Spoetizzazioni /1 – Spoetizzare Vermeer

Da Icalamari @frperinelli

 

Roma, 20 Ottobre 2012

La guida era un ragazzo bruno, molto preparato, ma soprattutto dotato di quella minima spocchia che gli consente di illustrare i quadri come se ne possegga la sola interpretazione possibile, in virtù di un’intima conoscenza con il pittore in persona. Questo atteggiamento è rassicurante per chi ascolta e si fa portare di sala in sala, sottilmente pervaso da un certo scoramento per il ricordo dei piedi gonfi al termine della volta precedente. Anche oggi Giovanni, così si chiama il bruno, un tipo dall’aspetto monacale, sempre nerovestito e accessoriato con inquietanti monili in acciaio inox rappresentanti strani idoli pagani, Giovanni, dicevo, non ci ha fatto mancare la sua puntualizzazione. “Di Vermeer c’è un buon numero di quadri, setto o otto in tutto” e qui abbiamo strabuzzato gli occhi, ma il mistero è stato presto svelato, il resto della mostra era occupato da tanti altri quadri di pittori fiamminghi coevi del Maestro, “Dico sette o otto perché c’è questa difficoltà di attribuzione di uno di loro, ma io francamente non ho alcun dubbio: non è un Vermeer, ma poi vi dirò meglio.”

Sala per sala, poi , ho appreso in quale modo nel ‘600 fiammingo (borghese florido e acattolico) l’uomo rappresentava la donna. Ad esempio, Eglon Van Der Neer, nella composizione del 1665 erroneamente detta “Ragazza che offre un piatto di ostriche” (la solita simbologia afrodisiaca, ieri come oggi) mostra una fanciulla dall’aria a dir poco ebete che accosta la mano a un piatto con su qualcosa di rotondo. Io mi sono permessa di far notare che con quella faccia aveva poco da irretire uomini anche a colpi di dozzine di ostriche. E, in effetti, Giovanni l’ha confermato, si era trattato di un errore di interpretazione della critica (i soliti porcaccioni): non di ostriche si trattava ma di fette limone accostate a del vino. La simbologia era presto svelata, non era che un invito alla temperanza (ecco il perché di quella faccia da santarella). Infatti, uomini e donne, svolgendo vite molto differenti e del tutto impossibilitati a entrare in contatto in qualsiasi attività quotidiana, avevano ben poco da dirsi o da scriversi durante il corteggiamento. Perciò erano stati sviluppati dei libricini diffusi in entrambi i sessi, specialmente in età puberale, che spiegavano le “regole” della buona conversazione e della composizione delle lettere d’amore. In sostanza, l’uomo doveva tenere un atteggiamento sciolto e mostrarsi davvero interessato a ciò che la donna diceva (pur pensando l’esatto contrario) mentre alla donna conveniva tenere un atteggiamento verecondo: occhi bassi e gambe ben chiuse.

Pratica confermata anche da Gerard Ter Borch che nel 1659 aveva così dipinto (non ritratto, ché i fiamminghi preferivano progettare una composizione a tavolino e usare i modelli solo per le rifiniture) i soggetti dei suoi due quadri speculari: A woman sealing a letter mostra una donna che è l’immagine della compostezza, simbolico anche l’arredamento elaborato e statico. In mano il famigerato libricino rosso (il manuale di scrittura di una lettera d’amore codificata). Ai piedi, un cane addormentato, la fedeltà incarnata. Mentre Officer writing a letter, l’uomo della bambola di prima, è tutto provvisorietà, quiete in equilibrio precario, un cane da caccia nei pressi e arredo scarno. Il segreto era tutto lì: donne al loro posto e uomini in fuga.

Vermeer, nel 1662 ritrae una ragazza che, guardando fuori dalla finestra, siede accordando il suo strumento, ossia preparando i propri sentimenti in attesa di qualcuno. Alle sue spalle una carta geografica molto accurata (l’Olanda era una potenza navale, ma forse anche quello era un simbolo della lontananza dell’amato). Giovanni ha concluso dicendo che la donna, in Vermeer, non è mai del tutto offerta al pubblico, ma celata da oggetti che si inframmezzano tra l’osservatore e il soggetto ritratto*. Il mantenimento di tratti di indeterminatezza, invece di allontanare chi guarda, aumentando il mistero della donna, lo intriga e lo lega ancora di più a lei.

- Il segreto è quello di non dargliela subito.

- Lo diceva sempre mamma.

A me invece non me l’aveva detto mai nessuno. Però.

[continua]

*) Inframmezzare oggetti: La simpatica signora con la fisarmonica sulla metropolitana di Roma.


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