Stade - Bath, lezione di (rugby) francese

Creato il 06 aprile 2013 da Rightrugby

CHALLENGE EUROPa - QUARTi Di FINALE

06/04/2013  |  Recreation Ground


BATH RUGBY

   

20 - 36

STADE FRANÇAIS

  


Oltre al quarto di finale tutto francese tra Perpignan e Tolosa,  avremo anche una semifinale tutta francese tra USAP stesso e Stade Francais nella European Challenge Cup., a fine aprile. C'è anche Biarritz nell'altra semifinale, ma è comunque un passo indietro rispetto all'anno scorso, quando le semifinali tutte francesi furono due su due ... Battute a parte, tremendo invece l'esito dei quarti per le inglesi: Gloucester, Wasps e ora Bath, tutte a casa, rivelando tutte limiti non indifferenti rispetto alle controparti europee.
Lo Stade Francais supera Bath, alla fine sono tre mete contro quattro ma basta guardare il timing delle marcature per comprendere che i parigini hanno avuto il controllo della gara, nonostante due gialli subiti. E han rifilato una lezione di french flair agli avversari, orchestrata sotto la direzione di Sergio Parisse,  direttore d'orchestra impeccabile, carismatico coi suoi e ammiratissimo nella sua classe pura dai commentatori inglesi (dopo Masi ieri: siamo indubbiamente diventati di moda lassù). Notevole il siparietto nel secondo tempo, quando il capitano Azzurro prima trova una touch deliziosa da 50 metri e subito dopo, quando lo Stade conquista un calcio di punizione e lui prende l'ovale per indicare all'arbitro Nigel Owens che lo piazzeranno, questi gli fa: "Lo calci tu?".  Plisson lo sbaglia e i commentatori inglesi: "eh, era meglio se ci provava Parisse ...". Siamo al Full Respect.
French flair si diceva: non è solo la capacità di far caracollare i trequarti, è crearla prima di tutto. Con la fisicità pura, personalità e skill del pack nelle fasi statiche e di tutta la linea in difesa. Solo quando arriva il momento e il gioco viene allargato dal mediano o sui rovesciamenti improvvisi del possesso, allora il trequarti chiamato in azione deve saper fare le cose giuste, vuoi con le linee di corsa vuoi con quelle di supporto. Gli Stadiste sono stati impeccabili, precisi al proposito. Alla base sta la capacità di reggere fisicamente lo scontro. Quelli del Bath invece, pur orchestrati dagli espertissimi Stringer (poi Claasens, un filo meglio) e Stephen Donald, con il biondo Biggs a provarci chiome al vento all'ala chiusa, accumulano fasi su fasi ma alla fine commettono sempre la leggerezza, l'errorino, la mancanza dell'ultima spinta.
Le premesse sono chiare fin dal primo quarto, giocato in una giornata stupenda: piazzato da Plisson dopo una fallita dall'estremo di casa Ollie Devoto, poi un tentativo di drop dell'apertura francese da 45 metri, finalmente al 20' la meta dell'ala Vuidravuwalu, da mostrare nelle scuole di rugby per la sua lineare bellezza, per far vedere che non è sempte necessario "inventare" se esegui bene: fissato il punto sui 40 metri, apertura, ognuno al suo posto, passaggi alla mano, l'ala che veloce sfrutta gli ultimi centimetri lungolinea. Il mediano Fillol trasforma, è 10-0, e poco dopo piazza un penalty per il 13-0. Una linearità che ultimamente non riesce granché allo Stade nel Top14, quindi ci deve essere la "complicità" degli avversari ...
Bath prova a spingere ma come detto la difesa francese la butta sul fisico e per gli inglesi diventa dura; comunque guadagnano un penalty piazzato da Donald al 26', ma poco dopo il patatrac: Donald stesso prova ad allargare sula sua destra, non si avvede che Vuidravuwalu è in agguato, ne risulta un intercetto ritornato in meta da settanta metri. E' 3-20, la partita è compromessa per i padroni di casa. Alla mezz'ora saranno già nove i turnover a sfavore inglese.
La difesa fisica comporta un po' di foga: in eccesso quella del pilone Slimani, che prima ruba correttamente palla, la calcia non male ma poi irrompe sull'inglese che la stava controllando mentre è ancora in aria: giallo al 35' che mette i francesi in inferiorità numerica a cavallo dell'intervallo.
Al rientor in campo Bath prova a stringere i tempi, guadagna una punizione ma non piazza per due volte, alla fine, a parità numerica appena ristabilita in campo,  riesce a identificare l'arma cui lo Stade non ha risposta: la maul. Al primo tentativo è meta tecnica e secondo giallo per i francesi, al lock americano Scott Lavalla.
Ne risulta, tra 47' e 57' sul 10-20, un fantastico squarcio di total rugby, di gran fasi a gioco rotto e lingua fuori: gli inglesi devono recuperare, i parigini non tentano di nascondere la palla, appena vedono il varco aprono e i turnover fanno il resto. Spettacolari attacchi e contrattacchi, conclusi al 58' da un'altra azione da manuale del rugby: mischia sul lato destro nella metà campo del Bath, Parisse alza la palla per il taglio del solito Vuidravuwalu, il quale prosegue il taglio e in velocità si infila tra un paio di uomini della linea difensiva più lenti di lui, all'esterno sale a proporsi l'estremo Hugo Bonneval, tempismo perfetto e meta. Da manuale. Plisosn manca la trasformazione, aveva sbagliato un paio di penalty in precedenza, comunque 10-25 e maul a parte, non si vede spazio per recuperi inglesi. Dopo due minuti è bis, sempre di Bonneval: azione alla mano con Lyons , Plisson, Doumayrou, Vuidravuwalu e infine Arias che opera il break e lancia l'estremo. Tanta roba. Plisson fallisce ancora la trasformazione.
Agli inglesi non resta, come i Wasps e Gloucester, che confermarsi tosti bulldog che non cedono mai anche quando è evidente che sia oramai finita: Claaasens s'allunga dopo l'ennesima maul e marca la meta, con Heathcothe che ha rimpiazzato Donald a sbagliare i pali anche lui, nella brezzolina primaverile che tira su Bath. Al 70' Plisson decide che è l'ora di riscattare tutti quegli errori al piede e ritenta un drop da metà campo, stavolta centrandolo: mancava solo il drop alla lezione di french flair, Parisse fa il gesto del violino.  Gli inglesi ovviamente non mollano, alla fine c'è gloria anche per il subentrato Cuthberth (non è parente credo), che sfonda di forza sul lato destro. Ma è già festa per i parigini, alle semifinali per il terzo anno in fila. Per gli inglesi invece, tutti mica solo per Bath, c'è di che grattarsi la ponza preoccupati.

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