Un istinto vecchio come il mondo, tanto temuto quanto ardentemente sognato, alimentato da fantasie inconsce che ci accompagnano nel quotidiano ritorno al nostro intimo psichico. Preso e ripreso, usato ed abusato, interpretato ed analizzato sino all’inverosimile, il tradimento è parte di noi nello stesso modo in cui noi siamo parte di lui. Innanzitutto partiamo col dire che almeno una volta nella vita siamo stati tutti traditi dal tradimento più grande in assoluto: il parto. Questo distacco obbligato, non voluto, violento, dall’utero materno vissuto come un abbandono dal luogo paradisiaco per eccellenza, luogo protettivo, accogliente, affettuoso, rassicurante, caldo. Da quel momento, la nostra psiche inizia a scriversi , riempendo di vissuto le proprie pagine finora rimaste bianche, pagine che si prestano ad iniziare la propria storia con la prima relazione tra tutte che avviene con la propria madre (Su questo tema ci sono degli studi in corso in quanto si presume ci sia una sorta di prescrittura già dal grembo materno). Ebbene tutto ciò che verrà scritto da allora, rimarrà “dentro” di noi e si manifesterà in forma silente, nel nostro vivere quotidiano la realtà. Nasciamo e cresciamo traditi e traditori e questo tradimento è un dato di natura. Un amore, un’amicizia, una delusione anche causata da noi stessi sono tutte forme di tradimento con cui dobbiamo fare i conti nel corso della nostra vita. Ma allora perché quando si parla di tradimento si aizzano le vendette più temibili e terribili, si diventa leoni pronti a sbranare e ad incolpare il carnefice in questione oppure si cade nel vittimismo più sfrenato tanto da causare addirittura forti depressioni?
Etimologicamente il tradimento ha il significato di passaggio e/o consegna all’altro, un processo di individuazione in condizione di debolezza o di richiesta d’aiuto, un formarsi e conformarsi attraverso una trasformazione naturale, per ritrovare il proprio sé che cambia in continuazione perché, come ben sappiamo, le relazioni sono modificazioni dà e verso noi stessi. Il nostro essere nel mondo cambia chi ci vive e chi si relaziona con noi e a nostra volta, noi ci modifichiamo vivendo le relazioni con chi incontriamo nella nostra quotidianità e soprattutto con chi la condividiamo. Il mondo cambia ad una velocità assurda, le informazioni, i contatti e le comunicazioni viaggiano così rapidamente che non è stato possibile per l’uomo, stare al passo con tali trasformazioni, non di così grandi entità. Nasciamo “dentro” ad una società veloce e l’uomo si è adattato per quello che ha potuto, limitandosi alla realtà vissuta dal di fuori, traendo dal tecnologico le comodità ma allo stesso tempo non è riuscito a trasformare quella realtà interiore utile o meglio necessaria, per sperare in un raggiungimento, per quanto possibile, di un proprio benessere. Vivere oggi non è come vivere 50 anni fa. Se prendiamo, ad esempio, il senso di colpa che, a mio parere, ha una forte importanza ed influenza in tutti noi e in tutto quello che facciamo, comprendiamo che le nostre emozioni, i nostri sentimenti, i nostri comportamenti sono dettati da questa pesante presenza che per ragioni culturali, religiose, sociali rimane fortemente radicata nel nostro inconscio, tanto da impedirci di fare quel salto utile e necessario, per affrontare la vita nel modo migliore. Il tradimento quindi da condizione strettamente naturale, oserei dire biologica, che ci aiuterebbe ad affrontare questi passaggi naturali presenti nelle relazioni umane, accogliendoli come processi di crescita costruttivi per noi stessi, per la coppia (quando possibile) e per gli altri, è vissuto come un affronto cultuale/religioso, una colpa da affliggere, un patimento da subire. Quando si vive una coppia d’amore si ha sempre la presunzione di essersi accomodati, di vivere nella sicurezza dell’altro sopra ogni cosa, di avere un diritto di proprietà sull’altro che legittima certi atteggiamenti e che giustifica certe reazioni. Non è così! Il possesso ferma qualsiasi forma di crescita. Non c’è mai una vittima o un carnefice. Se così fosse, significherebbe negare la realtà e negare sé stessi. L’amore non va confuso con il bisogno e la comodità di dipendere o di creare dipendenza perché amarsi e amare significa accettare la modificazioni della vita che naturalmente avvengono nei percorsi di crescita individuale. A volte, ciò che più ci terrorizza è abbandonare il nido creato per soddisfare un bisogno represso. In una coppia, ciò che viene tradito è il “noi” e non il “tu”. Nella vita c’è più tradimento che fedeltà. Appellarsi alla fedeltà è una debolezza in quanto non ti permette di avere la lucidità per affrontare un percorso naturale di crescita per quanto comprensibilmente doloroso; un percorso di rielaborazione, di modificazione, di trasformazione e di ridefinizione di sé e dell’altro, tale e quale al perdono. E soltanto dopo questo iter, si potrà capire se la relazione è ancora possibile. Ci hanno insegnato che conformarci è meno faticoso, che tradire è peccato e che il tradimento va condannato. Questa ipnosi di massa adottata per mantenerci sicuri nella nostra illusoria isola felice sta funzionando alla perfezione. Grazie a questo modo di vivere il sociale nel sociale, si creano situazioni individuali di rottura e di destrutturazione. Possiamo dunque concludere dicendo che il tradimento non è che un comportamento naturale dal sapore amaro di veridicità e autenticità che aiuta a crescere e ad emanciparsi. Tradendo, il traditore consegna l’altro a sé stesso, svincolandosi da una situazione di appartenenza che non sente più sua. La felicità sta nella ricerca e nella conoscenza di Sé, nell’essere liberi di farlo senza stereotipi e interpretazioni fuorvianti.