Articolo di Pierluigi Gerbino su
InfoBorsa.
La settimana del vertice salva-euro, col suo carico di drammaticità
infuso dai media e dai comportamenti dei politici europei, ha
imposto ai mercati un'ulteriore incremento di emotività.
L'abilità comunicativa dei portavoce ufficiali è
riuscita a vendere ai mercati come un piano memorabile quello
che appare ogni giorno di più come un semplice accordo
di principio scarso di dettagli. Inoltre, come al solito, si è
riusciti a spostare l'attenzione sulle conseguenze di breve periodo
(il salvataggio della baracca che altrimenti sarebbe crollata
il giorno appresso) per ignorare quelle di più lungo termine
(gli effetti collaterali delle medicine usate).
In apparenza gli obiettivi sono stati tutti raggiunti: impegno
scritto dell'Italia, con tanto di calendari etto, salvataggio
della Grecia, con altri soldi e ristrutturazione "volontaria"
del debito, ricapitalizzazione delle banche per renderle più
solide, potenziamento del Fondo ESFS per proteggere Spagna ed
Italia dagli attacchi della speculazione.
Dopo quattro giorni tuttavia non si riesce ancora a conoscere
i dettagli necessari per comprendere la qualità dei provvedimenti
presi e per farsi un'idea delle conseguenze.
Si spiega così da un lato il fortissimo rialzo emotivo
dei mercati a cui abbiamo assistito giovedì scorso, quando
è stata diffusa ufficialmente la notizia che ci si era
messi d'accordo su tutto, sebbene, data la concitazione del vertice
e l'accordo a notte fonda, non venissero forniti che pochi e frammentari
particolari tecnici. Il problema però è che i dettagli
non sono arrivati nemmeno il giorno seguente e nel week-end. Comincia
ad affiorare il dubbio che i particolari tecnici non siano stati
definiti più di tanto. I mercati si sono così innervositi
e stanno restituendo tutto il rialzo emotivo di giovedì
scorso, mentre si diffondono voci che si stia addirittura pensando
ad elaborare un "piano B" nel caso in cui il piano di
Bruxelles dovesse non funzionare.
Non sarebbe forse meglio, prima di pensare ad un altro piano,
chiarire al mercato i contenuti del piano di Bruxelles?
Un'anticipazione di nervosismo è arrivata già venerdì,
mentre in Italia lo stuolo dei media continuava a magnificare
il successo di Silvio agli esami di riparazione europei e ad innescare
la miccia delle polemiche politico-sindacali sulla questione dei
licenziamenti facili previsti nella lettera d'intenti. Una riga
che pare scritta per sedurre Confindustria e poter affermare che
se l'Italia non mantiene gli impegni con l'Europa è colpa
dei sindacati e dei soliti comunisti.
Venerdì l'asta dei BTP decennali è stata un fallimento,
con tassi d'aggiudicazione schizzati per la prima volta oltre
il 6% ed il quantitativo emesso coperto a fatica, nonostante gli
interventi della BCE. Che non fosse solo un incidente di percorso
lo si è capito oggi, con i tassi di mercato sul BTP arrivati
quasi al 6,20% e lo sread con Bund che si è portato oltre
410 punti base. Siamo ormai a meno di un punto percentuale da
quel 7% di rendimento che ha fatto alzare bandiera bianca alla
Grecia ed al Portogallo e chiedere aiuto al fondo ESFS.
Il segnale è molto chiaro e non è affatto bello:
dell'Italia per ora si fidano solo le dichiarazioni ufficiali
dei burocrati europei, che hanno dovuto rimediare alle risatine
franco-tedesche accettando il bluff di Berlusconi ed ora cercano
di spronare l'allievo appena promosso invitandolo a trasformare
presto gli impegni in fatti concreti. Il mercato invece comincia
faticosamente a fare i conti su che cosa comporterebbe per le
tasche e le prospettive dei cittadini italiani realizzare i contenuti
della lettera e quali conseguenze avrà sull'economia la
ricapitalizzazione delle banche.
Infatti la lettera è un libro di sogni liberisti, da attuare
attraverso la svendita dei patrimoni pubblici, la macelleria sociale
e le tasse sui soliti noti, senza toccare quelli che finora non
hanno mai pagato. E' una medicina che comincia ad assomigliare
a quella che i greci stanno prendendo da due anni e che li ha
portati al fallimento, chiamato "ristrutturazione volontaria"
dall'ipocrisia degli eurocrati.
La ricapitalizzazione delle banche poi, comporterà quasi
15 miliardi di nuove risorse da reperire per rafforzare il patrimonio
e raggiungere il 9% del "Core Tier 1 Ratio". Su questo
punto si accumulano le incertezze. Il ratio al 9% riguarderà
solo le 5 banche principali (Unicredit, Intesa, MPS, B.Popolare
ed Ubi, che fanno parte della lista delle 70 big europee a cui
si riferisce l'accordo di Bruxelles) oppure Visco, il neo Governatore
della nostra Banca d'Italia, che dovrà mostrare uno zelo
adeguato alla sostituzione del mitico SuperMario Draghi, deciderà
di estendere per prudenza la misura a tutte le altre banche? Inoltre
come si reperirà il capitale necessario? Pare quasi escluso
l'uso massiccio degli aumenti di capitale, che trascinerebbero
i prezzi di borsa al lumicino e comporterebbe sacrifici impossibili
per gli azionisti di controllo. Pare anche difficile ricorrere
ad altri aiuti di stato, poiché lo stato ha bisogno di
essere aiutato lui. Credo perciò che si taglieranno i dividendi,
si farà abbondante uso della classica creatività
italiana e si aumenterà il rapporto, agendo più
sulla riduzione del denominatore (attivo di bilancio) che sull'aumento
del numeratore (patrimonio di qualità).
L'attivo di bilancio si riduce con dismissioni e restringendo
l'attività creditizia, che ha già i rubinetti semichiusi,
almeno per le piccole e medie imprese, l'ossatura del nostro sistema
produttivo.
Tutto ciò ha un fortissimo odore di recessione, per tutta
Europa e soprattutto per il nostro paese, a cui i padroni d'Europa,
Gatto Merkel e Volpe Sarkozy, continuano a chiedere di crescere
e di tagliare la spesa. E' come chiedere al mulo di andare più
veloce dandogli sempre meno da mangiare. E stupirsi se il mulo
dopo qualche tempo stramazza al suolo.
Fine articolo di Pierluigi Gerbino
Magazine Attualità
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