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spotted, la mimesi si riprende lo spazio virtuale

Creato il 11 aprile 2013 da Giorgiofontana
spotted, la mimesi si riprende lo spazio virtualeING. MATEMATICA IMAD
non volevo dichiararmi ancora, non mi sentivo pronto..ma è da qualche giorno ormai che leggo di altri tuoi presunti ammiratori e la paura di perderti per sempre mi ha dato la spinta che mi mancava.
ho visto che ti chiamano ragazzina, che si fermano alle tue “chiappette” d’oro, sminuendo la meravigliosa persona che penso tu sia..
lunedì pomeriggio, se ti va, vorrei donarti due righe che ho scritto durante le ore di imad, mentre scrutavo i tuoi occhi immaginandomi come possa essere averti come principessa.
sarei il ragazzo più felice del mondo se anche solo tu mi dicessi di studiare insieme una volta, così, per conoscersi.
un ingegnere informatico in un brodo di giuggiole.
Fare spotted definirebbe lo scrivere un post come questo e lanciarlo come un messaggio in bottiglie nel vorticoso mainstream di una bacheca universitaria, sperando che venga letta da un universo indefinito, ma che soprattutto che si compia il miracolo che il lettore sia esattamente la persona che ha ispirato il pensiero. In Italia lo spotted è relativamente nuovo , la prima bacheca di questo tipo è stata quella del La Sapienza di Roma pe poi dilagare in quasi tutti i contesti universitari della penisola.
Ma nel resto del mondo il fenomeno è vecchio di alcuni anni.
il suo inizio è databile 2010 quando uno studente di informatica dell‘University College of London progetto FitFinder, una piattaforma che permetteva di pubblicare commenti su compagne di corso, di emnsa o di biblioteca  ma che fu chiuso dopo soli due mesi per violazione della privacy. La pagina dell’università romana conta ad oggi quasi 18.000 fan Il Politecnico di Milano ne ha altrettanti Quello dell’Università di Torino ne conta più di 25.000. Il fenomeno dalle università si è spostato in modo naturale verso altre comunità, scuole superiori in primo luogo, ma anche aggregazioni di utenti, come i trasporti pubblici, o la movida, con le suggestioni d’incontri nei locali. Le caratteristiche comuni sono: Il carrier principale è Facebook che permette di interessare un rich esteso, con strumenti relativamente efficienti per il feedback e l’immediatezza. Lo strumento online gestito con una modalità centrale. Gli annunci sono moderati e c’è un certo autocontrollo socio-culturale.
Anche se la pagine Facebook sono visibili a tutti, il contesto viene racchiuso in una etnografia legata al linguaggio e alle informazioni d’ambiente. In questo modo si crea la community verticale. La moderazione sugli annunci segue le linee guida tanto di Facebook quanto del buon senso.
Non mi è capitato di leggere annunci tendenti allo stalking, aggressivi, razzisti o volgari.
Questo nonostante la materia e la modalità siano abbastanza border line. La policy non prevede un uso commerciale diretto.
Se i creativi volessero, un uso intrigantemente narrativo, con incursioni nel marketing non convenzionale, avrebbero di che sbizzarrirsi.
Le storie romantiche, con nodi narrativi, impedimenti, personalità non banali e lieto fine, sono sempre le più gettonate per carpire l’attenzione sui particolari e fare tendenza. Lo spotted fa parte di quei bisogni di relazione che la virtualizzazione magicamente rende possibili.
Si tratta di un fresco ritorno all’anonimato, dopo anni di identità con tanto di nome e cognome e dati di riferimento entro i quali una vita mimetica era praticamente impossibile.
La mimesi, il transgenderismo, la libertaria assunzione di identità diversa sono un po’ la rinascita apolide dentro il non luogo per definizione che è il web.
Le storie che si incontrano in spotted sono figlie dei fiori, derampantismo di chi è stanco di E-go e vanity naming e si culla nel sogno di incontrare la dove finiscono le linee parallele tutti i numeri primi del Mondo.

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