L’omesso esercizio di qualsivoglia controllo sui contenuti pubblicati espone, pertanto, il direttore o il vice-direttore a rispondere colposamente del reato commesso tramite la pubblicazione del testo diffamatorio sul presupposto che un’efficace attività preventiva avrebbe impedito la realizzazione del reato di diffamazione stessa. Già da questa breve disamina ben si comprende come l’impostazione codicistica (tesa a un controllo del contenuto giornalistico di quanto pubblicato) venga messa a dura prova dalla diffusione dei giornali on-line in cui al contributo del giornalista (di professione o freelance) si sommano quelli (più o meno professionali) degli utenti e dei lettori che, tramite i loro post, arricchiscono e caratterizzano la stessa testata giornalistica.E’ proprio partendo da tale rilievo che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44126/2011, ha stabilito che il direttore di un periodico on-line non può essere imputato del delitto di omesso controllo ex art. 57 c.p., per non aver rimosso dal sito della testata on-line un post di natura diffamatoria inviata da un lettore. La Corte ha, infatti, evidenziato come in base agli artt. 57 e 57 bis c.p.:
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il controllo del contenuto della pubblicazione da parte del direttore o del vice-direttore debbano porsi ex ante la diffusione della notizia giornalistica, mentre nulla è previsto in merito a un controllo ex post ovvero all’attività di rimozione di commenti autonomamente inseriti on-line da terzi (peraltro estranei alla redazione);
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non è possibile ricorrere a un’interpretazione analogica dell’art. 57 c.p. (stante il divieto posto dall’art. 14 delle preleggi) per i delitti di omesso controllo da parte del direttore della testata di un periodico on-line. Infatti, l’art. 1 della legge n. 37/1948, recante “Disposizioni sulla stampa”, nell’individuare i requisiti tipici della “stampa” nella riproduzione tipografica, nonchè nella pubblicazione mediante un’effettiva distribuzione del prodotto tipografico tra il pubblico, inibisce l’assimilazione della stampa on-line alla definizione giuridica sopra riportata.
Sulla scorta di tali evidenze la Cassazione ha statuito che “le pubblicazioni rese note mediante la rete informatica difettano di entrambi i requisiti, in quanto non consistono in molteplici riproduzioni su più supporti fisici di uno stesso testo redatto in originale, al fine della distribuzione presso il pubblico; il testo pubblicato su Internet esiste – quale luogo di divulgazione della notizia – solamente nella pagina di pubblicazione, anche se può essere visualizzato sugli schermi di un numero indefinito di dispositivi hardware”.
Maggiormente convincente, comunque, pare l’ulteriore considerazione svolta dalla Suprema Corte in virtù della quale il riconoscimento della rilevanza penale ai sensi dell’art. 57 c.p. per l’omesso controllo nella testata on-line significherebbe ascrivere il fatto al direttore della redazione per il solo ruolo assunto al vertice della redazione (ovvero a titolo di responsabilità oggettiva). Usando le parole della Cassazione il direttore si troverebbe nella “impossibilità di impedire la pubblicazione di commenti diffamatori, il che rende evidente che la norma contenuta nell’articolo 57 del codice penale non è stata pensata per queste situazioni, perché costringerebbe il direttore a un’attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente e oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita”.
L’affermazione del citato principio giuridico (che poi è anche principio di civiltà) da un lato pone al riparo l’attività di centinaia di redazioni giornalistiche on-line, dall’altro offre uno spunto di riflessione su come, sempre più spesso, il quadro normativo si trovi a confrontarsi con una realtà che le nuove tecnologie rendono sempre più difficile disciplinare.