Già altre volte vi ho proposto storie di uomini che sono andati contro alle loro più grandi paure per realizzare un sogno. E non sto parlando di predestinati, ma di persone “eccezionali” dal punto di vista mentale, piuttosto che fisico.
Oggi è il turno di un campione per caso. Uno che nemmeno voleva praticarlo lo sport dove è diventato un re incontrastato. Stiamo parlando di: Rocco FrancesMarchegiano, ma è meglio chiamarlo col nome che l’ha reso una “leggenda” nella Boxe. Rocky Marciano!!!
E’ una storia fatta di sudore, lacrime e sangue. Caratterizzata dalle doti umane dell’uomo Marciano, che come vedremo hanno avuto il massimo sfogo sul ring, e purtroppo non nella vita.
Mente lucida e determinata, grinta e coraggio, capacità di anticipare il successo mentalmente e di ristrutturare le tante situazioni negative. Insomma, capacità da MentalCoach racchiuse in un animo contrastato.
Quello che nella sua carriera è stato chiamato: “L’Indistruttibile”, “Il Bombardiere di Brockton”, “L’Intoccabile”, è un bambino che nasce aBrockton, Massachussetes, figlio di Pierino e Pasqualina, italiani emigrati dall’Abruzzo agli USA a inizio Novecento.
E udite udite, ha due sole cose in mente. Voi penserete una di queste sarà il pugilato. Proprio no! La prima risponde ad una leva motivazionale che pesca nel dolore: non lavorerà mai nella fabbrica di scarpe dove lavora il padre.E l’altra invece fa leva sul piacere: diventare un grande giocatore di baseball. Possibilmente nei Chicago Cubs. La sua squadra del cuore!!
Ma quando la vita ti riserva un futuro diverso da quello che vuoi, fa di tutto perché questo avvenga. E come avrebbe detto Bagger Vance (Will Smith nel film):“C’è un colpo perfetto che cerca di raggiungere ciascuno di noi, non dobbiamo far altro che lui ci scelga”. Rocky non sarà accettato nella squadra dei Chicago Cubs perché, a detta loro, non ha abbastanza forza di lancio nel braccio destro. Avete capito bene.
Proprio quella mano che è passata alla storia con un nome tutto suo, “Suzie Q”, che permise a Marciano, grazie alla sua potenza, di fargli registrare nella carriera di pugile quarantatré vittorie prima del limite su quarantanove incontri. Tutti vinti.
Ma perché il Baseball e non la Boxe? Beh…direte voi, se uno ha una passione ha una passione. Giusto!!Infatti nonostante i Cubs, continuò a giocare il suo sport preferito, peròcon la consapevolezza che non sarebbe mai diventato qualcuno.
Marsciano è troppo basso per un peso massimo, meno di un metro e ottanta.
Troppo leggero, arriva nel corso della sua carriera a pesare solo85kg.
Ha un allungo troppo corto per unboxeur, che lo mette in netta inferiorità rispetto agli avversari. Definito da tutti gli esperti della “nobles art”:
Goffo, lento, sgraziato.
Rocco non ha nulla della bellezza tecnica di Joe Louis, l’unico pugile per cui abbia mai tifato. Nulla dell’armoniosa eleganza di Muhammad Alì.
E nonostante le umili origini, non vi è traccia nemmeno di quella che sarà la cattiveria di Mike Tyson.
Eppure il nome di Rocky Marciano passa agli annali della boxe come: Il più forte.
È durante il servizio di leva che scopre di essere un picchiatore. Capisce che la Boxe potrebbe essere la via di fuga da una misera vita nei sobborghi, e non si lascia scappare l’occasione.
La madre non vuole che combatta, e dovrà lottare tanto per riuscire a convincerla.
Non riuscirà mai a conquistala del tutto.
Qui s’incomincia a intravedere la grande forza di Marsciano. La determinazione, la grande tenacia. Rocco è però un bravo ragazzo e per non dispiacere la madre, comincia a combattere di nascosto, ma con risultati scadenti.
Non è nell’ambiente mentale giusto, e non ha ancora vicino persone che credono in lui. Nemmeno un allenatore degno di nome. Ma lui prosegue determinatissimo a sfruttare le sue doti umane al posto di quelle fisiche.
La sua potenza è tutta in quella mano che diverrà il suo marchio di fabbrica, una bomba sempre pronta a scattare, che in una frazione di secondo esplode e mette fine alla lotta.
Ed è proprio l’attesa di quella frazione di secondo che rende i combattimenti di Rocky sensazionali. Invece il suo essere umile lo rende amato alla gente; è un uomo come tutti, figlio, fratello, poi padre, veterano, sopravvissuto, amico e vicino di casa, un uomo semplice. Con principi onesti, come tutti. Meglio di tutti.
