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Stampa e Stregoneria

Creato il 18 dicembre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Salvator Rosa, Sabba di streghe


Oggi non abbiamo nessuna difficoltà ad ammettere che tutto il sistema di credenze legato al fenomeno della stregoneria sia il prodotto della cultura umana, o meglio, il prodotto del suo immaginario. Ma per gli uomini e le donne vissuti in epoche non troppo remote questa consapevolezza non era affatto così scontato. Tuttora, questo nostro giudizio sulla stregoneria come prodotto dell’immaginario non sarebbe condiviso da tutti. Il mondo dell’occulto continua tuttora ad affascinare la nostra mente. L’insicurezza sociale, di cui ci sentiamo assediati, spiega solo in parte il fascino che questo mondo tuttora esercita sulle persone. È sufficiente per rendersene conto della sua presenza nel mondo contemporaneo dare uno sguardo alle tante offerte delle televisioni commerciali che in ogni ora della giornata ci propiziano i loro filtri magici o i loro amuleti a modici prezzi, oppure visitare qualche sito Internet per verificare come il bisogno di occultismo o di esoterismo sia così diffuso. Oggi l’occultismo si sposa bene con l’informatica. Quindi sebbene le credenze nella magia o nella stregoneria continuino ad esercitare il loro fascino e a mietere le loro «vittime», pronte a farsi abbindolare dallo stregone o dalla strega di turno, e quindi continuino ad avere comunque un loro risvolto sociale, legato agli effetti marginali della post-modernità, tuttavia come fenomeno non ha più (per fortuna) quell’impatto devastante come è accaduto in passato.
In quanto «fenomeno» culturale, la stregoneria può essere analizzato da diversi livelli di osservazione, ma allo stesso tempo, abbiamo aggiunto, lo «sguardo» finisce con il condizionare la costruzione dell’oggetto. Sulla stregoneria, infatti, si sono cimentate tante discipline, ognuna con i suoi metodi, le sue ipotesi, le sue teorie; quindi, su di essa sono state prodotte tante interpretazioni. D’altro canto, un fenomeno così complesso non poteva che generare altrettanto reazioni. Sulla stregoneria esiste un giudizio storico, antropologico, psicoanalitico, teologico, medico, giudiziario, filosofico, ecc. Ognuno di questi livelli ci fornisce una «rappresentazione» del fenomeno, ne seleziona gli aspetti significativi, i tratti pertinenti, ecc. Il nostro livello è quello “iconologico”, cioè tenta di verificare come ogni interprete ha saputo “trasdurre” la rappresentazione della strega nelle varie epoche selezionandone la «prestazione essenziale».
Il personaggio della strega nell’Europa moderna non è semplicemente una costruzione mentale degli inquisitori. Tracce della sua creazione affondano nell’immaginario collettivo. La sua rappresentazione, in altri termini, non è qualcosa che è calata dall’alto della cultura teologica dell’epoca, ma è un prodotto creato attraverso vari apporti nel corso dei secoli. Il lavoro che segue ha come tema l’immagine che artisti famosi e anonimi hanno prodotto, interpretando quella rappresentazione. In altre parole, l’oggetto della nostra ricerca è l’“Immagine della stregoneria” attraverso vari secoli. In primo luogo, queste immagini rimandano all’immaginario che le sottende, in quanto le immagini sulla strega non erano divise da tutto un segmento sociale e culturale. Alla loro base cioè c’era una concezione che le sosteneva e le inseriva in un “mondo”: le 49 xilografie del ciclo Imagines Mortis di Hans Holbein il Giovane (1547) non appartengono allo stesso mondo de Il sabba o Il Gran Caprone di Francisco Goya (XVIII). Nel primo, le donne accusate di stregoneria erano arse vive, nel secondo erano un ricordo del passato. Nel primo, il limite che separa il reale e l’immaginario non era affatto avvertito. I secoli XIV e XV brulicavano di tanti demoni tentatori, di donne malefiche che a cavallo delle loro scope andavano di villaggio in villaggio a mietere i loro malefici. Nel mondo di Goya l’Europa non è succube del demonio ma di un uomo che si chiama Napoleone, un uomo in carne e ossa che incuteva paura in tutte le corti europee.
L’elemento che distingue l’immaginario dalla rappresentazione è la sua “creatività”. Questa osservazione merita un maggior approfondimento poiché a nostro parere non è un elemento trascurabile in questa discussione. Inoltre, affrontarlo adesso ci sarà poi di maggior aiuto quando introdurremo il discorso dell’istituzionalizzazione di un certo immaginario, come si è verificato nel caso della stregoneria in Europa tra il XIV e il XVII secolo proprio nel momento della nascita e diffusione della Stampa. Si capisce come l’invenzione della stampa o il perfezionamento delle tecniche xilografiche abbiano incisi profondamente nello stabilizzare la rappresentazione della strega e della stregoneria. Non a caso, infatti, la diffusione della stampa va quasi di pari passo con l’intensificazione della caccia alle streghe tra il XVI e XVII secolo, e come essa abbia contributo notevolmente, in nazioni e regioni anche così diverse tra loro, dal punto di vista religioso e culturale, alla standardizzazione della rappresentazione della stregoneria. La standardizzazione di una rappresentazione riduce notevolmente la creatività individuale. La stampa riduce gli archetipi in stereotipi, e in questo processo di riduzione è proprio l’elemento individuale e creativo che si perde: «La cosa avviene attraverso una serie di significati di livello standardizzato – e proprio per questo ad alta condivisione – che, tuttavia, non possono garantire l’espressione delle più sottili specificità soggettive».
