Un signore d’istinto passeggiava in piazza d’Uomo a passo Duomo. Si imbatté in un poco di nuovo che gli disinfettò il portafiglio dal taschino dello spanciotto.
Il s’ignore gli corse dietro ma quello gli correva d’avanti e dakkordo con il disaccordo si ritrovarono a rincorrersi come due rinCoceronti sù e giu per le scalè dellà citta senza concludere gnente (faccia di serpente).
I due continuavano a correre finchè ill’adro cadde su una cuglia del d’uomo di my l’ano e si inforcò il cucumeo con magno dol-ore.
Il s’ignore d’istinto app plaudì la caduta dell’adro sull’acuglia e gli fregiò il portafollo dall’atasca in qui ill’adro glio aveva messo.
Il signore d’istinto ritorno a kasa kon in suo portafrollo felice e con Tento.
Ill’adro nessuno più sapette che fine facciò dopo quel ciorno. Qualk’1 dicie che diventatte l’ennesima stattuina del d’uomo di my l’ano, forse un re mago con il cucumeo infilzato e kon loro il vincenzo e la birra sopra il kammello. Ma ki lo sa? E’ tutta una leccenda che va in metropolitana. Se lo chiede ankora occi anke Fasto Le Ali quanto canta ‘Ma chi teduberò se non a te’?. Ma kuesta è una ltra stroria e vela racc’onto una ltra folta.
In questa storia ho volutamente calcare la mano, imitando i miei giovani studenti (stu’denti?) ma a volte mi chiedo se questo tipo di linguaggio un giorno prenderà il sopravvento sulla bellissima illustrissima lingua Italiana. Temo di sì, e temo che si verifichi un’implosione del linguaggio come nel noto e famoso film ‘Arancia Meccanica’.