Assieme a quella che diverrà la sua vera arma vincente, la mente, si sottopone aun l’allenamento continuo, quasi ossessivo. Si allena anche con un pendolo sul letto per migliorare le pupille,e la sua visuale periferica.Allena ogni giorno la sua straordinaria capacità di resistenza ai colpi degli avversari, e a restare concentrato mentre avviene tutto questo. Lo guida Charley Goldman, uno degli allenatori più esperti del periodo, che riconosce subito nelle doti mentali e nella potenza di Marciano,malgrado lo scarno curriculum, il mix giusto per una carriera strepitosa.
Nel 1947 esordisce come professionista contro Lee Epperson che lo schiva per due round ma cade all’inizio della terza ripresa per un destro esplosivo in pieno diaframma.
Il 12 luglio 1948 il ragazzo di Brockton vince il suo secondo incontro: Harry Bilazarian in novantadue secondi è messo KO da due destri portati dal basso verso l’alto.
Scaglia i suoi pugni anche in posizione disquat, spesso avanza a schiena piegata, schiva conampie oscillazioni del busto gli attacchi degli avversari, e boxa di ritorno con interminabili e irrefrenabili serie di destri e sinistri al volto e al corpo.Intelligenza allo stato puro. Adattamento, capacità di resistenza mentale, e voglia di arrivare nonostante poco dotato.
Un esempio per chi continua a lamentarsi di non avere il fisico giusto per fare un determinato sport!!
Il ragazzo di origini italo-americano, amato dalla gente, incomincia a farsi notare.
Da luglio a dicembre combatte altre dieci volte, mandando tutti gli sfidanti KO.
Finalmente nel 1949 fa la sua entrata al tempio del pugilato, il Madison Square Garden. L’avversario, l’irlandese Pat Richards, non oppone quasi resistenza e va giù all’inizio del secondo round.
Finalmente gli viene proposto un nome di risalto: Carmine Virgo.
Italoamericano duro dal pugno poderoso di 193 cm di altezza,con trenta incontri alle spalle di cui ventisette vinti.
Sul ring Marciano è una raffica di colpi scanditi dal suono del gong: Virgo è sommerso di colpi per due round, sembra mettere giù Rocky alla quinta ripresa, ma alla successiva va al tappeto perdendo conoscenza.
Sarebbe stata la prima vera vittoria di rilievo, che lo avrebbe lanciato verso l’olimpo del campionato del mondo, ed effettivamente saràcosi.
Ma è anche una vittoria angosciosa per il giovane “Bombardiere”, che non si libererà mai del ricordo di quella notte.
«Non voglio un figlio assassino!» gli grida la madre da bordo ring.
Il dramma di Rocky si trascina per mesi.
La determinazione al raggiungimento dell’obiettivo, e la sua incrollabile dedizione a onorare l’impegno preso con se stesso, lo fanno andare avanti.
Controvoglia, facendo appello alla sua immensa forza mentale, riprende ad allenarsi. La strada per il campionato del mondo passa per: Roland La Starza. Un vero beniamino del Madison Square Garden, newyorchese dall’ottimo stile pugilistico ed imbattuto come Marciano. Alla fine ci sarà qualche discrepanza nei conteggi: 6 per La Starza, 9 per Marciano. È la vittoria di più stretta misura della sua carriera.
Sulla stradaper il successo Rocky si trovò anche a dover combattere con uno dei suoi idoli, la cui foto era messa in bella mostra nella cameretta del Rocco bambino: il campione del mondo Joe Louis. Louis in bancarotta e bisognoso di soldi accetta la sfida proposta da qualche organizzatore d’incontri senza troppa morale, sapendo che contro Marciano sarebbe stata una impresa quasi impossibile. Joe è stanco, e con trentasette primavere sulle spalle contro le ventotto di Rocky.
L’incontro era stato visto, prima del suo svolgimento, come una “combine”.
Il grande Joe Luis sarebbe arrivato alle fine, portandosi a casa un pareggio, o addirittura una vittoria ai punti. Poi nella rivincita Rocky lo avrebbe pestato per bene. Il giro di scommesse sarebbe stato milionario!!
Ma“L’Indistruttibile” non poteva far finta. Non ci sono ombre di tangenti, favori, o corruzione nella sua carriera. Lo sa bene Ed Napoli che nel maggio del 1955 ricorda di aver assistito alla proposta di un gangster in occasione dell’incontro con l’inglese Don Cocknell a San Francisco. «Rocky, potresti sistemarti per la vita» gli disse «e potresti sempre ribatterlo nella rivincita». «Esci di qui e non tornare mai più, mi vergogno che tu sia italiano» rispose Marciano. Il confronto con Don Cocknell terminò al nono round, con l’inglese che crollò tra le braccia dell’arbitro Frankie Brown.
Il ragazzo di Brockton con quarantadue incontri vinti, e con nomi illustri nel suo carnet, è pronto a diventare campione del mondo dei pesi massimi.
Arriva finalmente la chance mondiale.
Anni di duro lavoro su di un fisico non eccezionale, la lotta con la madre che non l’ha mai accettato, le origini Italiane che di certo in quegli anni caratterizzati da Gangsterns con nomi simili al suo, e lunghe e snervanti privazioni che si era imposto per sopperire a quello che la natura non gli aveva donato, finalmente avrebbero avuto un senso.
