Poeta, drammaturgo, prosatore, saggista polacco. Nacque a Leszno, nella Polonia occidentale, il 24 gennaio 1934. Dopo la guerra, intraprese gli studi di filologia polacca presso l'Università di Poznań. Collaborò con diverse riviste letterarie, tra cui Il settimanale dei cattolici di Poznań, Cultura, Lo schermo e con la casa editrice PAX. Nel 1958 entrò nella redazione del settimanale Współczesność (Tempo presente) di Varsavia. Ha ricevuto diversi prestigiosi premi, tra cui quello del ministro della cultura e dell'arte nel 1973. Morì a Varsavia il 2 settembre 1976, tormentato dall'alcoolismo.
Debuttò nel 1951 con le poesie Ave Maria e Considero la pioggia, pubblicate sulla rivista Agli occhi dei giovani, supplemento del quotidiano cattolico Słowo Powszechne (La parola universale).
Il tratto più tipico del primo Grochowiak è il suo programma antiestetico, definito dal poeta, saggista e teorico dell'arte Julian Przyboś (1901-1970) - turpismo (dal latino turpis). Grochowiak introduce nella poesia temi, oggetti e fenomeni fino a quel momento considerati non poetici, antiestetici, ripugnanti: bruttezza, morte, sangue, carne, bara, topo, decomposizione, muffa...Per il poeta, infatti, il mondo offre due generi di bellezza: uno convenzionale, limato, idealizzato, perciò non autentico, e uno legato alla reale esistenza dell'uomo, alla sua imperfezione, alla sua caducità e debolezza.
Una delle sue poesie più note e considerata il suo manifesto programmatico è Czyści (I puliti). In essa il poeta ci dice che la bruttezza è più vicina all'uomo e all'arte, che solo essa incolla (crea) le forme più ricche, che senza di essa le pareti (bianche) dell'obitorio sono fredde, infatti la fuliggine le ravviva, così come le morte statue sono rianimate dall'odore di topo. Se le persone sono prive della bruttezza, quando passano nemmeno un cane ringhierà, perché sono irreali, non autentiche.
Un'altra bella poesia programmatica è Płonąca żyrafa (La Giraffa in fiamme), ispirata dall'omonimo quadro surrealista di Salvador Dalì, dipinto nel 1937. Qui la giraffa simboleggia la vita umana che brucia. Il poeta si chiede quale sia il senso dell'esistenza dell'uomo, e paragona la vita alla carne, come organismo umano, di cui prende le difese. Ciò che a molti sembra brutto e indegno dell'attenzione dell'artista, per Grochowiak è bello. Egli vuole dire che non si può sempre parlare di cose belle, perché sono rare e quasi irreali. Bisogna accettare la bruttezza. Le parole: Ecco/Questo è qualcosa!, ripetute ben sette volte, indicano che vale la pena scrivere e parlare di essa.
In Rozmowa o poezji (Dialogo sulla poesia) lottano tra loro due concetti opposti: estetismo e antiestetismo, personificati rispettivamente dalla Fanciulla e dal Poeta. Le belle frasi della giovane si scontrano con le risposte ironiche del Poeta. Infine la sua speranza di scoprire in lui il suo stesso modo stereotipato di intendere la poesia, è distrutta dalla sarcastica domanda del Poeta, con cui termina la poesia:
Perché lei è una tale peonia,
che vuole essere una bottiglia di colonia?...
Nel secondo decennio della sua creazione, Grochowiak elimina sempre più spesso dal suo mondo poetico gli "attrezzi" del turpismo. Egli ora prova tutte le forme e tutti gli stili, si cimenta con l'epica, scrive un ciclo di sonetti smaglianti sotto il profilo formale. Il poeta si volge sempre più al classicismo, il cui punto culminante è rappresentato dalla raccolta Nie było lata (L'estate non ci fu). Questa svolta è particolarmente percepibile nel tono più sereno della sua poesia. Importanti elementi della sua creazione sono il grottesco e l'ironia, che scaturiscono dalla disarmonia del mondo, dalla coesistenza in esso di fattori contrastanti, dal richiamo alla tradizione letteraria barocca e romantica. Nella prefazione al volume di poesie da lui stesso scelte, uscito nel 1968, Grochowiak scrive: "Volevo essere forte, e dunque aperto a tutto ciò che offre la realtà, sincero verso gli altri e soprattutto verso me stesso. L'impronta che volevo lasciare di me, doveva essere un'impronta incisa nella terra, non nelle nuvole [...] Concordo in pieno con quei critici che fanno derivare il carattere e lo spirito delle mie opere dalla grande tradizione della poesia polacca. Neanche una delle mie poesie importanti è nata senza l'eredità (e la consapevolezza di ciò) dei poeti barocchi e romantici polacchi. Qui mi trovo in un campo completamente diverso da quello dei rappresentanti della cosiddetta avanguardia, i quali nei cortili della tradizione nazionale si muovono con la fredda compuntezza delle persone che visitano i cimiteri [...] Il verso non solo può, ma deve essere frutto di una piena abnegazione al lavoro, una forma di coraggio virile, il meno possibile una dimostrazione di virtuosismo, ma soprattutto una forma di espressione".
