Ogni sportivo, nel suo personale percorso di crescita, accanto all’incrementare le abilità tecniche e le capacità fisiche arricchisce il suo essere “mental coach di sé stesso”.
Per esperienza diretta sento di poter affermare che vi è grande differenza tra l’utilizzare “istintivamente” le proprie risorse mentali e il farlo con consapevolezza e con l’adeguata conoscenza di tutte le incredibili potenzialità della mente.
Credo sia questo un passo imprescindibile verso la propria personale eccellenza e che ogni atleta, anche quello già dotato di una profonda conoscenza di sé e di una grande capacità di gestione delle proprie risorse, non può che crescere ulteriormente, quando capace di mettersi in gioco in un percorso di sport coaching.
Ci sono nello sport professionistico esempi di assoluta eccellenza nell’essere mental coach di sé stessi. Ognuno di essi è senz’altro modello da osservare e da cui imparare il più possibile, eppure ognuno di essi ha senz’altro alcuni aspetti che potrebbe ulteriormente migliorare.
Ho letto in questi giorni un’intervista a Susanne Riesch, sorella della ben più famosa Maria, attuale dominatrice della Coppa del Mondo di sci alpino.
Susanne è comunque una delle più forti slalomiste di questi anni e, anche a detta dei tecnici del settore, ha un potenziale molto alto, in parte ancora non espresso.
Ho trovato l’intervista interessante soprattutto per i notevoli spunti di riflessione che offre a chi, come noi, è appassionato di mental training e degli strumenti che esso ci mette a disposizione.
Susanne ha senz’altro fin da piccola raffinato le sue capacità e non solo quelle fisiche, ma anche quelle tecniche, tattiche e mentali.
Emerge chiaramente come lei utilizzi alcuni degli strumenti cardine dello sport coaching.
Ha una grandissima chiarezza circa gli obiettivi che si è prefissata di raggiungere a breve e medio termine e il lavoro quotidiano è tutto proiettato ad aggiungere passi importanti al percorso per realizzarli, uno fra tutti la vittoria di una medaglia ai mondiali che si svolgeranno in questa stagione proprio sulle piste di casa.
La chiarezza che li contraddistingue si esprime anche nelle costanti visualizzazioni che Susanne fa e che hanno come oggetto l’atleta/persona che deve essere per raggiungerli, il cosa e come deve fare e non manca il momento del dopo in particolare il “sogno di salire sul palco della premiazione dei mondiali all’arena di Garmisch e vivo quell’emozione.”
Altro strumento del mental coaching che Susanne utilizza inconsciamente è la timeline, che in lei è particolarmente legata alla sua attitudine ad utilizzare il passato per tutto ciò che di utile ci può offrire senza farlo diventare un limite o un peso.
Lei stessa, rispondendo ad una domanda relativa all’uscita dello scorso anno nelle ultime porte della seconda manche dello slalom olimpico, dopo aver fatto segnare il secondo miglior tempo nella prima manche, dichiara: “Imparo dal passato tutto ciò che mi può insegnare e sgancio le emozioni negative che comunque non servono” e ancora “ogni sconfitta è un processo di apprendimento, sta a noi imparare il più possibile.”
Non è estranea neppure all’utilizzo delle strategie: “In allenamento faccio ogni manche come fosse gara, anche tutta la preparazione pre-cancelletto.”
Susanne non fa dell’allenamento una routine, ogni giro, ogni momento è utilizzato per affinare quei particolari che nelle due manche decisive di gara potrebbero fare la differenza, riuscendo in tal modo a sfruttare al massimo le sedute di allenamento e nello stesso tempo a perfezionare automatismi che si rivelano spesso determinanti nei momenti di competizione e di massima tensione agonistica.
E’ evidente che, come ogni atleta professionista, Susanne ha allenato le sue risorse mentali eppure, dalla lettura completa dell’intervista, è altrettanto evidente l’immenso potenziale di risorse mentali non ancora sfruttate e che potrebbe senz’altro imparare ad usare con maggior consapevolezza ed efficacia attraverso l’aiuto dello sport coach.
Quando le viene chiesto cosa invidia alla sorella risponde: “La forza mentale ed in particolare la capacità di utilizzarla al meglio sempre; io ci riesco solo di tanto in tanto.”
Ne consegue un ovvio approfondimento da parte dell’intervistatore sulle modalità di allenamento mentale da lei utilizzate per colmare questo limite e alla domanda diretta Susanne risponde: “Abbiamo fatto con la DSV (Federazione sci tedesca) un percorso con uno psicologo, ma non ho trovato benefici; non mi piace avere qualcuno che mi dice come devo respirare prima della partenza.”
Se l’esperienza avuta da Susanne con il professionista dell’allenamento mentale le ha lasciato la sensazione di avere affianco qualcuno che decide per lei qual è il modo migliore per affrontare una delle cose che le viene meglio nella vita, è probabilmente condivisibile la sua poca fiducia in ciò che è la preparazione anche mentale alla prestazione d’eccellenza.
Avendo vissuto una vita da atleta professionista ed essendo ora da coach, mi preme perciò precisare meglio alcuni aspetti relativi al ruolo dello sport coach nell’affiancare gli sportivi nel raggiungimento dei loro obiettivi e nell’aiutarli ad esprimersi al massimo delle loro potenzialità.
Il ruolo dello sport coach è assolutamente proiettato a guidare l’atleta in un percorso di conoscenza profonda delle proprie risorse, anche mentali, per poterle così sfruttare al meglio, ampliarle, arricchirle e per poter di pari passo restringere i confini di quelli che possono essere attuali limiti o aspetti depotenzianti.
Priorità assoluta è fornire all’atleta strumenti utili per ampliare le frecce al proprio arco lasciandogli assoluta libertà di utilizzo degli stessi; è solo quando il guerriero sa come usare i suoi dardi ed ha arricchito al meglio la sua faretra che può dare il meglio di sé.
Altro aspetto fondamentale è che il rapporto di collaborazione che si viene ad instaurare tra atleta e sport coach mira a facilitare il raggiungimento dell’eccellenza sulla base di una necessaria autonomia sconfiggendo fin da subito il rischio di una dipendenza dell’atleta dal proprio coach.
Da ex atleta, che durante la sua carriera ha sentito profondamente la mancanza di un professionista del mental training che la aiutasse nel modo giusto ad allenare anche la mente, sento di poter affermare con forza che un vero sport coach è fondamentale per essere ancora più efficaci coach di sé stessi.
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