Non è un incontro facile, davanti si sarebbe trovato: Jersey Joe Walcott.
Pugile con esperienza e classe da vendere. Così fu! Rocky va al tappeto alla prima ripresa e si ritrova in netto svantaggio. È la prima volta che guarda un avversario da terra. Ricordando quei momenti, lui stesso racconta di aver visto se stesso lo incitava a rialzarsi perché il match sarebbe stato ancora molto lungo. Tanta fatica per finire giù alla prima ripresa? Proprio no.
Dopo un incontro interminabile, dove aveva incassato un numero di colpi pari a quelli dei 43 precedenti, al dodicesimo round Marciano si avvia alla prima sconfitta della carriera.
Ma la miccia è accesa, e lui preparato al fatto che quando tutto sembra perduto, poteva ancora far affidamento alla sua testa. Continua a resistere in attesa del momento giusto, e durante il tredicesimo round, in trenta secondi, Walcott cade su un ginocchio, il braccio sinistro sulla corda di mezzo, la testa sul quadrato. “Suzie Q” è esplosa. Micidiale! Walcott è KO col viso devastato.
Rocky Marciano è campione mondiale dei pesi massimi. Concederà la rivincita all’avversario l’anno dopo, ma questa volta senza nessun phatos .Walcott andrà al tappeto alla prima ripresa.
Era appena diventato campione del mondo.
Il brutto anatroccolo del pugilato era finalmente diventato il Re incontrastato del ring.
Il goffo, sgraziato, brutto da vedere, ma tenace e indomabile Rocco Marchegiano, era diventato il mito: Rocky Marsciano!!
Difficili e massacranti furono gli incontriper la difesa della corona, con Ezzard Charles nel 1954, dove alla fine della 15ma ripresa il destro di Marciano può più del sinistro di Ezzard.
La rivincita fu ancora più dura. Al sesto round Charles con un gancio sinistro spacca la narice sinistra di Marciano. Per l’emorragia l’arbitro pensa di sospendere il match, ma uno sguardo del campione basta per farlo continuare.
Un Rocky sanguinante si avventa sull’avversario, al settimo round Lo Yankee Stadium sobbalza per un colpo da Ko ma Ezzardviene salvato dal gong. L’ottava ripresa è destinata a essere l’ultima: Charles Ezzardè a terra.
Rocky Marciano in una maschera di sangue continua a dominare la categoria regina.
Sempre lo Yankee Stadium va in scena l’ultimo spettacolo di Marciano.
Sessantamila spettatori assistono alla caduta al tappeto di Rocky alla seconda ripresa, ma come al solito quando tutti mollano lui no. Durante il nono round Arcie Moore va al tappeto, e ci resta fino al conto di dieci.
Sette mesi dopo Rocky Marciano annuncia il suo ritiro.
Un articolo della rivista Sport Illustrateddel 1993 dipinge a tinte fosche e impietose l’affresco della vita di Marciano dopo la boxe.
Prestiti sbagliati, la convinzione di essere immortale, l’ossessione per il denaro contante al limite della tirchieria. Lo spettro della povertà dell’infanzia lo perseguita.
I tradimenti a Barbara, unica moglie e prima sostenitrice del marito sia nello sport che nella vita quotidiana. Le relazioni con esponenti malavitosi, che godevano della sua luce di “vero macho italiano”.
Il triste epilogo della famiglia, infelice e in gravi difficoltà economiche.
Alla vigilia del suo quarantaseiesimo compleanno, Marciano decolla con un aereo privato da Des Moine, nell’Iowa, alle sei del pomeriggio. Nelle vicinanze di Newtown l’aereo si schianta al suolo. Muoiono tutti. Rocky stava tornando a casa, dove lo aspettava la moglie assieme alla figlia naturale e al figlio adottivo.
Ai funerali, Joe Louis dichiarò: «Qualcosa è andato via dalla mia vita. Non sono solo: qualcosa è andato via dalla vita di tutti».
Non siamo qui per giudicare, ma per ammirare un esempio di grande lavoro mentale in uno sport duro come la vita. Marciano è un esempio per chi pensa di non aver avuto dalla natura le doti giuste. Quello che capì lui è che non può esistere un campione senza testa e cuore, mentre tutti possono avere un fisico eccezionale senza raggiungere mai nessun risultato.
Spesso scopriamo che è più duro smettere che continuare, di esempi ne abbiamo tanti, il rischio è sempre quello di restare con la testa ai fasti della vita sportiva.
I motivi per i quali la vita fuori dallo sport è sempre più dura di quella agonistica resta un mistero. A volte basterebbe qualcuno a ricordare a questi grandi campioni, che le doti sfoggiate nelle gare sono ancora più utili ed importanti nella vita di tutti i giorni. Purtroppo ci sono troppi parassiti al loro fianco, che invece di donare succhiano energia.