Una poesia di denuncia, un grido di dolore, un appello al rispetto della dignità della donna quanto mai attuale.
“Pensavo fosse dolce starti accanto
credevo nell’amore e nell’incanto
di quando mi dicesti, giovinetta,
sarai tu la sposa mia diletta.
E mi avviai con te nel mio futuro
carezze, baci, rose ed avventure
si sa che i fior non durano in eterno
ma te ne accorgi quando è già un inferno.
Le sue carezze hanno le scaglie in mano
ed i suoi baci un retrogusto amaro
alle rose son spuntate le spine
le avventure non hanno più confine.
Si va dalla città al borgo antico
tutte van bene se fan quel mestiere
sian sarde italiane o forestiere
lui paga col mio pianto il suo piacere.
Vorrei volare in alto, con l’ale,
nell’immenso chiarore immortale
e sentirmi ancora una bambina
che culla la sua bambola, in cucina,
che canta ninna nanna e ninnao
questa bimba al suo sposo la darò
ma lo sposo è sempre l’uomo nero
che bruci nell’inferno tutto intero”.
Cimablu
Illustrazione tratta da Google immagini