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La trama (con parole mie): Vincent è un burbero uomo oltre la mezza età da tempo abituato a vivere da solo e prendere a schiaffi la realtà attorno a lui, rifugiandosi nell'alcool e nella prostituta Daka.
Quando Maggie, divorziata in fuga dall'ex marito, e suo figlio Oliver si trasferiscono nella casa accanto ed a seguito di una casualità Vincent si trova a diventare il baby sitter ufficiale del ragazzino, le regole per tutti loro cambiano: madre e figlio troveranno l'energia e gli spunti per ricominciare, mentre Vincent un nuovo motivo per aprirsi al mondo e alla vita mettendo alle spalle il destino di sua moglie ed un passato non sempre tenero.
Ma l'equilibrio di tutti questi instabili fattori riuscirà a mantenersi?
O le cose, inevitabilmente, finiranno per precipitare?
Esistono film che pare di aver visto e rivisto mille volte, un pò come quei titoli che finiamo per gustarci quando vengono incrociati per caso in tv, o che, nei momenti di stanca, capitano nel lettore come per tenerci compagnia, fosse anche solo in qualità di sottofondo.
Esistono storie che non raccontano, di fatto, nulla di nuovo, che danno l'impressione di essere le favole che ci raccontavano da piccoli, per farci addormentare, e finiamo per ricordare con l'affetto che di norma riserva la malinconia.
Esistono titoli da criticare, altri da esaltare, altri ancora da ignorare, o dei quali si finirà per non ricordare quasi nulla.
E più semplicemente, pellicole cui si finisce per voler bene, inevitabilmente ed inesorabilmente.
St. Vincent è stata una di queste.
Certo, per chi come il sottoscritto ha amato Gran Torino ed ha finito per considerarlo il testamento artistico del vecchio Clint, il lavoro di Theodore Melfi potrebbe apparire come un cocktail annacquato al cospetto di un robusto bourbon liscio, e saranno in molti ad accusare quest'opera di una certa ruffianeria di fondo tipica dei prodotti indie, carini ed in stile Sundance.
Ma sapete che vi dico? Si fottano, per parafrasare quello che, probabilmente, sarebbe il verdetto del Vinnie di Bill Murray, che seppur da più di trent'anni imprigionato quasi nello stesso ruolo continua ad essere uno dei volti del Cinema USA che amo di più, lo zio un pò matto al quale si guarda da bambini con meraviglia e da adulti con complicità.
Se, poi, all'ingrediente principale si aggiungono una manciata di scene più che giuste - la lezione per il pugno dritto sul setto nasale è già antologia, in casa Ford, e verrà al più presto riportata al Fordino -, due interpreti femminili in ruoli differenti da quelli cui siamo abituati - ottima una Naomi Watts dal credibilissimo accento est europeo, interessante Melissa McCarthy per una volta non ridotta a macchietta - ed un crescendo da buon, vecchio film di nicchia pronto a commuovere, il gioco è fatto: St. Vincent non sarà certo la pellicola dell'anno, mostra il fianco alle critiche e all'originalità quanto il suo protagonista, eppure pare proprio vada bene così, pane e salame, come una scommessa su un cavallo con tutte le probabilità a sfavore o un amore consumato un bucato dietro l'altro, più forte di tutti quelli che possono essere i peccati ed i difetti di chi quell'amore magari sente di non averlo vissuto al suo meglio.
Senza dubbio, poi, ad un vecchio cowboy come il sottoscritto, in bilico tra la paternità e l'idea che, tra una trentina d'anni - più o meno lo stesso intervallo di tempo che separa gli eighties da ora - sarò probabilmente un individuo nello stile di Vincent, un titolo come questo non potrà certo apparire come un male: in fondo, conosco bene i peccati dei santi bevitori, quelli che combinano un casino dietro l'altro eppure, a loro modo e a scapito di qualsiasi difficoltà, sono sempre lì, presenti.
E chissà, a volte forse non è neppure un bene, ma loro continuano a perseverare.
E non c'è niente che li possa abbattere, almeno fino a quando avranno ancora voglia di succhiare tutto il midollo di questa vita: che potrà essere dura, e tosta, e cercare di metterti sempre alle strette.
Ma basteranno un diretto in pieno viso, alcool, un pò di grande musica - applausi per la colonna sonora, strepitosa -, sesso, e la voce di chi si è appena affacciato o si sta affacciando a questa vita.
Perchè ai santi bevitori piace l'idea di passare il testimone a qualcuno.
Del resto, loro vivono per i riti sociali anche quando paiono lontani dal mondo intero.
MrFord
"I was in another lifetime one of toil and blood
when blackness was a virtue and the road was full of mud
I came in from the wilderness a creature void of form
"come in" she said
"I'll give you shelter from the storm"."
Bob Dylan - "Shelter from the storm" -
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