, potrebbe essere dovuta ad un insieme di galassie più piccole.

SAO: The Distant Cosmos as Seen in the Infrared

Survey Page: SEDS


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