Rinunciare alla libertà per salvare l’orgoglio e cercare il successo in una partita di calcio. Bisogna essere un po’ folli per fare una scelta del genere, soprattutto se si è condannati alla detenzione in un lager nazista. Ma al di là delle strane motivazioni che guidano le azioni dei suoi protagonisti, Fuga per la vittoria resta un cult per tutti gli appassionati di film sullo sport.
E lo è anche, e forse soprattutto, per la presenza in un cast di alto livello (Michael Cain e Sylvester Stallone) di grandi campioni del calcio degli anni ’60 e ’70. Bobby Moore (campione del mondo con l’Inghilterra nel ’66), Osvaldo Ardiles (vincitore del Mondiale ’78 con l’Argentina) e soprattutto lui, O Rey, Edson Arantes do Nascimiento, per tutti semplicemente Pelé, all’epoca dei fatti (la pellicola è datata 1981) indiscutibilmente il miglior calciatore di sempre.
Più della trama, che si ispira molto liberamente alla triste storia della ‘Partita della morte’ giocata nel 1942 tra una selezioni di ufficiali tedeschi e una squadra composta da campioni della Dinamo e della Lokomotiv Kiev, possono i gesti tecnici e atletici della partita. Poi quella scelta, rinunciare a una fuga programmata per tornare in campo e ribaltare il risultato di 4-1 che vedeva avanti i tedeschi, e quel gol in rovesciata di Fernandez (Pelé), rientrato in campo nonostante qualche costola incrinata nel primo tempo.
Perfettamente calzante anche il ritratto di Hatch, la spia canadese interpretata da Sylvester Stallone, più avvezzo al football americano che a quello europeo, ignaro delle più elementari regole del calcio, portiere improvvisato perché il piano di fuga impone la sua presenza in campo (il numero 1 titolare accetta di farsi rompere un braccio, rinunciare alla partita, abbandonare ogni speranza di libertà) ed eroe per caso quando para un rigore inesistente concesso ai tedeschi sul punteggio di 4-4 e all’ultimo istante di gioco.
C’è una forte discrepanza tra il film e la vicenda reale che l’ha ispirato. I giocatori degli Alleati, nonostante tutto, riescono a scappare a fine partita, portati addirittura in trionfo dagli spettatori dello stadio di Colombes, in Francia. Andò molto peggio agli ucraini che ebbero il coraggio di battere e umiliare i nazisti nella ‘Partita della morte’. Costò caro ai giocatori dello Star quell’azione di Klimenko, che saltò tutta la difesa avversaria e il portiere, prima di fermarsi sulla linea di porta e calciare via il pallone verso centrocampo.
Furono catturati, torturati e uccisi. Rinunciarono alla vita per dare una speranza al loro popolo oppresso. Folli forse, ma eroi reali. In carne e ossa.