Saint Andrews è un'elegante cittadina che si affaccia sulle coste del Fife, lungo il lato sud-est della Scozia.
Oggigiorno è fondamentalmente conosciuta per il suo ateneo, che è uno dei più antichi e rinomati del Regno Unito (e che permise anche a Kate Middleton di incontrare il suo Principe Azzurro, dal momento che entrambi hanno studiato qui), e per i suoi campi da golf.
Questa sua vocazione di regina del green forse la potrà far apparire un pochino snob, ad una prima occhiata superficiale: una signorina bon chic di famiglia altolocata dal look sobrio ma ricercato, che studia in un'università importante come preliminare per una prestigiosa carriera già tracciata, e che nel tempo libero comincia già ad intrecciare rapporti sociali che contano in qualche elitario circolo sportivo.
Ma questo aplomb posato ed elegante è soltanto un abito di sartoria indossato sopra un'anima scozzese fino al midollo.
Un'anima con un cono d'ombra selvaggio e magnifico, un cipiglio fiero e forte che all'improvviso è capace di abbandonare compostezza ed etichetta per correre a perdifiato lungo le coste frastagliate fatte di spiaggia e brughiera, per respirare a pieni polmoni l'aria del mare, con le braccia spalancate ed i capelli scarmigliati.
La scozzesità di St Andrews sta nel suo stesso nome: è come un vessillo che porta orgogliosamente sempre innalzato, come il santo patrono di Scozia - la cui croce, quella con i bracci in diagonale su cui è stato martirizzati molte migliaia di chilometri lontano da qui, oggi campeggia sulla bandiera scozzese, bianca e pura, contro lo sfondo blu e cupo. Blu e cupo come questo mare. O come i volti dei guerrieri Picti che vivevano in questa terra quando era libera - quando niente di rosso era ancora giunto dall'Inghilterra a sovrastarla: né la croce vermiglia di San Giorgio, che è sovrapposta a quella di Sant'Andrea nel comporre la Union Jack; né il sangue versato nelle tante battaglie che servirono ad unire i due regni.
Per arrivarci da Edimburgo abbiamo preso il treno fino a Leuchars, un paesino minuscolo che ospita però una base della RAF - ed è piuttosto surreale, mentre si contempla la quiete campestre di distese verdi e sconfinate, avere il proprio filo di pensieri interrotto all'improvviso dal boato di un jet militare che sta decollando.
Da qui poi si prende un autobus - a meno che non si voglia rimanere un po' a contemplare qualche aereo supersonico.
Il cuore di St Andrews è Market Street, arteria orizzontale che un tempo, come dice il suo nome, ospitava il mercato, e oggi è costellata di negozi e caffetterie.
Market Street è come una spina dorsale fatta di pietre grigie e comignoli bassi, con qualche costola che si dipana rivelando sorprese - case pastello, archi di pietra marroncini, fiori, chiese... e soprattutto il mare.
Vicino eppure lontano, che occhieggia sullo sfondo, sventolando come una bandiera.
Ma la vera bellezza di St Andrews, il suo segreto e la sua storia non risiede in questo suo cuore appartato dalla costa, che dà le spalle al mare e si nasconde da esso.
La vera bellezza di St Andrews sono i suoi due fantasmi, i suoi due scheletri orgogliosi e tremebondi che verso il mare si stagliano fieri, lo fronteggiano, lo guardano malinconiosi - o forse lo implorano affinché riporti loro indietro ciò che sono stati.
La Cattedrale sembra una scenografia teatrale: ne è rimasta solo la facciata frontale, dietro c'è il vuoto - o il cielo, in realtà, che fa capolino dai suoi occhi vuoti.
Le sue torrette laterali e le voragini tonde rimaste dove prima c'erano finestre o rosoni la fanno somigliare più ad un maniero delle fiabe che non ad un edificio religioso: un maniero in cui abita una strega che non è veramente cattiva, lo è diventata solo dopo un grande dolore.
Questo scheletro di edificio sacro (o di maniero) risale al XII secolo ed è stata eretta come una sorta di upgrade di una più umile e ridotta chiesa preesistente, dedicata a San Regolo, monaco del IV secolo ed anima vagabonda che a quanto pare giunse fin qui dalla Grecia in cerca di un luogo adatto per dare riposo alle ossa di Sant'Andrea in persona.
E si dice che queste ossa si trovino tuttora sepolte sotto ciò che resta dell'altare - oggi poco più che un manto erboso e qualche pietra; in compagnia di molte altre lapidi ed altre ossa più o meno anonime.
L'altro fantasma (o scheletro) di St Andrews è il suo Castello, del quale rimangono solo alcuni moncherini ricoperti di vegetazione - che danno quasi l'impressione che si stia sbriciolando verso il mare, o che sia scappato di corsa dimenticando qualche pezzo.
Se la cattedrale somiglia un po' ad un maniero, il castello in realtà nacque nel XIII secolo come residenza fortificata di un vescovo - ed eccoli lì i due fantasmi: arroccati come ai due opposti della costa come pietre miliari di confine, facce agli antipodi di una stessa medaglia.
Il campo da golf lo sbirciamo da lontano: né io né Tabby Cat siamo praticanti della nobile disciplina, e dunque lasciamo da parte il lato bon ton di St Andrews, preferendo esplorare quello più tormentato e selvaggio.
Se vi interessa sappiate che comunque i green cittadini sono parecchio gettonati, e c'è bisogno di prenotarli con largo anticipo.
Noi invece ci dedichiamo alla contemplazione della spiaggia: non so spiegare perché io senta da sempre, ancora prima di cominciare a vederle di persona, un'attrazione così forte nei confronti delle spiagge che ci sono qui - delle loro scogliere basse, della marea che si ritira bassa e spumosa, delle alghe scure e frastagliate che vengono a morire sul bagnasciuga.
Hanno qualcosa di mistico e primordiale, di malinconico e bellissimo.
Quando ci cammino, con i piedi che sprofondano nella sabbia umida e fredda, il vento che mi schiaffeggia cantandomi nei capelli - canto un po' anche io, canta qualcosa nel mio cuore...
E allora rimango qui ancora un po', ad ascoltare questa canzone, e a contemplare St Andrews dal mare.
O i suoi fantasmi...
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