Magazine Cinema
Anche quest'anno, ovviamente, non sono mancate le ciofeche. Qualcuna perfino d'autore, a testimonianza che nessuno è infallibile. Questo però non vuol dire che i titoli presenti in questa lista siano inguardabili in senso assoluto (oddio, qualcuno sì...) ma, semplicemente, che sono film decisamente deludenti in relazione a quanto promettevano oppure talmente pretenziosi da vanificare completamente gli sforzi creativi e produttivi profusi. Anche qui so bene che il mio giudizio potrà differire non poco da quello di voi lettori, fermo restando che ogni spettatore giudica in base alla propria sensibilità e al proprio coinvolgimento emotivo. Che non è certo uguale per tutti
(cliccate sul titolo per la recensione completa)
1 - ALLACCIATE LE CINTURE (di Ferzan Ozpetek) C'era una volta Ozpetek, un tempo regista sensibile e attento alle dinamiche familiari, capace girare opere complesse e profondamente umane (almeno fino a La finestra di fronte). Poi il progressivo e inarrestabile declino, fatto di film ripetitivi, stanchi e confusi. Allacciate le cinture sembra la parodia dei suoi titoli migliori: imbarazzante e insopportabile, così trash da rasentare il ridicolo, con un attore (attore?), Francesco Arca, che si candida come protagonista della scena più (s)cult dell'anno: lui, palestrato e arrapato come un bisonte in calore, che copula selvaggiamente con la mogliettina malata di cancro... ci fermiamo qui, per carità cristiana.
2 - THE CANYONS (di Paul Schrader)
A vederlo non ci si crede: Paul Schrader è il regista di American Gigolo, oltre che sceneggiatore di Taxi Driver e Toro Scatenato. E scusate se è poco. Pare impossibile che si sia abbassato a dirigere una roba come questa, talmente sciatta e sconclusionata da far quasi rivalutare la vera pornografia. Film dilettantesco, volgare, svogliato, inutile. Con una Lindsay Lohan che, paradossalmente, è l'unica a salvarsi come interprete: il suo ruolo, non a caso, è quello di un'attrice strafatta e libertina...
3 - ANNI FELICI (di Daniele Luchetti)
Quando un regista affronta 'il film della vita' (in questo caso addirittura autobiografico) c'è sempre da stare in guardia perchè spesso il totale coinvolgimento gioca brutti scherzi. E' quello che è accaduto a Daniele Luchetti, autore che stimiamo ma qui davvero troppo didascalico e pedante, la cui esagerata ambizione cozza rumorosamente col risultato finale. Pellicola faticosa e incompiuta, che lavora per accumulo (di scene e situazioni) e finisce col mettere troppa carne al fuoco, finendo per diventare l'ennesimo involontario remake de La meglio gioventù...
4 - MONUMENTS MEN (di George Clooney)
Pur restando immutata la stima nei suoi confronti, duole ammettere che l'ultimo film di George Clooney è lontanissimo dalle sue opere migliori. Sembra destino che quando gli americani si mettono a girare film storici il risultato finale è quasi sempre deludente: e qui è davvero enorme la forbice tra le intenzioni, che apprezziamo (il film ha perlomeno il merito di riportare alla luce un episodio minore ma significativo della seconda guerra mondiale) e il prodotto finito, retorico e compiaciuto, che stride molto con la morale progressista del suo regista. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco...
5 - TRANSCENDENCE (di Wally Pfister)
Non basta essere il direttore della fotografia prediletto di Christopher Nolan per girare un film di fantascienza ambizioso e con pretese filosofiche. Nonostante la presenza del divo Johnny Depp, la pellicola di Wally Pfister s' 'incarta' quasi subito, scadendo in noiosissime riflessioni 'alte e nobili' senza sapere bene però dove andare a parare: ne viene fuori un guazzabuglio di ordinaria banalità, terribilmente superficiale e grottesco nella messinscena. Da dimenticare, e anche in fretta.
6 - THE BUTLER (di Lee Daniels)
Altro film storico e altro naufragio: dopo Lincoln, Django Unchained e 12 anni schiavo, sembra ormai che le pellicole sui neri americani siano diventate quasi un genere cinematografico (e certamente la presidenza Obama ha sdoganato l'argomento). The Butler però non riesce a sollevarsi dallo stereotipo del filmone hollywoodiano melenso e strappalacrime, 'democratico' e convenzionale fino al midollo, che non riesce mai ad emozionare davvero malgrado il cast sontuoso e le molte scene madri presenti. Una grande occasione sprecata, malgrado la presenza di un Forest Whitaker sempre all'altezza della situazione.
7 - ALABAMA MONROE, UNA STORIA D'AMORE (di Felix Von Groeningen)
Sento già fischiarmi le orecchie per le maledizioni che mi staranno lanciando tutti coloro (e sono tanti) che hanno apprezzato questo film, capace di contendere fino all'ultimo l'oscar a Paolo Sorrentino. Per il sottoscritto, lo ripeto, Alabama Monroe è un film ricattatorio e moralistico, qualunquista e confusionario (vedasi la rozza e approssimativa battaglia sulle cellule staminali), che pretende totale coinvolgimento dello spettatore senza mai ricambiare. Pellicola furba e priva di qualsiasi senso della misura, profondamente irrispettosa del dramma. Anche se, come ho ripetuto fino allo sfinimento, per film del genere è fondamentale la sensibilità di chi guarda...
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