Gianni è andato a vedere cosa succede a Teku, dopo l’abbattimento di qualche centinaia di baracche. Il posto è ancora più strano di prima, uno spiazzo sporco, qualche baracca residua e i vecchi templi dilapidati. Non si sa che fine hanno fatto le centinaia di famiglie rimosse, qualcuna avrà trovato casa per qualche mese con le Nrs. 15.000 (euro 140) date dal governo, altre saranno tornate ai villaggi, molte avranno trovato rifugio in altri slums della Valle.
Nessuno è stato re- insediato come promesso presso le gole di Chobar, aperte dalla spada del Boddhisattva Manjusri per far fluire le acque del lago che, un tempo, riempiva la Valle. Così di formò il sacro fiume Bagmati. Lì è stato costruito un cementificio, dismesso, che ha rovinato l’ambiente, poi ulteriormente distrutto dalla nuova urbanizzazione e l’idea di avere anche gli squatters ha già creato proteste fra gli abitanti.
Tutto rimarrà fermo come la situazione politica impanata in manifestazione di monarchici, maoisti, gruppi etnici; qualcuno a favore delle elezioni di novembre, altri contro, nuovi partiti pronti ad aumentare la frammentazione e l’ingovernabilità. Una noia che sta portando, definitivamente, il Nepal ad italianizzarsi.
Per rimanere sugli slums, sembra che l’ansia di repulisti sia comune in tutta l’Asia. Un amico mi scrive dal Bangladesh che anche a Dhaka si sta pianificando di ripianare una delle più grandi baraccopoli dell’Asia, quella di Korail, oltre 100.000 abitanti. I 170 acri di terra appartengono alla compagnia statale Bangladesh Telecommunications Company Limited (BTCL), il Public Works Department (PWD), e il Ministry of Information and Communication. Nel gennaio 2012 dopo la sentenza della Dhaka High Court sono arrivati i primi bulldozers. Anche qui promesse di re insediamento in zone migliori.
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