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Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore

Da Beppe @Fid2

Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore: E’ meglio avere la stabilizzazione ottica o la stabilizzazione sul sensore? Una domanda non facile da rispondere, soprattutto perché entrambi i sistemi presentano sia vantaggi che svantaggi.

Il sistema VR di Nikon prevede la stabilizzazione ottica piuttosto che al sensore. Ciò significa che a muoversi, per stabilizzare l’immagine e ridurre le vibrazioni dovute ad esempio dalla mano del fotografo, è una lente (o un sistema di lenti) all’interno dell’obiettivo stesso (a tal proposito, date un occhio al video qui di seguito).

Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore secondo Nikon

La Nikon, in un suo vecchio articolo pubblicato sul sito Nikon Europe, afferma che un sistema di stabilizzazione ottico è migliore di quello a sensore in quanto:

  • permette di vedere le immagini stabilizzate nel mirino ottico: Poiché il movimento della fotocamera è compensato all’interno dell’obiettivo in uso, è possibile vedere l’immagine stabilizzata direttamente nel mirino ottico. Questo rende più facile catturare il soggetto a fuoco. Con una fotocamera che corregge l’effetto mosso all’interno del corpo della fotocamera, l’immagine nel mirino rimane mossa.
  • Ogni obiettivo è ottimizzato per ottenere il miglior risultato: a differenza delle fotocamere che offrono solo una funzione di stabilizzazione interna “standard”, ogni obiettivo ha una stabilizzazione ottimizzata in base alla costruzione dell’obiettivo stesso. Di conseguenza, è possibile scattare con tempi di posa molto più lunghi di quanto sarebbe altrimenti possibile se la stabilizzazione fosse sul sensore.
  • Le informazioni catturate dall’autofocus e dal sensore di metering sono corrette dallo stabilizzatore d’immagine sulla lente: questa è una grande differenza rispetto alla stabilizzazione sul sensore. Il risultato finale è una messa a fuoco automatica più veloce ed una misurazione dell’esposizione più precisa..
  • L’effetto mosso non è lo stesso con tutti gli obiettivi: L’effetto mosso causato dal movimento della fotocamera è diverso in funzione dell’obiettivo usato (un fenomeno più evidente quando si utilizza un obiettivo con lunghezza focale elevata). Nel caso di stabilizzazione sul sensore è necessario tarare la stabilizzazione al fine di compensare il comportamento della lente. Con la stabilizzazione sulla lente non ci sono problemi, essendo già tutto ottimizzato.

Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore

Ovviamente Nikon tira acqua al suo mulino, preferendo la stabilizzazione ottica. Molti altri produttori, al contrario, hanno investito molto più sulla stabilizzazione sul sensore in quanto, per esempio, questa permette l’utilizzo di qualsiasi ottica, sia le vecchie ottiche analogiche sia le ottiche di altri produttori (immaginate di usare un’ottica tramite una ghiera….non succede spesso ma succede).

In secondo luogo, bisogna tenere conto il discorso del costo degli obiettivi: integrare un motore di stabilizzazione ottico in ogni ottica ha un costo, sia in termini di euro (costa di più) che di peso (un motore pesa più di qualche grammo) che di complessità (molle, motori, elettronica). Un motore di stabilizzazione è inoltre composto di parti meccaniche che possono rompersi: se ciò accade l’ottica è inservibile.

Al contrario, lo stabilizzatore sul sensore è unico: lo comprate solo una volta (quando acquistate la macchina fotografica), ed è meno a rischio di danneggiamento in quanto, normalmente, trattiamo meglio la macchina fotografica del singolo obiettivo. Ovviamente anche questo può rompersi e mettere fuori uso l’intera macchina fotografica…ma nuovamente la riparazione di una macchina fotografica è meno complessa (e più efficiente) di quella di un’ottica. Ovviamente la presenza di un sensore incrementa il peso del corpo macchina, cosa che potrebbe incidere sul bilanciamento dell’insieme ottica-corpo. Forse, uno dei più grandi svantaggi dello stabilizzatore sul sensore è la sua ridotta capacità di funzionare al meglio su lunghe focali, il che rende questa soluzione meno performante e meno utile nell’ambito della fotografia sportiva (dove appunto si usano lunghezze elevate e tempi di scatto rapidi).

Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore

La stabilizzazione sul sensore, inoltre, può essere impiegata per scopi differenti alla semplice stabilizzazione, così come fatto da Hallelblad e Pentax.

Hasselblad: la casa tedesca ha introdotto la cosiddetta Multi-Shot technology. In parole povere, Hasselblad fa muovere il sensore sotto il filtro Bayer (che non sono quindi “uniti”). In questo modo i fotositi del sensore saranno posizionati differentemente sotto il sensore: Hasselblad ha progettato il movimento del sensore in modo tale che vengano scattate 4 fotografie in 4 differenti posizioni del sensore rispetto al filtro Bayer, in modo che ciascun fotosito si trovi 2 volte sotto il verde, una volta sotto il blu ed una volta sotto il rosso. La combinazione delle immagini permetterà di ottenre una maggiore “qualità” dell’immagine finale.

Pentax: la casa nipponica ha pensato di utilizzare la stabilizzazione sul sensore nell’ambito della astrofotografia. In pratica, alcune fotocamere Pentax (come la K-5) sono in grado di calcolare e prevedere (grazie all’ausilio di un GPS e dai sensori di accelerazione e magnetici della fotocamera) i movimenti degli astri celesti, muovendo il sensore (appunto impiegando la funzione di stabilizzazione) in modo da “inseguire” gli astri celesti stessi. L’effetto è ovviamente limitato nel tempo (il sensore ha un’escursione molto piccola) ma permette, con esposizioni non troppo lunghe, di riprendere le stelle come punti e non strisce (in ogni caso, anche in caso di esposizioni lunghe, la striscia risulta essere inferiore rispetto a fotocamere non equipaggiate con questa soluzione). Un vantaggio non indifferente.

Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore: conclusioni

Alla fine dei giochi, esaminati i punti di forza dei due differenti tipi di stabilizzazione, è chiaro  che non si può dire che un sistema è migliore di un altro. Sicuramente il problema più importante dello stabilizzatore sul sensore è la ridotta efficacia con focali lunghe, con conseguente impatto sull’uso in ambiente sportivo o naturalistico.

Sicuramente, il miglior approccio possibile sarebbe quello di combinare le due tecnologie di stabilizzazione dell’immagine, in modo da scegliere quale stabilizzazione utilizzare in funzione del tipo di fotografia che si vuole fare. Facendo ovviamente attenzione a non utilizzarli in contemporanea, pena il disastro fotografico. Va inoltre detto che l’utilizzo di una stabilizzazione sul sensore per marchi quali Canon o Nikon è abbastanza utopistica: i due produttori hanno progettato i propri obiettivi in funzione di un sensore “fisso”. Rendere un sensore “mobile” significa progettare obiettivi che abbiano un cerchio d’immagine sufficientemente ampio perché, al movimento del sensore, lo stesso copra sempre il sensore. Cosa che, molto probabilmente, non vale per gli obiettivi Nikon e Canon.

E per le mirrorless? Per le mirrorless, dove il mirino è elettronico e tutto si basa su compattezza e peso, probabilmente integrare lo stabilizzatore d’immagine sul sensore ha più senso che delegarla agli obiettivi. Praticità a parte, però, alcuni produttori hanno pensato di non seguire questa strada: è il caso nuovamente di Nikon che nella sua serie di mirrorless ha continuato a prevedere lo stabilizzatore sulle ottiche. Chissà se questa scelta è dettata dalla elevata tecnologia Nikon o banalmente dalla voglia di tenere alti i prezzi dei singoli obiettivi.

L'articolo Stabilizzazione ottica vs stabilizzazione sul sensore è stato pubblicato su Fotografare in Digitale.


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