Dal 28 agosto al 14 novembre 2010, all’Istituto Veneto di Venezia saranno esposte oltre 200 fotografie , molte delle quali inedite e stampate dai negativi originali, realizzate da Stanley Kubrick dal 1945 al 1950 quando, a soli 17 anni, venne assunto dalla rivista americana Look.
L’esposizione, curata da da Rainer Crone è stata prodotto da Giunti Arte mostre musei.
La mostra è stata prodotta in collaborazione con il Museum of the City of New York e la Library of Congress di Washington, che custodiscono un patrimonio ancora sconosciuto di oltre 20.000 negativi di Stanley Kubrick che già giovanissimo, a soli 17 anni, era già un grande fotografo in grado di documentare la vita quotidiana dell’America dell’immediato dopoguerra, attraverso le storie di celebri personaggi come Rocky Graziano o Montgomery Clift, inquadrature fulminanti e ironiche nella New York che si apprestava a diventare la nuova capitale mondiale, o ancora la vita quotidiana dei musicisti dixieland.
L’iniziativa rivelerà il modo di fare fotografia di Stanley Kubrick , passione che ereditò ancora minorenne dal padre (l’altra sono gli scacchi). La prima fotografia viene pubblicata il 26 giugno 1945 e ritrae un edicolante affranto per la morte di Roosevelt, un’immagine che affascinerà cosi tanto gli editors del magazine Look da offrire al giovane Kubrick, la possibilità di entrare nello staff della storica rivista come fotoreporter.
Il metodo Look, caratterizzato da una narrazione a episodi, non incontrava il gradimento dei più importanti fotogiornalisti dell’epoca. I responsabili della rivista volevano che il soggetto fosse seguito costantemente, che venisse fotografato in tutto ciò che faceva. Questo stile invadente esercitava un grande fascino su Kubrick al quale piaceva creare delle storie partendo proprio dalle foto. Per ottenere dai personaggi delle pose che fossero più naturali possibili, Kubrick metteva in atto una serie di stratagemmi per passare inosservato. Uno di questi consisteva nel nascondere il cavo della macchina fotografica sotto la manica della giacca e nell’azionare l’otturatore con un interruttore nascosto nel palmo della mano. Gran parte del senso estetico che ritroviamo nei suoi film veniva già espresso dal suo lavoro di questi anni.
Anche ricorrendo a tecniche e punti di vista particolari e mantenendo sempre un certo distacco riesce a far trapelare l’aspetto psicologico dei soggetti ritratti, permettendo così all’osservatore delle foto di costruire una personale interpretazione del carattere delle persone riprese
“Nascono così le prime fotografie di Stanley Kubrick, realizzate nell’America dell’immediato dopoguerra, che sorprendono poiché non si limitano alla rappresentazione di un’epoca, come ci si potrebbe aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee infatti – sottolinea il curatore -, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, non possono essere considerate come archivi visivi della gioia di vivere, catturata dallo spirito attento e pieno di humor di un giovane uomo, ma costituiscono un consapevole invito a confrontarsi con le risorse del mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film”.
Un passaggio fondamentale, dunque, se si pensa che l’ambiguità dell’immagine e del cinema stesso sono al centro della riflessione che anima il cinema d’autore del secondo dopoguerra, per questo detto moderno e di cui Kubrick è stato uno degli indiscutibili maestri.
Il percorso espositivo, organizzato in otto sezioni, si svolgerà attraverso alcune delle storie che l’occhio dell’obiettivo di Kubrick ha immortalato, come Portogallo che racconterà il viaggio in terra lusitana di due americani nell’immediato dopoguerra, o ancora Crimini, che testimonierà l’arresto di due malviventi seguendo i movimenti dei poliziotti, le loro strategie, le loro furbizie, fino all’avvenuta cattura.