Mi sono sempre chiesta se fossi all’altezza degli altri. Mi sono sempre rapportata agli altri con timore reverenziale, a testa bassa per non sfidare, a piedi felpati per non pestare, le spalle strette per non urtare, la voce bassa per non farmi sentire. Ho cercato di adattarmi al flusso: quello delle parole perché non fossero troppe, e quello dei silenzi per non interromperli. Ho vissuto cercando di sovrappormi all’idea che gli altri preferiscono di me, non sempre riuscendo ad incontrare i loro gusti.
Fai il doppio della fatica. Addizioni al tuo modo di essere quello che gli altri si aspettano, sovrapponi due personalità cercando di far coincidere prima la sagoma, poi tutti i contorni, poi le sfumature fino al punto più profondo, la fossa delle Marianne della propria indole. Il punto di non ritorno arriva quando non riesci più a capire se stai pensando con la tua testa o con quella di chi cerchi di accontentare. Me se alla testa si aggiunge il cuore sei salvo. In gergo informatico si chiama punto di ripristino, è una procedura che serve a ripristinare la configurazione di un pc di un dato momento, permettendo di recuperare impostazioni ottimali. Un salvataggio in extremis.
Il cuore è l’archivio dei punti di ripristino. E’ il ricordo delle emozioni a permetterci di recuperare le diverse configurazioni del nostro essere nel corso del tempo. Modalità ‘sognatore’, modalità ‘realistico’, e poi ‘disincantato’, ‘disilluso’, ‘cinico’ fino a ‘opportunista’ o, peggio, ‘spietato’. A questo punto se il cuore non è troppo inaridito dagli automatismi cerebrali sarà un messaggio di errore di sistema ad avvertirti che qualcosa non va. Basterà passare in rassegna i capisaldi della memoria e ancorarsi ai ricordi capaci di emozioni positive, resistenti ai bug più inestinguibili.
Non è necessario essere degli hacker dei sentimenti per padroneggiare l’abilità di recuperare la propria purezza. E’ sufficiente non dimenticare la password di accesso. E quella la conosci solo tu.
larablogger