Principali opere di Stanisław GrochowiakPoesia: Ballada rycerska (Ballata cavalleresca, 1956); Menuet z pogrzebaczem (Minuetto con attizzatoio, 1958); Rozbieranie do snu (Spogliarsi per il sonno, 1959); Agresty (Uva spina, 1963); Kanon (Canone, 1965); Nie było lata (L'estate non ci fu, 1969); Polowanie na cietrzewie (Caccia al fagiano, 1972); Bilard (Il biliardo, 1975); Haiku-images (postumo, 1978).
Romanzi: Plebania z magnoliami (La canonica con le magnolie, 1956); Trismus, 1963; Karabiny (Carabine, 1965).
Racconti: Lamentnice (Lamentazioni, 1958).
Drammi: Szachy (Scacchi, 1961); Partita na instrument drewniany (Partita per legni, 1962); Chłopcy (Ragazzi, 1966); Król IV (Re IV, 1963); Lęki poranne (Paure mattutine, 1972); Okapi (Grondaie, 1974); Dulle Griet, 1976.
Numerosi articoli pubblicistici. Paolo Statuti Poesie di Stanisław Grochowiak tradotte da Paolo Statuti I pulitiMeglio la bruttezza
E' più vicina al sangue
Delle parole quando radiografate
E tormentate
Essa incolla le forme più ricche
Salva con la fuliggine
Le pareti dell'obitorio
Nella gelità delle statue
Immette odore di topo
Perché ci sono persone così lavate
Che quando passano
Nemmeno un cane ringhierà
Benché non siano sante
E nemmeno quiete
La giraffa in fiammeQuesto è qualcosa!
La povera costruzione del timore umano
La giraffa che brucia pian piano
Questo è qualcosa!
Qualcosa di quella parete di aspirina e sudore
Quel musetto simile a un mitra fracassato
Questo è qualcosa!
Perché vi tarlate dal mento alla fronte
Quale dentino vi suona nel cranio vuoto
Questo è qualcosa!
Qualcosa che ci aspetta
Utile e truce
Come una gamba
Come il cuore
Come il ventre e l'attizzatoio
La scura tomba del cielo umano
Questo è qualcosa!
Oh questo verso scrivo
Per me e per due somari
Reumatizzati
Uno ha il mal di denti
Essi lo capiscono
Questo è qualcosa!
Perché la vita
Comprare carne Squartare carne
Uccidere la carne Ammirare la carne
Insegnare la carne e seppellire la carne
E fare della carne E pensare con la carne
E in nome della carne A dispetto della carne
Per il domani della carne Per la rovina della carne
Più di tutto più di tutto in difesa della carne
ED ESSA BRUCIA!
Non si raffredda
Non durerà nemmeno nel sale
Questo è qualcosa!
Dialogo sulla poesiaDa - a Liebert...
La fanciulla:
Lei la vede? Oppure si sogna?
Oppure giunge fulminea come da un poggiolo?
Essa nasce dalle verruche di un cetriolo...
La fanciulla:
Lei scherza.
Per lei è seta, è un amante
In dorati e tondi boschetti...
Come con Dafne in un dolce istante...
Certo. Come mannaia
rudemente baciata.
La fanciulla:
Io la capisco. Fuori questa ironia,
ma sotto tenero è il cuore...
Perché lei è una tale peonia,
che vuole essere una bottiglia di colonia?...
Bacio - paesaggioErravo nel bosco dei tuoi capelli - erbe
E il pianto scoprivo. E scendevo più in basso
Sulle bianche nevi della fronte invernale,
Dove il pianto era cessato, e c'era l'ombra dei candelieri.
Poi visitavo i ricordi del tuo volto,
Sempre più vicino - e sempre più vicino
La tua buona bocca di borgo addormentato;
In esso ciò che accade - solo una volta accade.
Ed entrai nel borgo. Ed era bel tempo
Sotto l'intero cielo del tuo palato.
Da qualche parte in un quieto angolo moriva il giovane
Pudore agreste nel profumo del timo.
D'un tratto tornai - e stavo nella loggia.
