Ora non vorrei allarmarvi, ma tutto questo vivere di micro-momenti che abbiamo sottoscritto sin da quando ci hanno dimesso ancora in fasce dal reparto maternità, fatto di cose come la risata con l’amico, il sorriso di qualcuno a cui aneli, la bottiglia di whisky da 130 euro alla Metro e persino l’impresa di vedere senza vestiti qualcuno sulla cui riuscita non ci avresti mai scommesso, ecco se tutto questo non ha un filo conduttore alla fine si fanno i conti e il risultato è che non si è riusciti a combinare un cazzo, e il bello per modo di dire è che è tutto maledettamente senza ritorno e anzi se fai sapere a qualcuno pensieri di questo tipo c’è sempre chi ti fa notare che ancora grazia che quel giorno lì ti sei svegliato tutto intero. L’assenza di un piano mica si può risolvere a cinquant’anni, scordatevelo, e l’aver messo nella stessa frase il piano non come strumento musicale ma nel senso di progetto e lo scordarsi non nel senso di suonare stonato ma del dimenticarsi converrete con me che si tratta di un bel colpaccio narrativo. E l’unica consolazione, una volta che si ha la consapevolezza che non c’è niente se non quello che si è e si ha intorno, è che tutto sembra un incommensurabile sistema interrotto ma a livello direzionale, non so come dire, come quando un imprenditore viene a dirti che chiude baracca e burattini chi si è visto si è visto perché delocalizza e tu malgrado scioperi e sindacati non ci puoi fare niente. Voglio dire, nel nostro vivere la situazione è nettamente privilegiata rispetto a chi si trova con il culo scoperto lavorativamente parlando. Nessuno ci aveva mai detto il contrario, non abbiamo mai firmato un contratto con clausole circa l’impegno bilaterale a trovare il perché e il percome, e il fatto che fino a un certo momento ci hanno fatto credere che gente sconosciuta vestita di rosso e con la barba bianca poteva introdursi a casa nostra per lasciare beni di valore senza spendere una lira né di acquisto né di corriere, oppure che un cartello di roditori gestisce un intero sistema di commercio losco di dentini da latte, non fa delle nostre esistenze un percorso favolistico con un lieto fine. Quindi niente, non abbiamo nemmeno un posto fisso – sempre continuando con la metafora di prima – niente aspettativa o maternità. Le ferie, ecco, le ferie ci sono anche nel nostro affannarci quotidiano nel tempo che non ci dà sosta. Ci fermiamo un istante, sistemiamo una coda di cavallo sulla testa di una figlia alla quale auguriamo di trovare il filo logico di tutto, le indichiamo la strada giusta con la speranza che almeno lei, che ha ancora tutto il tempo, ci possa riuscire.
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