Ed eccoci qui per lo speciale di San Valentino: la festa degli innamorati. Oh che bello l’amore, oh che bello. Il giorno in cui ci si regala cioccolatini in scatole che tutti gli altri giorni dell’anno costano la metà anche se non sono a forma di cuore. Il giorno in cui si cena fuori in quel ristorantino dove vi siete conosciuti, a lume di candela, sapendo già che il conto spetterà a te e che tu non aspetterai lui come facevi con Babbo Natale per i regali.
Il giorno in cui tutti quelli privi di ragazza o ragazzo dichiarano il proprio odio spropositato verso questa festa ormai dai risvolti puramente commerciali per poi voltare incredibilmente faccia nel momento del fidanzamento. Quel giorno in cui ci si reca al cinema per guardare un bel film romantico, che parla di una storia d’amore meglio se a buon fine. Una pellicola piena di emozioni che piaccia a lei, che piaccia a te ma soprattutto che piaccia a lei. Tipo The Lone Survivor. Ah, San Valentino è già passato. Beh, poco male.
La trama. Quattro navy seal guidati da Marcus Luttrell (Mark Wahlberg) vengono spediti sulle montagne dell’Afghanistan per catturare e/o uccidere un leader talebano tale Ahmad Shah, tanto per essere originale. Che è come se gli afgani andassero negli Stati Uniti per cercare John Smith. Finisce esattamente come pensiate che vada a finire anche grazie al colossale spoiler già contenuto nel titolo che, a questo punto, poteva anche essere Alla fine muoiono tutti tranne uno. E diciamo che la tensione per scoprire l’identità di questo uno che sopravvive non si taglia con il coltello ma piuttosto con un cotton fioc usato.
Premettiamo subito una cosa. Parliamo di cinema. Questo è un film. Quindi essendo una rappresentazione cinematografica, anche se tratta da una storia vera, mi deve rispettare una serie di regole. Perciò realismo o non realismo, quello che chiedo, almeno parlo per me, da un film di guerra moderna è tensione, azione ben costruita e qualche colpo di scena. Insomma, emozioni ed intrattenimento. Se per quanto riguarda la tensione, la pellicola fa il suo sporco lavoro in maniera discreta in più di un’occasione, la parte dell’azione ben congegnata non è particolarmente brillante. Inoltre non menatemela sul realismo, su cose tipo questa è un’arma che da vicino fa <tot> male e da lontano fa <tot> bene oppure quella tattica militare è fatta così e cosà. ‘Posto, premessa fatta. D’accordo storia vera ma questo è un film. Andiamo per gradi, come al solito.
La tensione. E’ una delle parti buone della pellicola. Ce n’è una buona quantità e distribuita in più momenti: quando i quattro militari vengono sorpresi da pastori afghani, quando Wahlberg si rifugia in un villaggio con i cattivoni che lo stanno cercando e pure la scena della decapitazione iniziale. Insomma per quanto mi riguarda c’è in buone quantità nonostante questa un po’ si perda per strada procedendo nella visione, considerando che si conosce già l’epilogo della vicenda.
Tensione su Google
L’azione ben costruita. Perchè è di questo che parla il film, in sintesi, anche se dura due ore e per la prima mezz’ora il regista tenta di farmi appassionare alla storia dei quattro navy seals con vicissitudini che mi intrigano come una puntata di Servizio Pubblico. Delle storie personali debolucce che si reggono sulla moglie di uno che vuole un cavallo arabo, sulla nuova “recluta” arrivata al distaccamento e sul “Bro Code” instaurato tra i quattro in missione. Considerando che nel giro di qualche anno ci siamo trovati davanti ad un Act of Valor, ad un The Hurt Locker o ad un Special Forces, le storie son sempre quelle. Che, per carità, se tu, amico regista, vuoi proprio provare il coinvolgimento psicologico dello spettatore attraverso i personaggi in un film d’azione, puoi provarci. Però almeno inventami qualcosa: ho capito che sono persone normali con le loro famiglie a casa però allora perchè non abbiamo realizzato la pellicola attraverso gli occhi dei talebani? Non sto dicendo “Bravi talebani continuate così” però sarebbe stato un qualcosa migliore dal punto di vista cinematografico. Anche se, conoscendo Hollywood, il massimo della rappresentazione sarebbero state due ore con mille frasi in arabo tipo “Allah è grande” e via così pronunciate da afghani sempre incazzati con il barbone, la kefiah e il kalashnikov sempre in mano per la serie io non stereotipo ma generalizzo. Detto questo, l’azione non è malaccio ma a lungo andare è sempre la stessa: fianco della montagna, i quattro navy seals scappano perchè gli sparano, i quattro si fermano e non gli sparano più, i quattro riprendono a scappare perchè gli sparano di nuovo e via così fino a quando muoiono tutti tranne Marcone Wahlberg ovvero negli ultimi venti minuti. Minuti in cui si rifugia in un villaggio in attesa dei mega rinforzi che arrivano con aerei ed elicotteri sterminando solo i talebani cattivi e non gli afghani buoni. In sintesi, azione nella media ma poco da segnalare.
I colpi di scena. Pochi, veramente pochi. Quasi nulli. Il film si apre con il finale e poi parte il racconto della vicenda in flashback quindi già a questo punto ha veramente pochi motivi di esistere. Il coinvolgimento massimo nella prima mezz’ora è per conoscere il vero costo di un cavallo arabo. Il coinvolgimento nell’ora successiva è nel cercare di capire in quale posa patriottica, o pronunciando quale frase che renderebbe orgoglioso qualsiasi militare, muoiono i tre navy seals. L’ultima mezz’ora non ha senso. La pellicola poteva durare un’ora e mezza scarsa, giocandosela di più sull’azione e così intrattenendo maggiormente lo spettatore. Il colpo di scena me lo sono creato in casa quando tra me e me ho pensato “Cavolo, chissà se alla fine ci sono le foto dei navy seals con la famiglia e una bella dedica a tutti i militari degli Stati Uniti che dedicano ogni momento a proteggere la propria [caps lock on] NAZIONE [caps lock off]“.
Eccheccazzo. Ora cominciano.
Concludendo, questo non è il film di san Valentino per voi ragazze. Meglio aspettare il film dei Lego.