Magazine Bambini
Partecipo volentieri all'iniziativa di Luana del blog LA STACCATA che ha papizzato, o babbizzato, l'iniziativa “Staccate vs Taccate” creando “Sono un papà staccato”. Visto che tutto era nato nel mondo femminile della mamme, innanzitutto ho cercato di ragionare su cosa potesse significare per un papà essere “taccato” o meno. Subito la mia mente, forse predisposta geneticamente da un dna sviluppato nel vernacolo toscano, è andata all'immagine di un ex premier bassino con scarpe con i tacchi, forse nascosti. Ho scosso più volte la testa per allontanare quell'immagine e ho cercato di andare avanti con la mia riflessione. Forse le mamme “taccate” sono quelle sempre elegante, con i tacchi appunti, che sembrano essere appena scese da una passerella di moda anche quando accompagnano il figlio al nido la mattina presto. Forse le mamme “staccate” sono quelle più casual con scarpe basse e comode, non per questo meno eleganti.Scopro subito le carte svelando le mie preferenze sul tema. Io mi sono innamorato di una donna, adesso mia moglie, con la quale potevo tranquillamente passare da una cena a lume di candela in un ristorante chic (in versione “taccata”) a mangiare un panino nel mezzo di una gita in tuta da ginnastica (in versione “staccata”) o a un viaggio dall'altra parte del mondo con un bagaglio che prevedeva solo cose comode e leggere perché c'era parecchio da camminare. Allora ho cercato di traslare questo ragionamento nel mio mondo e, in generale nel mondo dei babbi. Concordo con quanto scritto da altri papà “staccati” che, forse, l'equivalente maschile di "taccato" può essere il vestirsi in giacca e cravatta. Anche se, forse, è da intendere secondo me nel senso di “papà sempre in ordine”.Vestirsi in “giacca e cravatta”, usato anche come modo di dire, porta con sé alcune strane peculiarità che in questi anni ho avuto occasione di notare.Per alcuni lavori “giacca e cravatta” è solo una specie di uniforme. Nonostante questo la gente pensa che tu possa vivere 24h su 24, tutti i giorni dell'anno vestito in quel modo. Non succede in nessun altro caso. Se vediamo un meccanico in tuta da lavoro blu, o un panettiere vestito di bianco, non ci aspettiamo certo di trovarlo così mentre passeggia per strada il sabato con la famiglia. Eppure c'è sempre qualcuno che si meraviglia quando ti incontra durante il fine settimana in jeans e con la barba lunga.Alcuni vivono ancora il fascino e il rispetto dell'uomo in “giacca e cravatta”. Se accompagni tua figlia da qualche parte, magari le prime volte quando ancora non ti conosco tutti quelli che ci lavorano, se sei appena uscito da lavoro e ancora vesti in “giacca e cravatta” ti guardano in un modo diverso da quando la porti un giorno che sei in ferie e indossi una tuta da ginnastica. Lo dico perché sono cose che mi accadono. Sono convinto che non si possa essere padri “in giacca e cravatta” con i propri figli, nel senso di persone rigide e attente all'esteriorità. Quando porto mia figlia al nido prima di andare in ufficio può succedere che, quando la prendo in braccio, mi sbricioli i biscotti sulla giacca. D'inverno, invece, di solito sulla spalla c'è il “moccio” del naso che cola nonostante il fazzoletto appena usato.Ricordo con tenerezza che un pomeriggio d'estate ero andato a prendere mia figlia al nido. Lei stava giocando in giardino con la terra. Quando mi ha visto arrivare da lontano mi è corsa incontro a braccia aperte. Una delle maestre che era venuta ad aprirmi il cancello, probabilmente vedendomi vestito così, mi ha avvertito “Stia attento che la sporca, giocavano con la terra.” Io le ho fatto un sorriso come per dirle che niente al mondo mi avrebbe impedito di abbracciare mia figlia e prenderla in braccia.Quindi, potrà capitare che mi vediate con delle briciole sulla giacca, di solito le tolgo non preoccupatevi, o che mi sia dimenticato in tasca qualche biscotto chiuso in un pezzo di carta. Che mi vediate nel parco vicino casa in tuta, o pantaloni corti, giocare a palla con mia figlia o spingerla sull'altalena. O più elegante andare a cena fuori un sabato sera tutti e tre insieme. Sono sempre io. Perché per me l'importante è essere “staccato dentro”.
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