Non possiamo certo paragonare la divisione del lavoro nella produzione artistica di massa, «analoga a quella che si pone in atto in una fabbrica dal momento in cui la materia grezza fino a quando ne esce il prodotto finito», alla produzione individuale delle immagini della stregoneria. Grieg o Dürer, per citarne qualcuno di questi artisti, sono nomi conosciuti. Tuttavia delle analogie ci sono. In primo luogo il bisogno a cui il consumo di ogni immaginario corrisponde, oggi il loisir, ieri il bisogno di rispondere alle proprie ansie e alle proprie paure, in un periodo in cui crisi, carestie, epidemie, alta mortalità infantile erano fenomeni presenti. Così c’è una dialettica tra lo stereotipo da riprodurre e la creazione individuale emergente. Anche nel caso della strega c’è da riprodurre una “prestazione essenziale” (l’“essenza malefica” che la rende tale) e un “esemplare” naturale (la donna) scelto dall’artista. La strega perseguitata era conosciuta sotto diversi appellativi (Lamiae, maleficae, striges, strix, maghe, masca). Naturalmente neanche alla strega mancavano i suoi simboli (rospi, caproni, scope, ecc).
L’immaginario della stregoneria si costruisce intorno a delle rappresentazioni, ma non esistono rappresentazioni che nascono dal nulla. Infatti, la rappresentazione della stregoneria viene in alcuni trattai ancorata allo stereotipo dell’eretico. Le rappresentazioni sociali, dalle quali ogni artista attinge le sue immagini, sono oggetti che riproducono fenomeni collettivi. Esse concernano un vasto insieme di forme intellettuali tali da comprendere la religione, il diritto, la scienza, il mito, ecc. Le rappresentazioni sociali sono «sistemi di simboli socialmente condivisi, che consentono agli esseri umani di capirsi l’un l’altro a un livello, quanto meno, operativo e pratico». L’introduzione di questa nozione, all’interno del nostro lavoro, è di capitale importanza, poiché la rappresentazione sociale della stregoneria costituisce il “punto medio” tra gli «attori sociali» (nel nostro caso, i teologi, i giuristi e gli inquisitori) e le istituzioni sociali con i suoi apparati (la Chiesa, in primo luogo, le Università e i Tribunali dell’Inquisizione, in secondo luogo). Verificheremo come l’azione sociale di questi attori, strutturata all’interno di un contesto istituzionale, modifichi in un continuo rapporto dialettico questo medesimo contesto, e come a sua volta questa modificazione si ripercuote sui primi. La rappresentazione sociale della stregoneria è il prodotto di questa reciproca interazione. Quindi la funzione specifica delle rappresentazioni è quella di dare corpo alle idee che circolano incarnandole in esperienze e interazioni. Esse si presentano come vere e proprie “teorie”, che servono a spiegare e organizzare la realtà sociale. Quindi, le rappresentazioni sociali come teorie sono fenomeni le cui origini, le cui dinamiche interne devono essere spiegate, le cui strutture devono essere descritte. A dare corpo e consistenza a queste idee sono appunto le interazioni sociali tra gli attori e le istituzioni entro cui essi operano. L’artista ha il compito di restituire in una realizzazione esteticamente rilevante ciò che ha percepito e rappresentato mentalmente. È interessante però notare che nel caso della realizzazione concreta delle immagini sulla stregoneria noi ci troviamo di fronte a una varietà molteplici di prodotti, che vanno dalle stampe popolari e anonime alle incisioni eseguite dal grande artista tedesco come Albrecht Dürer. Se prendiamo in esame la rappresentazione sociale della stregoneria, così come è stata elaborata attraverso i secoli, da giuristi, teologi e inquisitori, possiamo anzitutto verificare come essa non sia un oggetto culturale statico, essa non si tramanda di un’epoca in epoca come unità ipostatizzata. La sua rappresentazione, come ha dimostrato lo storico Levack, è un’unità cumulativa. Poiché a noi interessa indagare come la rappresentazione della stregoneria viene trasfigurata in immagini estetiche, ricostruirne allora il processo cumulativo che ha le dato forma è di fondamentale importanza. Si tratta quindi di individuare i “tratti pertinenti” che di volta in volta vengono attribuiti a questa rappresentazione. Basandoci sui vari trattati demologici, nonché su quanto è stato scritto, testimoniato e raccolto intorno all’argomento abbiamo individuato tre classi di oggetti che contraddistinguono la rappresentazione della stregoneria. In primo luogo, i «segni» che rendevano agli occhi del popolo o degli inquisitori “riconoscibile” una donna o un uomo come strega. Un segno visibile che portava una persona ad essere accusata di stregoneria era il «marchio del diavolo»: il diavolo rende insensibile certe parti del corpo, ed ecco che i giudici con l’aiuto di spilloni cercano i punti nei quali gli accoliti di stana non sentono nulla, e da cui il sangue non zampilla. In secondo luogo, le «pratiche»: il patto con il diavolo, il sabba, ecc. In terzo luogo, gli «oggetti» che accompagnano la strega: animali, la scopa, ecc. Infine, i poteri che si attribuivano alle streghe: i malefici, la capacità di volare, ecc. Queste quattro classi di tratti pertinenti si sono arricchite nel corso del tempo, e gli artisti hanno trasfigurato di volta in volta alcuni di questi tratti. Il nostro lavoro consiste, dunque, nel verificare come queste classi sono state elaborate e come gli artisti, anonimi e non, hanno saputo trasfigurarle.


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