Guardando intorno il paesaggio che cambiava,
Il primo rametto di sambuco nato nei giardini,
E le ciglia che si rincorrevano nella rugiada del mattino.
EbbrezzaC'è un vento che le narici d'un uomo schiude;
C'è un tale vento.
C'è un gelo che le mascelle d'un uomo marmorizza;
C'è un tale gelo.
Non sei per me né timo né rosa,
Nemmeno "tenero attimo sotto la luna" -
Ma scuro vento,
Ma bianco gelo.
C'è una pioggia, che le labbra di una donna cambia;
C'è una tale pioggia.
C'è un lampo che le cosce di una donna scopre;
C'è un tale lampo.
Non cerchi in me un forte braccio,
Nemmeno pensi a un "gioiello di fiducia",
Ma pioggia salata,
Ma lampo dorato.
C'è un'afa che i corpi degli amanti incenerisce;
C'è una tale afa.
C'è una morte che gli occhi degli amanti dilata;
C'è una tale morte.
Ecco sulle roride radure delle Nozze
Una torre d'avorio si erge
Pura come l'afa
Liscia come la morte.
CanoneRespiro della poesia - è la neve o la fuliggine
Quando la neve è respiro - i cespugli sono neri
E se è fuliggine - copre le mani
Degli amanti o dei boia
Parimenti impallidite
Testa della poesia - è il cespuglio che arde nella notte
Accanto gli unicorni con le teste snelle
I corvi - i becchi ferrati in guaine d'oro
Nei ginocchi delle ragazze
Si disegnano anelli
Padre della poesia - suo dio - suo taglialegna
Un uomo malato con la spina dorsale tremante
Con la faccia rigida come se una sferza l'avesse tagliata
Di un diavolo guizzante nelle nubi
Al buio- Racconta l'uccello...
Bene. Racconto:
Il dardo aveva la punta dorata,
l'orefice lo fece a fini malvagi...
portandolo dal cielo, leggero si spegne.
- Racconta il pesce...
Bene. Racconto:
Questa matassa tenera e quanto sostanziale
qualcuno bello forse sul volto posava,
perché il volto è liscio come un pesce.
- Racconta il cavallo...
Bene. Racconto:
Con affetto impastoiare con la seta. E poi
la carezza d'un coltello sulla groppa lucente...
Un cavallo anche morto ricambierà la carezza.
- Racconta il mattatoio...
Bene. Racconto:
Ci sono unicorni dalle palpebre pesanti
vagano nei giardini di ciliegi,
le loro chiome piangono sui pigri fiumi...
La discesaPurché fino a primavera
Ma la primavera?
Dunque scendono in se stessi le scale di pietra
Con un ghiacciolo in mano come spada o lume
Che non spegneranno
I soffi di questi vuoti
Chi di noi non scende nella cava dell'infanzia?
Chi di noi non erra con la luce su questi muri
Dove nei neri rilievi di carbon fossile
E' pieno d'impronte
E di animali
Qui un uccello di primavera - di quale? - s'è irrigidito
Qui un bacio - timido o passionale?
Qui la propria figura
Tesa in un balzo
Verso una nera visciola su un albero angolare
Purché fino a primavera
Dunque avanti nei giacimenti
Sul fondo dell'infanzia dove a un tratto - dietro l'angolo
C'è soltanto l'eco
E il fruscio dei pipistrelli
Come se qualcuno lanciasse palle di lana nera
SukumiSvetlov chiedeva di vedermi Era già molto pallido
Specie nella gamba sinistra e nel letto d'ospedale
Era l'isola del sale
Le palme dietro la finestra
Sfilavano come le guardie di Amleto
Ma con indosso
Corazze di polvere
Svetlov sentiva quelle guardie
Le mostrava col dito
Dritto nel fuoco che roteava
Nel vano della finestra
E rideva piano
Ma ancora con forza
"Stanisław questo è il gong prima dell'Epilogo
E tu - impaziente - già lasci il teatro
Sbatti il sedile
La maschera passando
E tra un istante
Scenderai di corsa le scale in preda al panico"
Era stanco Svetlov e accanto a lui - un Negro
Dai forti denti e con un limone in mano -
E sbucciava il limone
E disse "Chvatit
No chvatit Svetlov
No dalše nie budiet"
Scendevo dal piano coperto di sudore
Come pioggia dirotta che stava aumentando
Nelle viscere dell'orizzonte
E nella luminaria d'un naviglio
Bianca come l'ostia
No dalše nie budiet
(C) by Paolo Statuti
Tag: Julian Przyboś, Paolo Statuti, poesia polacca, Salvador Dalì, Stanislaw Grochowiak, Stanisław Grochowiak tradotto da Paolo Statuti