È venerdì passato e ancora la Fiat non ha subìto il calo in Borsa, legato in buona parte alla spada di Damocle del giudizio di Standard & Poor's sul debito a lungo termine della Fiat. In questa situazione di certo non ha aiutato la maxi vendita dell’amministratore delegato, anche se lui ha provato a spiegare il tutto con una questione fiscale: ha intascato gratuitamente dalla Fiat un bonus in azioni sulle quali dovrà pagare delle tasse. I soldi provenienti dalla vendita gli servirebbero per questo.
La mossa però è azzardata, e sembra quasi una fuga prima del crollo. In una nota dell’agenzia di rating si legge infatti: «Abbiamo osservato sovraccapacità nel mercato di massa europeo, in particolare in Italia, secondo maggior mercato per Fiat, e una debolezza della domanda a causa delle misure di austerità introdotte dal governo italiano delle paure dei consumatori per il loro impatto. Standard & Poor's ritiene che tale contesto causerà un peggioramento delle performance operative di Fiat nel 2012. Allo stesso tempo, il Brasile, il mercato più forte per la casa torinese, è in una situazione di crescente concorrenza che ha ridotto l'importante quota di mercato di Fiat». Insomma, anche se S&P deve ancora pronunciarsi, e lo farà entro i prossimi tre mesi, le previsioni sono tutt’altro che rosee. La stima più probabile è un abbassamento del rating da “BB” a “BB-”.
E intanto, imperterrita, la pubblicità scorre. Una pubblicità poco lusinghiera con la tradizione culturale e culinaria del nostro Paese, giudicata “l’immagine che ci vogliono dare”, ma diciamo pure giustificabile con la necessità di dire che “non siamo solo bravi a cucinare” in pochi frame. È negli istanti seguenti che l’abilità comunicativa dello staff pubblicitario dà il suo meglio facendo leva su tutto il sentimentalismo italiano. Immagini di fabbrica, lo svincolo autostradale di Pomigliano, una famiglia e una madre che chiude il giubbotto al figlio prima di farlo uscire di casa e andare al lavoro. E una voce: « (...) perché in Italia ogni giorno c’è qualcuno che si sveglia e mette nel suo lavoro il talento, la passione, la creatività, ma soprattutto la voglia di costruire una cosa ben fatta». Peccato che magari lo svincolo di Pomigliano sarà presto teatro di nuove proteste, e che quelle famiglie (non vorrete mica far credere che comprare una Fiat, visto che è ormai praticamente made in Slovenia, significhi salvare lo stipendio di una madre italiana?) hanno già ben poco da sorridere, visti proprio i contratti “modello Pomigliano” che sono stati imposti al personale dietro la minaccia della chiusura.E così, dalle ultime battute del testo dello spot, quella che nelle intenzioni dovrebbe essere una certezza diventa una domanda quasi retorica: «Questa è l’Italia che piace»?!
Sara Santolini